Si tratta di Umberto Bernaudo e Pietro Paolo Ruffolo (Pd). La Procura annuncia di voler impugnare la decisione del Gip che non ha riconosciuto ai politici l’aggravante del concorso esterno
Arrestati due consiglieri provinciali di Cosenza
Umberto Bernaudo e Pietro Paolo Ruffolo (Pd), già indagati nella loro qualità di ex sindaco ed ex vice sindaco del comune di Rende, sono stati arrestati e posti ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e voto di scambio
COSENZA – Esponenti della ‘ndrangheta cosentina ed i loro familiari erano assunti nella società Rende Servizi che è stata utilizzata come bacino di voti per le elezioni provinciali di Cosenza del 2009. E’ questo lo scenario che emerge dalle indagini della Dda di Catanzaro che ha portato all’arresto del consigliere provinciale del Pd Umberto Bernaudo e dell’ex assessore ed ex consigliere Pietro Paolo Ruffolo. Un terzo provvedimento restrittivo, inoltre, ha portato in carcere l’esponente della ‘ndrangheta cosentina Michele Di Puppo. Bernaudo e Ruffolo sono coinvolti nell’inchiesta come ex sindaco ed ex assessore di Rende e sono stati posti agli arresti domiciliari dalla Dia e dei carabinieri. Ai due esponenti politici i pm della Dda di Catanzaro, Pierpaolo Bruni e Carlo Villani, avevano contestato i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e voto di scambio ma il Gip ha ritenuto di emettere la misura cautelare per i reati di corruzione e corruzione, escludendo l’aggravante delle modalità mafiose. L’inchiesta si è concentrata sulla trasformazione della cooperativa Rende 2000 nella società ‘Rende Servizi srl’, che gestisce i servizi del Comune cosentino. Una operazione costata all’incirca otto milioni di euro e finalizzata quasi esclusivamente, secondo l’accusa, all’assunzione di familiari ed esponenti della cosca Lanzino-Presta-Di Puppo i quali avrebbero garantito a Bernaudo e Ruffolo l’appoggio elettorale in occasione delle elezioni provinciali del 2009. Ed è proprio il giudice che, nell’ordinanza di custodia cautelare, evidenzia l’assenza di “un chiaro criterio di assunzione dei dipendenti e l’anomalo passaggio, per chiamata nominativa, nella neo costituita Rende Servizi”. Dalle indagini è emerso l’impiego di dipendenti della Rende Servizi, anche durante il loro orario di lavoro, per l’attività di propaganda elettorale in favore di Bernaudo e Ruffolo. Ed in questo ambito il boss della ‘ndrangheta Michele Di Puppo ha avuto un ruolo di collegamento tra i due esponenti politici ed i lavoratori della societa’. E’ nell’ambito di questo scenario che, secondo l’accusa, emerge “l’asservimento della funzione pubblica della Rende Servizi piegata ad interessi non pubblici”. Nel maggio del 2009, mentre in tutta la provincia di Cosenza imperversava la campagna elettorale, Di Puppo si dava un gran da fare per procacciare i voti ai suoi due sponsor politici. Agli atti dell’inchiesta c’é anche un’intercettazione nella quale il presunto boss della ‘ndrangheta minaccia coloro che, per puro sbaglio, avevano coperto i manifesti elettorali di Bernaudo e Ruffolo. Il Ministero dell’Interno sta valutando, intanto, se esistono le condizioni per nominare una Commissione d’accesso antimafia nel Comune di Rende. Il Viminale prenderà la decisione sulla base della valutazione preventiva che sarà fatta dalla Prefettura di Cosenza. Nelle settimane scorse a chiedere la nomina della Commissione d’accesso erano stati i parlamentari del Pdl calabrese. Il commissario del Pd della Calabria, Alfredo D’Attorre, ha auspicato che la magistratura faccia subito chiarezza sulla vicenda ed ha sospeso, sulla base del codice etico, Bernaudo e Ruffolo dal partito. La deputata di Fli e componente della commissione antimafia, Angela Napoli, a sua volta, ha rivolto un appello a tutti i partiti affinché si faccia “pulizia nella formazione delle liste elettorali”.
GIP ESCLUDE AGGRAVANTE MAFIOSA
Sono accusati di corruzione e corruzione elettorale Umberto Bernaudo e Pietro Paolo Ruffolo, arrestati e posti ai domiciliari stamane da Dia e carabinieri nel corso dell’operazione Terminator. Il giudice per le indagini preliminari distrettuale di Catanzaro, Livio Sabatini, ha escluso l’aggravante delle modalità mafiose che era stata chiesta dalla Dda nella proposta di misura cautelare. A Bernaudo e Ruffolo, nella loro qualità, rispettivamente, di ex sindaco ed ex assessore del Comune di Rende, viene contestato di avere assunto, nella società partecipata ‘Rende Servizi’, familiari ed esponenti della cosca della ‘ndrangheta Lanzino-Presta-Di Puppo, che opera nel territorio cosentino, in cambio del sostegno elettorale in occasione delle elezioni provinciali del 2009.
