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Una valigia di suoni condivisi: concluso il Play Music Festival

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COSENZA – Un canto forte e melodioso. Per dire insieme, col sorriso e senza paura,
che voci e strumenti diversi possono convivere e restare unici. Si è
concluso domenica mattina con il canto di bambini e adulti sulle note del
polistrumentista africano *Baba Sissoko* il *Play Music Festival*, la
rassegna che ha raccontato, attraverso l’arte, gli incroci tra persone e
culture differenti.

Sissoko, erede che rielabora la tradizione orale e musicale dei Griot del
Mali, durante l’incontro “*I suoni del Griot*” di domenica 13 ha condiviso
con grandi e piccini storie ed aneddoti della propria “*valigia di suoni*”,
fortunato titolo dell’edizione 2016 del festival che ha puntato sui temi
dell’identità e delle migrazioni. «Per tre weekend» ha ricordato il
direttore artistico *Alessio Laganà* «abbiamo scommesso sull’arte come
occasione di incontro, di apertura, di viaggio reale o metaforico che ci
arricchisce di storie ed esperienze».

Una scommessa che, a partire dal *jazz*, genere di contaminazione per
eccellenza, si è spinta a costruire delle *occasioni di incontro* tra
persone e culture differenti: grazie alla collaborazione di numerose realtà
attive nel mondo dell’*accoglienza*, come Arci Comitato Territoriale Rc,
Coordinamento Diocesano Sbarchi Rc, Help Center “Casa di Lena”, e dell’*impegno
sociale* come A di Città Rosarno, Amnesty International Gruppo 292,
Associazione Magnolia, Fondazione Horcynus Orca, Gruppo Emergency Rc, Il
Cerchio dell’Immagine, Terrearse Lab, che hanno accolto l’invito alla
sinergia dell’associazione Soledad, il Play Music Festival è diventato un
programma *di otto incontri, quattro performance artistiche, una mostra
fotografica e tre concerti* che ha ricevuto il patrocinio gratuito del
comune di Reggio Calabria e si è sostenuto grazie ai biglietti dei concerti
e a piccoli contributi di aziende che hanno creduto nel progetto.

La disponibilità di Officine Miramare alla co-progettazione per l’arte
contemporanea, grazie a Techné Contemporary Art, ha contribuito ad
arricchire la manifestazione di suoni simbolici, a partire dalla
performance di apertura di* sabato 27 febbraio*, *“Pre-Posizioni”*, in cui
la *scala* interna del *Grand Hotel Miramare* è diventata una *cassa di
risonanza* per parole e suoni migranti grazie a persone provenienti da
diversi paesi del mondo che hanno scelto, letto e cantato in lingua
originale storie di viaggi reali o immaginati, incrociando le loro voci
fino a diventare sinfonia.

Dopo gli aneddoti degli *“Ascolti con grammofono”* di *Giuseppe Nicolò*,
con cui il pubblico ha ripercorso 50 anni di storia musicale in 78 giri, e
il sold out del concerto dei *Periscope feat. Dario Deidda*, in cui il
gruppo jazz italiano si è contaminato con uno dei più apprezzati bassisti
italiani nel mondo, il primo weekend del festival si è concluso *domenica
28* con le pacate riflessioni e denunce di *Ousmane Thiam*, mediatore
culturale dello staff del poliambulatorio Emergency di Polistena, che ha
aperto la propria valigia di suoni in occasione dell’incontro *“Searching
Rosarno: paesaggi sonori della Piana”* raccontando la propria esperienza di
vita dal Senegal all’Italia e confrontandosi sulla disinformazione su
persone e territori con *Angelo Carchidi* di A di Città – Rosarno e *Bruno
Giordano*, viceresponsabile di Amnesty International Gruppo Italia 292.

Il *3 marzo* è stato focalizzato sul Brasile, terra di passaggi di culture
in cui il jazz, fondendosi con la samba, ha dato vita alla bossa nova di
Antonio Jobim e Joao Gilberto. Un genere la cui storia recente è stata
scritta del *Trio da Paz*: *Romero Lubambo* alla chitarra, *Nilson Matta*
al contrabbasso e *Duduka Da Fonseca* alla batteria hanno scelto il Play
Music Festival per la prima data del loro tour europeo, regalando al
pubblico forti emozioni tra virtuosismo e passione. Sui legami tra
l’improvvisazione del jazz, il ritmo della samba e la saudade, si è
soffermato *Giovanni Guaccero*, compositore e docente al conservatorio “F.
Cilea” di Reggio Calabria, nella sua introduzione alla musica popolare
brasiliana che ha preceduto il concerto, mentre *Taciana Coimbra*, artista
brasiliana che vive da anni in città, nella performance “*Auto-Nòmos*” ha
preso spunto dalla schiavitù per una riflessione sulla necessità di
affrancamento dalle etichette e dai processi di routine.

