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TAURIANOVA (RC), VENERDì 13 DICEMBRE 2024

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Rino Gaetano, era calabrese il cappellaio matto della musica italiana Lo diceva già Petronio nel suo Satyricon: "Crotone, città antichissima e un tempo la prima d'Italia"

Rino Gaetano, era calabrese il cappellaio matto della musica italiana Lo diceva già Petronio nel suo Satyricon: "Crotone, città antichissima e un tempo la prima d'Italia"

Di Mariachiara Monaco

Rino Gaetano, era calabrese il cappellaio matto della musica italiana
Lo diceva già Petronio nel suo Satyricon: “Crotone, città antichissima e un tempo la prima d’Italia”.
Il nome, secondo una delle tante leggende, deriva da Kroton, figlio di Eaco, ucciso per errore dal
suo amico Eracle. Quest’ultimo però, per ricordarlo lo seppellì sulle rive del fiume Esaro,
profetizzando che proprio lì, sarebbe poi sorta una grande città, che si chiamasse come lui.
La profezia fu esaudita se pensiamo ai “figli di Crotone”, da Pitagora fino a Rino Gaetano. Il primo
nacque a Samo, e a causa di alcuni contrasti politici, venne adottato dalla capitale della magna
Grecia, dove fondò la scuola pitagorica, intuendo per primo l’efficacia di descrivere il mondo
attraverso la matematica.
Il secondo invece, all’anagrafe Salvatore Antonio Gaetano, fu uno dei più geniali cantautori, in
un’Italia saccheggiata dalla corruzione e dal conformismo, che forse rimpiangeva un po’ la purezza
del classico.
A soli 10 anni, quello che poi sarà definito come “il cappellaio matto” della musica nostrana, si
trasferì a Roma insieme alla sua famiglia, perché la Crotone ricca, negli anni ’60 era solo un
miraggio.
Egli studiò in un collegio a Narni, dove iniziò a scrivere già a 13 anni un poema intitolato “E l’uomo
volò”, poi ancora ballate sull’omicidio di Kennedy e Martin Luther King.
La realtà dei fatti già gli apparteneva, corredata di una forte denuncia sociale, che a distanza di
pochi anni sarebbe diventata la sua caratteristica principale.
Poi Roma, il Folk Studio, l’amicizia con De Gregori e Cocciante, le prime canzoni dove metteva in
mostra la sua voce ruvida ma allo stesso tempo decisa e carezzevole, che non smetteva mai di
offrire riflessioni e forti emozioni.
I suoi racconti erano unici ed inconfondibili, il figlio del sud aveva talento nel raccontare
ironicamente l’eterna crisi del bel Paese, sbeffeggiando tutti, politici compresi.
In molte si rivedevano in “Gianna”, la ragazza impavida che difendeva il salario dall’inflazione, e
che non cercava il suo Pigmalione perché bastava a sé stessa.
Oppure in “Aida”, con i suoi vestiti di lino e di seta, e le calze a rete, immagine pura e allo stesso
tempo indelicata, perché Aida è l’Italia dei salari bassi, del terrore russo (ancora molto attuale), ma
anche della democrazia e delle costituenti.
Rino Gaetano sarebbe stato un perfetto filosofo greco, anticonformista e veritiero, pronto a spiegare
il fenomeno della solitudine come nessun altro, attraverso l’immagine del “fratello figlio unico”,
inno a tutti gli emarginati che non si ritrovano più in una società che cade a pezzi.
Egli poi cantava il sud, i passi delle onde che danzavano sul mare a piedi nudi, e credeva soprattutto
nell’amore, che, proprio come un fiore, può nascere anche nel cemento grigio della vita.
Rino Gaetano se n’è andato troppo presto, aveva solo 31anni quando restò vittima di un atroce
incidente stradale sulla via Nomentana, a Roma.
Sbatté con violenza il capo al parabrezza della sua auto, mandando il vetro in frantumi. Necessitava
quindi di un intervento diretto in un reparto di traumatologia cronica, che però il policlinico
Umberto I non aveva.
Fu una tragedia che il cantautore calabrese sembrava aver predetto, perché circa 10 anni prima
scrisse “La ballata di Renzo”, raccontando la storia di un ragazzo vittima di un incidente stradale,
che muore dopo essere stato rifiutato da diversi ospedali.
Molte sono le ombre sulla morte di Rino Gaetano, e non ci resta altro da fare, che guardare il cielo
blu e pensare a lui, il crotonese predestinato, che leggendo sull’oracolo di Delfi : “γνῶθι σαυτόν”,
non fallì minimamente, rimanendo nel cuore di ciascuno di noi.