GIP: CLIENTELE A ‘RENDE SERVIZI’
Le risultanze probatorie e le numerose intercettazioni telefoniche compiute dalla Dda di Catanzaro hanno fatto emergere “non solo il carattere clientelare della gestione della Rende Servizi ma finanche l’utilizzo di alcuni suoi dipendenti, tra i quali Michele Di Puppo, per lo svolgimento della campagna elettorale di Bernaudo e Ruffolo”. E’ quanto scrive il giudice per le indagini preliminari, Livio Sabatini, nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato ai domiciliari l’ex sindaco e l’ex assessore di Rende, Umberto Bernaudo e Pietro Paolo Ruffolo. “L’impiego – aggiunge il giudice nell’ordinanza – di dipendenti della società, anche durante il loro orario di lavoro, per lo svolgimento dell’attività propagandistica in favore di Bernaudo e Ruffolo ed, ancora, il ruolo preponderante assunto da Michele Di Puppo nel perseguimento di questi obiettivi, rendono evidente l’asservimento della funzione pubblica della Rende Servizi piegata ad interessi non pubblici. I numerosi dichiaranti hanno sottolineato l’effettuazione dell’attività elettorale in favore di Bernaudo e Ruffolo e, comunque, il tenore delle intercettazioni è inconfutabile”. “Si noti, del resto, che Bernaudo, – prosegue – non ha escluso che alcuni dipendenti della Rende abbiano procacciato voti in suo favore, ammettendo che taluni abbiano partecipato a riunioni e comizi elettorali. Il procacciamento di voti di Michele Di Puppo nella campagna elettorale di Bernaudo e Ruffolo é altresì evidente essendo stati censiti numerosi e diversi contatti telefonici con diversi soggetti, tutti aventi la stessa finalità, ovvero di acquisire i necessari consensi in vista delle elezioni provinciali del 2009”.
GIP: DISSENNATA AMMINISTRAZIONE
La costituzione, ricapitalizzazione e gestione della societa’ del Comune di Rende ‘Rende Servizi srl’ (ex cooperativa Rende 2000, ndr) è al centro dell’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha portato agli arresti domiciliari l’ex sindaco Umberto Bernaudo e l’ex assessore comunale Pietro Paolo Ruffolo accusati di corruzione e corruzione elettorale. Sulla ricapitalizzazione della società Rende Servizi, mediante il conferimento di un immobile comunale di ingente valore costituisce il “completamento – scrive il Gip nell’ ordinanza di custodia cautelare – ovvio ed inevitabile di un’azione amministrativa dissennata (perché contraria ai principi di economicità ed efficienza) ed illecita”. “Il punto focale della condotta contestata agli indagati – prosegue – non riguarda l’emanazione delle delibere per la trasformazione e ricapitalizzazione della cooperativa Rende bensì l’assunzione di ‘determinati dipendenti della Rende servizi srl”. Il Gip sostiene inoltre che “l’elemento indiziario più significativo tra quelli addotti dall’ufficio requirente riguarda il passaggio diretto del personale dipendente dalla cooperativa alla Rende servizi srl: l’assenza di un chiaro criterio di assunzione dei dipendenti e l’anomalo passaggio, per chiamata nominativa, nella neo costituita Rende servizi offrirebbe un argomento, preciso ed effettivo, per evidenziare la rilevanza ed utilità dell’apporto causale degli indagati”.
RUFFOLO NON E’ PIU’ CONSIGLIERE
Pietro Ruffolo, arrestato stamane e posto ai domiciliari nell’operazione Terminator, non è più consigliere provinciale di Cosenza. Ruffolo, nelle elezioni provinciali del 2009, era stato eletto consigliere, ma si era dimesso dopo la nomina ad assessore alla pubblica istruzione. Successivamente si era autosospeso dall’incarico di assessore dopo aver ricevuto un avviso di garanzia per il reato di usura aggravata dalle modalità mafiose. Nell’ottobre del 2011 Ruffolo è stato rinviato a giudizio. Nella vicenda dell’usura Ruffolo era coinvolto in qualità di ex consulente piccole imprese dell’agenzia Unicredit di Belvedere Marittimo (Cosenza).