Dopo la tappa brasiliana, il secondo weekend del Play Music Festival si è
focalizzato sui suoni del nostro territorio: quelli dello Stretto come
luogo di passaggi e approdi possibili, e quelli della ricerca di Mimmo
Martino, artista, musicista e ricercatore che ha dedicato la propria vita
ad una sintesi tra tradizione e contaminazione.

*Sabato 5*, l’inaugurazione della mostra fotografica “*Senza Valigia.
Visioni Incrociate*” di *Marco Costantino*, fotografo, e *Daniela Liconti*,
giornalista, in cui gli scatti degli sbarchi al porto di Reggio Calabria
scorrono in parallelo a quelli delle carrette del mare di Lampedusa.
L’installazione, realizzata in collaborazione con Techné Contemporary Art,
porta il visitatore sottocoperta, dentro la stiva di una nave e lo obbliga
a guardare le immagini attraverso la prospettiva di chi è su una
imbarcazione.

Una prospettiva analizzata nell’incontro “*Questo mare è pieno di voci: lo
Stretto dei passaggi*”, in cui *Bruna Mangiola*, responsabile del
Coordinamento Ecclesiale Diocesano Sbarchi e *Davide Grilletto*,
coordinatore del progetto Sprar “Approdi Mediterranei”, moderati dalla
giornalista *Josephine Condemi*, hanno raccontato le loro esperienze di
accoglienza e integrazione, spinti dalle sollecitazioni letterarie di *Massimo
Barilla* della Fondazione “Horcynus Orca”.

La necessità di andare incontro all’altro attraverso rapporti umani
autentici anche al centro dell’incontro di *domenica 6*, “*Un bagaglio di
suoni: la ricerca di Mimmo Martino*”. «Attraverso forme diverse di
espressione, il tentativo era sempre quello di capire il rapporto con se
stesso, con gli altri, con il contesto in cui si muoveva. Questo diritto ad
esistere, attraverso rapporti umani autentici, è parte del bagaglio che ha
lasciato»: è stato *Simone Martino* a tirare le somme di una ricerca,
insieme musicale ed esistenziale, compiuta da uno dei più grandi cantautori
calabresi, ripercorsa alcune delle voci di chi di questa ricerca è stato
testimone ed ha incrociato il suo percorso artistico e umano:
l’etnomusicologo *Danilo Gatto*, il musicista *Mario Lo Cascio*, il
cantautore *Fabio Macagnino*, il sacerdote *Giovanni Ladiana*,
l’associazione Magnolia con *Ezio Marrari*, la giornalista *Paola Bottero*.

Il terzo weekend ha segnato il crescendo finale: *venerdì 11*,
l’incontro “*Collage
in valigia: che rumore fa l’identità?”*, in cui *Ali Ibrahim*, del progetto
Sprar Approdi Mediterranei, ha raccontato il proprio viaggio dal Sudan
all’Italia passando per la Libia, confrontandosi con *Mauro Geraci*,
antropologo dell’università di Messina che ha studiato la tradizione
popolare della poesia dei cantastorie siciliani e calabresi; *Denise
Celentano *dell’associazione Terrearse Lab, curatrice del progetto di
rinarrazione dell’emigrazione meridionale giovanile Sud Altrove; *Alessandro
Cartisano, *volontario dell’Help Center “Casa di Lena”, che quotidianamente
riceve le richieste di chi ha bisogno di un aiuto pratico o, semplicemente,
di essere ascoltato.

*Sabato 12 marzo* la declinazione nel concerto inedito di Sissoko, in cui
la kora del virtuoso dell’etnojazz ha suonato insieme alla chitarra
elettrica di *Luigi Masciari*, musicista rock-blues. La partecipazione
di *George
Francis Ropino*, giovane rapper inserito nel progetto Sprar, Sistema di
Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati “Approdi Mediterranei” di Villa
San Giovanni, che ha frastornato il pubblico del festival con l’urgenza
delle sue rime («più si guarda e meno si vede in questa vita/ un uomo non
può vivere di un solo panino»), ha dato la cifra della manifestazione:
ascoltarsi ed ascoltare le storie di chi è in viaggio e cerca una sintesi
tra tradizione e contaminazione.

Sintesi che può avvenire anche grazie ad un oggetto: *domenica 13*, prima
del canto finale, è avvenuto lo scambio degli oggetti della performance
artistica “*Risonanze #1*”: per tutti i giorni del festival, l’invito è
stato a posare sulla scala del Miramare un proprio oggetto, che risuona di
un significato importante. Ogni proprietario ha accettato di raccontarne la
storia in video e, durante la giornata di domenica, scambiarlo prendendo in
carico un oggetto, e un pezzo di storia, altrui.