Uccise a sangue freddo il vicino di casa a Roma, condannato a 18 anni di carcere un calabrese Inizialmente si pensava al movente passionale, ma poi un'indagine della Dda di Reggio Calabria, svela che si è trattato di un furto di cocaina appartenente alla cosca Mammoliti
Tutto accadde nel luglio del 2020 quando per strada, Giovanni Nesci,m 28 anni, originario di Sorianello, davanti casa uccise a sangue freddo, a colpi di pistola Fabio Catapano. Un delitto in pieno giorno alla periferia di Roma. Il giorno dopo l’omicidio, Giovanni Nesci, 24 anni, si presentò ai carabinieri e consegnò l’arma. Spiegò che aveva ucciso l’altro per questioni sentimentali, una spiegazione e un movente che non convinsero però gli investigatori. Oggi la Corte d’Assise di Roma lo ha condannato a 18 anni di carcere.
Giovanni Nesci, subito dopo l’omicidio di Catapano, avvenuto dinanzi l’abitazione della vittima, si era presentato presso la locale stazione dei Carabinieri per confessare l’episodio di sangue. Poco chiaro, sin da subito, era apparso il reale movente dell’omicidio, indicato come possibile delitto passionale, poiché il giovane reo confesso aveva dichiarato di aver ucciso il suo vicino di casa in quanto la vittima era convinta che il Nesci, appunto, avesse una relazione con la moglie.
Per gli inquirenti, il movente del delitto, però, è apparso dai contorni poco chiari. Prima dell’omicidio, Giovanni Nesci si trovava a cena con un amico a casa della vittima e, in quel frangente, nella villettina occupata dal Nesci e altri calabresi, si consumava un furto, conseguentemente attribuito dagli inquilini a Catapano. Seppur ufficialmente non sia emerso il reale motivo che avrebbe indotto Giovanni Nesci a uccidere Fabio Catapano, il movente più accreditato durante la fase processuale, è risultato essere quello del furto.
Ma l’inchiesta “Eureka” della Dda di Reggio Calabria, come aveva riportato “la Repubblica”, svela retroscena ben più inquietanti. Nessun movente passionale ma un piano dietro al quale si cela la sparizione di 110 chili di cocaina che Nesci doveva custodire per conto della cosca Mammoliti. Secondo gli inquirenti, infatti, il compito del 26enne era quello di custodire, per conto della famiglia Mammoliti, il deposito della cocaina a Roma. Il 13 luglio Nesci aveva fatto scaricare 110 chili di cocaina nella sua abitazione. Ad assistere alla scena c’era il vicino, Fabio Catapano. Così, quando la droga sparisce, Nesci sospetta subito di Catapano il quale lo avrebbe allontanato da casa invitandolo a mangiare pesce e nel frattempo avrebbe inviato un complice a rubare la droga.