Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), DOMENICA 15 DICEMBRE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Sentenza “Terramara- Closed”, assolto il noto imprenditore taurianovese Fabio Condrò Difeso dall’Avv. Alfredo Giovinazzo

Sentenza “Terramara- Closed”, assolto il noto imprenditore taurianovese Fabio Condrò Difeso dall’Avv. Alfredo Giovinazzo

Si è conclusa l’11 novembre l’attività processuale, relativa all’annosa vicenda, che ha visto protagonista, suo malgrado, il Sig. Fabio Condro’. Secondo la prospettazione accusatoria, l’odierno imputato era chiamato a rispondere dei reati previsti e puniti dagli artt. 110 c.p., 12 quinquies Legge n. 356 del 1992, art. 7 della legge nr. 203 del 1991, oggi art. 416 bis 1 c.p., perché, in concorso con altri, (R. A., C. G., e C. N. V.), al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali, in quanto pur essendo il reale proprietario R. A., avrebbe intestato fittiziamente la titolarità della società “ La Beata”, operante nel settore delle onoranze funebri, dapprima a Condrò Natale Vittorio e, successivamente, al di lui figlio Condrò Fabio.
Con l’aggravante di cui all’art. 7 della legge 203/1991, oggi art. 416 bis 1 c.p., per aver essersi avvalsi delle condizioni previste dall’art 416 bis c.p., nell’ambito dell’associazione mafiosa ‘ ndrangheta nella sua articolazione territoriale della cosca Zagari-Viola-Fazzalari.
Il Tribunale di Palmi, in Composizione Collegiale, presieduto dell’On.le Giudice Dott.ssa Francesca Mirabelli, ha emesso nei confronti del predetto, sentenza di assoluzione ex art. 530 c.p.p., perché il fatto non sussiste.
La difesa del Sig. Condro’, sostenuta dall’ Avv. Alfredo Giovinazzo del Foro di Palmi, ha dimostrato, durante l’istruttoria dibattimentale, che la ricostruzione operata dagli inquirenti non era rispondente alla realtà dei fatti.
Infatti, la formula utilizzata dal Tribunale “perché il fatto non costituisce reato”, dimostra che lo stesso ha accolto la tesi prospettata dalla difesa, che ha sostenuto la carenza dell’elemento soggettivo. Il reato di intestazione fittizia di beni, per il suo configurarsi, richiede la sussistenza del dolo specifico, pertanto va provato che l’intestazione abbia come unico obiettivo l’elusione della normativa in materia di prevenzione patrimoniale.
Si è evidenziato, altresì, che non sono emersi dall’istruttoria gli elementi di fatto dimostrativi della capacità elusiva dell’operazione. Il Tribunale con tale pronuncia ha aderito all’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo la quale occorrerebbe “…individuare la rintracciabilità nel caso concreto dei presupposti applicativi di misure quali il sequestro e la confisca di prevenzione che può essere disposta quando la persona indiziata del reato di appartenenza ad associazione mafiosa non possa giustificare la legittima provenienza dei beni di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica, nonché dei beni che risultino essere frutto di attività illecite o ne costituiscano il reimpiego”.
Per altro verso, “la configurabilità del delitto di fittizia intestazione di beni postula necessariamente che l’operazione negoziale attenga a soggetti ed a beni suscettibili di confisca a titolo di misura di prevenzione patrimoniale: in assenza di tale presupposto oggettivo difetta l’elusione delle disposizioni normative e la finalità perseguita resta sul piano dell’irrilevanza. In altre parole, l’art. 12 quinquies cit. deve essere interpretato nel senso che la fittizia intestazione deve essere oggettivamente idonea ad eludere la normativa in misura di prevenzione e deve essere, inoltre, sorretta dal dolo specifico descritto dalla fattispecie” (cfr. Sez. 1, n. 29526 del 27/06/2013).
Tra i documenti prodotti a confutazione dell’imputazione è stata allegata la sentenza nr. 452/2019 R.G. Sent., con la quale il GUP del Tribunale di Reggio di Calabria, aveva già assolto il coimputato R. A., proprio con riferimento al capo di imputazione n. 21) della rubrica, che nelle more del Processo era passata in giudicato, in quanto non impugnata sul punto.