Questa mattina, a Taurianova, alle ore 10:00, ha avuto luogo la cerimonia commemorativa in occasione della ricorrenza del 45° anniversario dell’omicidio dell’appuntato Stefano CONDELLO e il carabiniere Vincenzo CARUSO.
I Carabinieri, nonostante le limitazioni dovute alle vigenti disposizioni in materia di contenimento dell’emergenza epidemiologica e nel rispetto delle stesse, hanno sentito forte il dovere di ricordare, con un momento di raccoglimento la memoria dei commilitoni che hanno perso la vita nell’adempimento del loro dovere. Un ricordo indelebile, un esempio costante nella vita di ogni carabiniere, foriero di indicazioni proprio in questo momento della vita del paese in cui il servizio reso al prossimo è quanto mai sentito.
In tale quadro oggi, alla presenza del Comandante Provinciale di Reggio Calabria, Col. Marco Guerrini, del Prefetto di Reggio Calabria, l’evento ha riunito le massime autorità militari e civili, i vertici della Magistratura, rappresentanze dell’Arma territoriale e dell’Associazione Nazionale Carabinieri, con la sentita partecipazione anche dell’amministrazione comunale. Dapprima si è svolto un breve momento di raccoglimento presso il monumento eretto a Taurianova, nella piazza intitolata ai decorati, carabinieri M.O.V.M. App. Condello e Car. Caruso, trucidati nella strage di Razzà dell’ aprile 1977.
A seguire, la celebrazione della Santa Messa, presso la locale “Chiesa Matrice”, officiata da S.E. Mons. Francesco Milito, Vescovo della Diocesi di Oppido Mamertina – Palmi, nel corso della quale, nel rammentare il triste episodio in cui persero la vita i militari e sottolineando come il servizio svolto dai carabinieri quotidianamente sia esempio di estremo sacrifico, si è rivolto anche ai molti studenti presenti di vari Istituti comprensivi, con l’obiettivo di infondere loro la cultura della legalità.
Per finire, presso il cippo eretto sul luogo dell’eccidio, è stato deposto a cura dei militari della locale Stazione Carabinieri di Taurianova, un cuscino di fiori devoluto dall’Associazione Nazionale Carabinieri – Sezione di Taurianova.
Una cerimonia più ristretta, diversa dal solito, a cui l’Arma ancora una volta non è venuta meno, a continua testimonianza della inequivocabile volontà e determinazione nel proseguire in quell’azione di promozione della cultura della legalità, di cui i nostri martiri sono testimoni.
Rievocazione dei
I Fatti
Vincenzo Caruso e Stefano Condello
Quella che viene ricordata come la strage di Razzà avvenne nelle campagne di Taurianova, in quella contrada, alle 14.00 di venerdì 1° aprile 1977. Nella località si trovava un casolare di proprietà del pregiudicato Francesco Petullà dove si stava svolgendo una riunione tra mafiosi per discutere di traffici illeciti e della spartizione di appalti pubblici. All’interno furono trovati undici piatti fondi, sei coltelli, dodici forchette e tovaglioli ricamati. Quasi svuotato, in un angolo, il contenitore da 5 litri del vino. Un’auto del nucleo radiomobile della compagnia dei carabinieri di Taurianova era uscita in perlustrazione. Al volante c’era l’appuntato Stefano Condello: sposato, due figlie (Antonietta, 16 anni e Rossana 12 anni), calabrese di Palmi, esperto di cose e di personaggi mafiosi. Con Condello c’erano i carabinieri Vincenzo Caruso, 27 anni, di Biscemi provincia di Caltanissetta, sposato da soli sei mesi e in attesa di diventare padre e Pasquale Giacoppo, 24 anni, di Messina. Quando avvistarono una macchina, una 126, appartenente a un pregiudicato, Giuseppe Avignone, scappato dall’isola dell’Asinara dove stava scontando il soggiorno obbligato, i carabinieri decisero di raggiungerla ed arrivarono nella contrada Razza di Molochio. Dall’alto notarono quattro o cinque auto ferme davanti ad un casolare. Stefano Condello decise di fermarsi per ispezionare la zona insieme al carabiniere Vincenzo Caruso, lasciando il carabiniere Pasquale Giacoppo a controllare l’auto.
Poco dopo si udirono degli spari e nel conflitto a fuoco i due carabinieri sono stati finiti con un colpo di pistola alla nuca. Il terzo militare chiamò aiuto con la radio della macchina. Venti minuti dopo arrivarono i primi carabinieri da Taurianova ma i mafiosi avevano preso il largo da tempo. A perdere la vita, quel giorno, non furono solo i due carabinieri che riuscirono a rispondere al fuoco in cui caddero due esponenti della famiglia Avignone, una delle più aggressive ed influenti nella provincia reggina, vale a dire Rocco Avignone (35 anni) e suo nipote, Vincenzo (20 anni), che però, con la loro azione, consentirono la fuga di altri, evidentemente più potenti criminali, della stessa famiglia.
Le indagini appurarono poi che si trattava di un summit a cui presero parte non solo latitanti e pregiudicati ma anche insospettabili, pezzi delle istituzioni, come il sindaco di Canolo e quello di Rosarno. Gente importante di cui bisognava coprire la fuga, anche a costo della vita. I tre carabinieri ci avevano visto bene. Avevano interrotto un vertice di ‘ndrangheta della cosca Avignone, egemone sul territorio.
La strage di Razzà ha svelato scenari all’epoca inediti, di una criminalità mafiosa viva e capace di intrecci fino alla capitale e di ramificazioni anche nei subappalti
del Quinto Centro Siderurgico di Gioia Tauro, nelle tangenti e nell’indotto degli investimenti immobiliari.
L’eccidio di Razzà e la successiva vicenda processuale sono stati raccontati in un libro “La strage di Razzà” da Saverio Mannino, allora presidente della Corte d’Assise di Palmi, di fronte alla quale fu celebrato il processo.
Il giudizio di primo grado presso il Tribunale di Palmi per la morte di Condello e di Caruso si è concluso con condanne per due secoli complessivi di carcere, di cui trenta per il boss Giuseppe Avignone. Sono stati inoltre condannati: Albanese Girolamo, Cianci Domenico, Cianci Damiano, D’Agostino Domenico, Furfaro Francesco, Lombardo Domenico, Zinnato Vincenzo.
Vincenzo Caruso nacque a Niscemi in provincia di Caltanissetta il 6 ottobre 1950. In servizio presso il nucleo radiomobile del Comando Compagnia Carabinieri di Taurianova, in Calabria, era impegnato come altri nella lotta alla ‘ndrangheta. A lui è stata intitolata la caserma dei carabinieri di Niscemi.
Lo Stato gli ha conferito la medaglia d’oro al valor militare per il sacrificio della sua vita nella lotta alla ‘ndrangheta ed ha onorato il sacrificio della vittima, con il riconoscimento concesso a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo, dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99.
Stefano Condello nacque a Palmi in provincia di Reggio Calabria il 12 aprile 1930, appuntato in servizio presso lo stesso Comando Carabinieri di Taurianova. A lui è stata intitolata una via nel suo paese natio, Palmi.
Lo Stato gli ha conferito la medaglia d’oro al valor militare per il sacrificio della sua vita nella lotta alla ‘ndrangheta e sta per essere concesso dal Comitato di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso di cui alla legge n. 512/99 il riconoscimento a favore dei suoi familiari, costituitisi parte civile nel processo.