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Tiene l’accordo Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale

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Bocciati dalla Camera con voto segreto gli emendamenti sulla parità di genere e sulle preferenze

di BRUNO MORGANTE

Tiene l’accordo Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale

Bocciati dalla Camera con voto segreto gli emendamenti sulla parità di genere e sulle preferenze

 

di Bruno Morgante

 

 

Entro oggi la legge elettorale sarà approvata dalla Camera e passerà al vaglio del Senato.
Gli ultimi ostacoli che potevano far saltare l’accordo Renzi – Berlusconi, accettato da Alfano, sono stati superati.
Novanta deputate, che si sono presentati alla Camera vestite di bianco, avevano presentato tre emendamenti perché fosse garantita la parità di genere all’interno delle liste e tra i capilista, affinchè nel nuovo parlamento la rappresentanza femminile fosse quasi uguale a quella maschile.
La Camera, anche se il governo non aveva espresso contrarietà e si era rimesso alla volontà dell’aula, ha bocciato tutti gli emendamenti.
La Camera ha bocciato anche l’emendamento che voleva introdurre le preferenze, mentre ha dichiarato non ammissibile l’emendamento cosiddetto “salva lega”, che prevedeva che, in deroga allo sbarramento del 4,5% per concorrere all’assegnazione dei seggi previsto per i partiti coalizzati, un partito poteva concorrere se in tre regioni superava il 9% dei voti.
Ora la proposta di legge elettorale dovrà passare al vaglio del Senato.
Restano irrisolti tutti i nodi di una brutta legge e speriamo che il senato riesca a riformarla profondamente senza paura che ciò possa determinare chissà quale crisi.
Nessuno in questo momento vuole le elezioni.
Questa legge è un porcellum modificato, spesso in peggio, perché ne mantiene i difetti ( parlamento di nominati anche se con liste con circoscrizioni più piccole, aumento dell’effetto maggioritario con l’aumento della soglia di sbarramento), mentre l’unica modifica positiva è l’introduzione del doppio turno se nessuna coalizione o partito raggiunge il 37% dei voti al primo turno.
I nodi veri della legge sono principalmente due, sia dal punto di vista della costituzionalità della legge, che della sua efficacia per rafforzare la democrazia e il rapporto cittadini-istituzioni:
– L’autonomia dei parlamentari che per la loro attività devono rispondere direttamente agli elettori, per cui devono essere eletti direttamente e non nominati dai partiti, che diventano i diretti interlocutori degli elettori e i destinatari dei voti della gente;
– La somma del premio di maggioranza con lo sbarramento, per cui un partito con il 20% dei voti può avere la maggioranza dei parlamentari e governare il paese.
Sia Renzi che gli altri leader di partito, nell’accelerare i tempi per l’approvazione della legge elettorale, son partiti ponendo una questione da loro considerata essenziale: la sera stessa del giorno in cui si vota, come succede per i sindaci, il popolo deve sapere chi ha vinto ed ha, conseguentemente, la responsabilità di formare subito un governo e di attuare il suo programma senza alibi di sorta.
L’obiettivo potrebbe essere condivisibile se non sorgono interrogativi che lo pongono sotto una luce diversa dalla necessità di chiarezza e di efficienza per il bene del paese.
Tutti i veti messi su qualsiasi cambiamento, anche se rimane intatto l’obiettivo fondamentale, anzi viene rafforzato sul piano della costituzionalità e del rafforzamento della democrazia, inducono a pensare che ci sia un imbroglio, per cui l’obiettivo fondamentale, su cui la gente è d’accordo, è solo uno specchietto per le allodole per nascondere un diverso disegno di organizzazione del potere in Italia.
Qualcuno dovrebbe spiegarci, senza disturbare i massimi sistemi, perché non è possibile, se non si vogliono le preferenze, perché causa di corruzione, scambio clientelare e chi ne ha più ne metta, perché non è possibile, dicevamo, fare liste con candidati in collegi uninominali, come per le elezioni dei consigli provinciali, e magari fare per legge le primarie per collegio fra gli iscritti dei partiti per scegliere il candidato, evitando così che siano i segretari dei partiti a imporre i candidati.
Non cambia l’obiettivo fondamentale della legge e non si avrebbe un parlamento di nominati, che è stato lo scandalo che ha indignato tutti i partiti in questi anni, e nemmeno le odiate preferenze ( a proposito, visto che sono così negative ne avremo a breve l’eliminazione anche a livello regionale e comunale, per coerenza con quanto si sostiene a livello nazionale?).
Qualcuno dovrebbe spiegarci perché non si prevede che il premio di maggioranza scatta se un partito o coalizione prende il 50% + 1 voto, altrimenti si va al ballottaggio.
Non verrebbe intaccato l’obiettivo fondamentale e non si correrebbe il rischio che una minoranza con il 37% dei voti possa avere la maggioranza del parlamento e il rimanente 63% avesse la minoranza. In questo caso o un partito o coalizione avrebbe la maggioranza assoluta dei voti e allora otterrebbe un premio per rafforzare la maggioranza dei seggi in parlamento, quale garanzia di maggiore governabilità, o è il popolo che stabilirebbe, nel ballottaggio a chi andrebbe la maggioranza.
Nessuno ci spiegherà perché queste proposte non passeranno mai, perché nessuno ci spiegherà il vero disegno di divisione dei poteri verso cui siamo incamminati.
Un disegno che non è una novità, perché è iniziato venti anni fa con la delegittimazione della politica e la distruzione dei partiti.
La preferenza unica nelle regioni e nei comuni, che ha generato una casta inamovibile che si alimenta con la spesa pubblica e il clientelismo e la democrazia leaderistica a livello nazionale, supportata dalla casta locale perché garantisce, attraverso il parlamento dei nominati, promozione nazionale sicura come scambio per il consenso accordato, prefigurano una democrazia oligarchica.
L’oligarchia (governo di pochi) tecnicamente è una forma di democrazia, in quanto il popolo vota per legittimare un parlamento e un governo, ma vengono depotenziati i poteri di controllo e gli spazi di partecipazione, con pericolo di svolte autoritarie se una minoranza, maggioranza in parlamento, dovesse imporre scelte dolorose per il popolo e con pericolo che altre forze, in mancanza del controllo popolare, siano il supporto di potere fondamentale per la casta al potere.