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Terrorismo e Internet: è reato inneggiare l’Isis

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Giro di vite da parte della Cassazione penale per chi pubblica su Internet documenti
che inneggiano all’Is. E’ apologia di reato aggravata dalla finalità terroristica.
Lo ha sancito la sentenza 47489/15, pubblicata il primo dicembre dalla prima sezione
penale della Cassazione. Secondo gli ermellini infatti il delitto ex articolo 414
Cp, infatti, può avere ad oggetto reati associativi come il delitto ex articolo
270 bis sulle associazioni terroristiche. Deve dunque essere confermata la misura
cautelare degli arresti domiciliari al cittadino marocchino indagato per aver pubblicato
su due siti web un documento che può essere ritenuto di propaganda all’Is laddove
invita a unirsi al Califfato islamico accettandone la natura combattente. L’Onu,
infatti, non riconosce Daesh come Stato ma lo ritiene un’organizzazione terroristica,
come confermano numerose risoluzioni del Consiglio di sicurezza. Niente da fare per
l’indagato che tenta di alleggerire la sua posizione sostenendo che il documento
messo in rete sollecita solo un’adesione «ideologica» dei potenziali lettori
allo Stato islamico e alle sue caratteristiche di «stato sociale»: in realtà,
osservano gli “ermellini”, l’adesione al Califfato è indicata come obbligatoria
sulla base di un’interpretazione corretta di tipo religioso e lo scritto contiene
un vero e proprio appello a supportare la causa dell’Is; altro che ricostruzione
«giornalistica» sulle caratteristiche dello Stato Islamico. E non avrebbe senso
pubblicare un documento del genere su di un sito web aperto senza la volontà di
diffonderlo a una pluralità indefinita di persone, come Internet consente al pari
della stampa (gli “ermellini” ricordano che solo la testata giornalistica telematica
non può essere oggetto di sequestro preventivo in caso di commissione di reato mentre
non possono ottenere le stesse garanzie della stampa gli altri siti e le forme di
manifestazione del pensiero in modalità telematica).Lo scritto rimanda a siti web
dell’Is e presenta personaggi ufficialmente classificati come terroristi in base
ai documenti internazionali. E soprattutto è scritto in italiano e si rivolge a
un pubblico di soggetti radicati sul territorio nazionale esaltando la diffusione
ed espansione dell’Is, anche con l’uso delle armi. Nessun dubbio, dunque, sulla
sussistenza della giurisdizione italiana: a farla scattare è sufficiente che nel
nostro Paese sia posta in essere una qualsiasi attività di partecipazione ad opera
di uno qualunque dei concorrenti. Resta solo l’obbligo di pagare le spese processuali.
Da oggi rischia grosso in Italia, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello
“Sportello dei Diritti [1]”, chi pensa di sfruttare i trend digitali del momento
a suo favore, serpeggiando tra gli aggiornamenti dei sistemi normativi rispetto al
progresso tecnologico, pensando così di promuovere, intimidire, reclutare nuovi
simpatizzanti tra i giovani per trasformarli in terroristi. Da qui scatta anche l’appello
alle famiglie: fate attenzione a cogliere i sintomi del virus prima che sia troppo
tardi.