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TAURIANOVA (RC), SABATO 20 APRILE 2024

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Taurianova, è morto Mario Cannizzaro Il cordoglio e la vicinanza del Direttore e della Redazione di Approdo Calabria

Taurianova, è morto Mario Cannizzaro Il cordoglio e la vicinanza del Direttore e della Redazione di Approdo Calabria

Ci ha lasciato un brav’uomo: Mario Cannizzaro. Una persona squisita, riservata e dall’irriverenza intellettuale dimostrata sempre con garbo e umiltà.
Mario scrisse per questo giornale, agli inizi, parliamo di quasi dieci anni fa, curando una rubrica “Le mariolate”, un piacere leggerli perché si assaporava la sua passione nello scrivere.
Noi abbiamo scelto uno degli ultimi articoli, pubblicato alcuni anni fa e… siamo dispiaciuti, addolorati perché Mario Cannizzaro non c’è più.
Ci stringiamo tutti quanti, dal direttore alla redazione, al dolore dei familiari e che a Mario la terra gli sia lieve…

“Le mariolate”
Un altro libro per l’estate: Satyricon

Durante il mio recente “esilio dorato”, dopo una veemente ed affettuosa insistenza, sono stato gradito ospite, nell’eterno gaudio delle frescure che solo la selvaggia Maremma toscana può emanare, dei miei fraterni amici il conte e la contessa di Polignac, autentici purosangue bleu della migliore nobiltà franco-inglese. Persone eccezionali ed affabili, educate e corrette nei rapporti umani, dotate di una straordinaria verve culturale con naturale inclinazione ad autentiche aperture comportamentali, che hanno fatto dell’ospitalità una ragione di vita.
E così, in questa oasi naturale delle superbe bellezze maremmane e graditissimo ospite del casato nobiliare dei conti di Polignac, ho trascorso un indimenticabile periodo di dolce e gioiosa serenità, dimenticandomi completamente (quasi fossero miracolosamente e definitivamente scomparsi) dei bifolchi, degli imbecilli, delle iene, degli sciacalli, degli aggressori, dei maramaldi, e di tutti i mali che una società corrotta e corruttrice può originare.
Veramente un indimenticabile periodo di dolce riposo e di paradisiaca serenità durante il quale mi sono rigenerato in senso lato. Una buona aria salubre, l’odore aspro dei boschi della Maremma, l’incantevole amenità dei luoghi, gli emozionanti incontri con il mondo animale e vegetale, l’affetto da cui ero circondato, la genuinità dei cibi, le lunghe passeggiate e le deliziose letture hanno prodotto in me una positività del tutto inaspettata.
Sorridendo ho rivisitato il famoso libro “Satyricon”, il cui autore è lo scrittore latino Petronio. L’edizione dell’opera da me letta è quella pubblicata da Newton Compton editori s.r.l. – Roma nel gennaio del 2012, a cura di G. A. Cibotto, il quale si è occupato anche della traduzione. E così viene presentato il “Satyricon” nella menzionata edizione: “È il capolavoro parodistico e satirico della latinità: l’opera con cui <> ci ha lasciato un quadro insuperato della sensualità pagana e una chiave di lettura sottile e arguta dei sintomi di decadenza dell’Impero romano”.
Narrando le (dis)avventure di Encolpio e Ascilto, Petronio crea uno straordinario affresco di una Roma imperiale brulicante di arricchiti, matrone lussuriose, poetastri, parassiti e pervertiti. Tra una miriade di personaggi spiccano e giganteggiano l’ex schiavo ora arcimiliardario Trimalcione, sempre pronto a far ascoltare rumori simili al muggito di un toro, e la di lui moglie, Fortunata, che misura i quattrini a staia. Poco prima dalle sue mani non si accettava neanche un pezzo di pane: ora invece è divenuta una diva e Trimalcione non vede che per i suoi occhi. Questa grande signora dai facili costumi è frugale e sobria, ma astuta, ed ha una lingua che taglia e cuce, peggio d’una gazza.
Nei lussuosi appartamenti dell’ex servo Trimalcione, che vanta di possedere ben trecento milioni di sesterzi e tenute di campagna che partono da Roma e finiscono nei più lontani lembi della Puglia, i prolungati banchetti, le libagioni, il liberticidio e le più sfrenate voglie regnavano incontrastate. Tutto era permesso anche a Fortunata, che era – come dice lo stesso Trimalcione – “una razza di vampiro che merita di essere buttata in un pozzo”.
Stupidaggini e contumelie, storie incredibili (come quella di un asino che sale sui tetti), valanghe di ciberie, ettolitri ed ettolitri del buon nettare degli dei in un rapido susseguirsi di baldorie, durante le quali Fortunata, grande anfitriona, dimostrando tutta la sua evidente imbecillità, continuava a scorreggiare senza vergogna.
Tragedie, pantomime, pianti, animali sventrati in diretta etc. Autentico bordello per la gioia di Trimalcione, che, certo di dover crepare, voleva godersi la vita. Con un gran finale a sorpresa: Fortunata comincia ad insultare il marito definendolo indecente e sporcaccione. Offeso dall’insulto, Trimalcione definisce la moglie una svergognata la quale non si ricorda più del proprio passato da “gran signora”.
“Sono questi i sintomi evidenti dell’inizio della decadenza dell’Impero romano e Petronio – così come ci fa notare G. A. Cibotto – con il volto deformato di un cantore del vizio, di un maestro di turpitudine e di oscenità che della vita celebra solo gli aspetti rivoltanti, all’insegna di un realismo che ignora i limiti della decenza, denuncia con la punta graffiante d’una sottile ironia i fenomeni più acuti di una parabola di costume forse giunta all’ipertrofia. E la sua lezione scanzonata ed amara continua amabilmente a divertire e a far riflettere gli uomini”.
In ogni caso viene sconsigliata la lettura ai minorenni, e sorge spontanea una domanda: “Chissà se i famosi corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico possono penetrare in questa trimalcionata?”.
Buone vacanze!!!
…ciao Mario…