PDL HA CHIESTO ACCESSO A RENDE
Nelle settimane scorse i deputati ed i senatori del Pdl della Calabria hanno chiesto al Ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, che si insedi la commissione d’accesso antimafia nel Comune di Rende. La richiesta era stata avanzata dopo che la Dda di Catanzaro aveva indagato l’ex sindaco e l’ex assessore di Rende, Umberto Bernaudo e Pietro Paolo Ruffolo. I parlamentari del Pdl hanno chiesto a Cancellieri la commissione d’inchiesta del Ministero dell’Interno per accertare “presunte commistioni nel rapporto tra appalti pubblici e criminalità organizzata e di verificare se vi siano in atto infiltrazioni e contiguità, cosi come prescrive la legge”.
DDA, RICORSO SU DECISIONE GIP
“Le contestazioni della Procura della Repubblica erano quelle di concorso esterno in associazione mafiosa, corruzione e di un reato elettorale consistente nello scambio di voti. Il Gip ha invece accolto le misure relativamente al reato di corruzione, eliminando l’aggravante della finalità di agevolazione mafiosa”. E quanto ha detto il Procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giuseppe Borrelli, nel corso della conferenza stampa per illustrare gli esiti dell’operazione che ha portato agli arresti domiciliari Umberto Bernaudo e Pietro Paolo Ruffolo. “Noi – ha aggiunto – rispettiamo la valutazione del gip e ci riserviamo di proporre impugnazione anche perché riteniamo che la nostra ricostruzione della vicenda sia una ricostruzione che salvaguarda anche l’integrità logica del provvedimento. La realtà è che le indagini hanno evidenziato l’esistenza di una società che svolgeva stabilmente servizi per il comune di Rende e che, secondo quella che è la ricostruzione accusatoria era stata in varie maniera agevolata dalla stessa amministrazione locale, non solo attraverso delle assunzioni di personale ma anche attraverso cospicui finanziamenti”. Il Procuratore di Catanzaro e capo della Dda, Vincenzo Antonio Lombardo, ha evidenziato che si tratta di “una inchiesta che nasce da un’altra indagine. E’ interesse di tutti il chiarimento e svolgere gli approfondimenti necessari”.
BOSS TRA ASSUNTI COOP RENDE
C’era anche il boss della ‘ndrangheta cosentina Ettore Lanzino tra i dipendenti della cooperativa ‘Rende 2000′ sulle cui ceneri nacque la società Rende servizi srl. E’ quanto emerge dall’inchiesta della Dda di Catanzaro. Lanzino è stato dipendente della cooperativa da aprile a settembre del 2008. Nei mesi successivi il boss decise di darsi alla latitanza e, di conseguenza, si interruppe ogni forma di rapporto lavorativo. Nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato all’arresto di Umberto Bernaudo e Pietro Paolo Ruffolo è stato allegato anche un minuzioso elenco di tutto il personale dipendente ed occasionale della società Rende servizi che, secondo gli inquirenti, sarebbe stato legato alla criminalità organizzata. Nell’elenco compare anche Ida Cundari, figliastra di Ettore Lanzino, la quale ha percepito nel 2009 dalla Rende Servizi una indennità di mille euro per “supporto alle attività amministrative fino al 30 ottobre 2009”, quale lavoratrice occasionale. Altro lavoratore occasionale della Rende Servizi è stato Adriano Moretti, marito di Silvana Rua, quest’ultima sorella di Gianfranco Rua, ritenuto dagli investigatori a capo, insieme ad Ettore Lanzino, dell’omonima cosca della ‘ndrangheta.
D’ATTORRE: INDAGATI SOSPESI PD
“Auspichiamo che la magistratura possa quanto prima fare chiarezza sui fatti che sono contestati al consigliere provinciale Umberto Bernaudo e all’ex assessore provinciale di Cosenza Pietro Ruffolo e che hanno portato al provvedimento di custodia cautelare domiciliare nei loro confronti”. Lo afferma in una nota il commissario del Pd della Calabria, Alfredo D’Attorre. “Nell’esprimere – aggiunge – piena fiducia nel lavoro degli organi giurisdizionali, auspichiamo che gli indagati – per i quali allo stato si applica il provvedimento di sospensione dall’anagrafe degli iscritti, sulla base del codice etico del Pd – possano dimostrare la loro completa estraneità agli addebiti, dopo che il Gip ha già escluso l’ipotesi del reato di concorso esterno in associazione mafiosa e dell’aggravante dell’utilizzo del metodo mafioso. Nel ribadire una linea di assoluto e rigoroso contrasto a ogni forma di infiltrazione e condizionamento mafioso sugli enti locali e un atteggiamento di pieno sostegno e collaborazione con organi dello Stato impegnati a tutti i livelli nel contrasto a questi fenomeni, ribadiamo che il valore dell’esperienza politica e amministrativa del Comune di Rende non può essere infangato da strumentalizzazioni politiche”. “Il largo consenso – conclude D’Attorre – che da decenni premia a Rende le forze riformiste e progressiste è legato alle realizzazioni amministrative e non certo alla pratica dello scambio”.
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