Misure alternative agli istituti per minorenni ma la “pena” non appare appropriata specie per gli enormi costi
Tutela minori, 14enne Svizzero condannato alla barca a vela
Misure alternative agli istituti per minorenni ma la “pena” non appare appropriata specie per gli enormi costi
Cosa non si dovrebbe fare per l’educazione dei giovani e per il loro recupero nella
società? In Svizzera si è ben pensato che con un giro di 40 settimane in barca
a vela si possa rimettere in carreggiata un discolo che non vuole proprio mettere
in riga. E’ questa la “punizione” che è stata inflitta dall’autorità tutoria di
Linth ad un 14enne di Schmerikon (SG) di nome Marco. La notizia ha suscitato clamore
al di là delle Alpi dopo che è stata pubblicata dal quotidiano di Rapperswil “Obersee
Nachrichten”. Marco ha manifestato problemi comportamentali sin dalla sua più tenera
età. Finché il giudice tutelare non ha deciso di toglierlo alla madre ed obbligarlo
al giro in barca a vela. Un giro organizzato da una fondazione svizzera che si occupa
di aiutare giovani problematici tra i 14 ed i 18 anni a reintegrarsi nella società. Sempre
secondo la “Obersee Nachrichten”, il 14enne deve rimanere sul veliero almeno 40 settimane.
I pedagoghi a bordo decidono ogni sette giorni se ha “superato” la settimana: se
la risposta è no il periodo sulla barca viene prolungato. Da maggio Marco è sul
veliero nell’Atlantico, fra l’altro vicino a Capo Verde, ma finora non ha ancora
“superato” alcuna settimana. Il periodo di terapia potrebbe quindi durare ancora
a lungo. I costi fatturati sono di 156’000 franchi all’anno poco meno di 130.000
euro, oltre le spese. Costi che quasi certamente graveranno sui contribuenti, perché
la madre è in parte a beneficio dell’assistenzasc sociale elvetica. Sulla barca
trovano posto 16 giovani, ognuno dei quali costa 430 franchi al giorno. Secondo
la fondazione, i giovani trovano nella barca a vela “una nuova casa” che dà loro
la possibilità di “ripartire nella vita con nuovo slancio”. Un fine nobile. Ma,
dati gli elevati costi, c’è comunque chi storce il naso. Tra questi la stessa madre
di Marco, che non comprende ancora la decisione delle autorità. Ed ha dichiarato:
“sarebbe stato meglio se avessero mandato mio figlio a scuola. Sarebbe rimasto più
vicino a me e avrebbe potuto ottenere un diploma. E lo Stato avrebbe risparmiato.” Non
siamo in grado di stabilire se si tratti della scelta più appropriata per la rieducazione
di un minore, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”.
Fatto sta che siamo certi che esistano misure altrettanto idonee e meno costose
per i contribuenti che comunque possono rilanciare la vita di ragazzi disagiati come
l’attivazione di percorsi di recupero all’interno delle famiglie stesse con l’ausilio
di psicologi e degli stessi servizi sociali oppure in adeguati ambienti protetti
come le “case famiglia”.