di Lina Latelli Nucifero
Il processo nei confronti del soldato statunitense Mario Luis Lozano imputato per l’omicidio di Nicola Calipari, avvenuto dieci anni fa, è finito prima di iniziare per la carenza di giurisdizione dei giudici italiani sulla base di principi consuetudinari di diritto internazionale di dubbia applicazione. Quello che doveva essere un atto di giustizia e di ricerca della verità si è trasformato in un sostanziale atto di ingiustizia, soprattutto alla memoria di Nicola Calipari, medaglia d’oro al valor militare. Il magistrato Erminio Amelio, che ha sostenuto l’accusa nel processo “ Calipari”, svela verità poco conosciute, particolari della tragedia, le versioni diverse rilasciate dagli americani sul fatto e le contraddizioni ( 300 pagine poco comprensibili e con molte parole omesse), nel libro “ L’omicidio di Nicola Calipari”. Presentato a Palazzo Nicotera, dal giornalista Aldo Varano nel corso di un incontro organizzato dal Centro “Riforme Democrazia Diritti”, presieduto da Costantino Fittante, il libro si prefigge soprattutto di tenere viva la memoria del numero due dei servizi militari Nicola Calipari, in un «Paese senza memoria, che distribuisce medaglie e benemerenze ai morti che non ha amato quando erano in vita. Le persone si devono rispettare in vita: la morte fa diventare tutti buoni: vittime e canaglie». Aldo Varano ha messo in luce l’abilità dell’autore nel raccontare tutto con meticolosa verità e profonda sensibilità e nel descrivere il ruolo straordinario svolto da Calipari nel compimento della sua missione e la sua carica di umanità manifestata finanche nel gesto istintivo di gettarsi sul corpo della giornalista Giuliana Sgrena per proteggerla senza badare all’incolumità della sua vita. Il servitore dello Stato Nicola Calipari si trovava all’interno della macchina Toyota Corolla, che procedeva lentamente ( 40-45 chilometri all’ora ) verso l’aeroporto insieme alla giornalista che aveva prelevato nel quartiere di Mansour, a Baghdad, quando fu investito da un fascio di luce e da una raffica di proiettili sparati dal soldato americano Mario Luis Lozano componente di un check point non segnalato e costituito illegalmente. Il motivo di quanto accaduto non è chiaro, forse è da attribuire al fatto che, secondo Varano, « l’operazione non piaceva agli americani per i quali i sequestrati si liberano a mano armata e non si apre una trattativa con i sequestratori» o ad una trappola o ad altro. È certo comunque che normalmente, in un posto di blocco, prima di sparare contro le persone, si spara alle gomme , al motore, alla macchina: dopo dieci minuti gli americani avevano pulito tutto.