Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Riflessioni sull’applicazione di una ZES Calabria A cura di Francesco Cosentino, ex direttore generale del consorzio Asi Reggio Calabria-Gioia Tauro

Riflessioni sull’applicazione di una ZES Calabria A cura di Francesco Cosentino, ex direttore generale del consorzio Asi Reggio Calabria-Gioia Tauro
Testo-
Testo+
Commenta
Stampa

Di Francesco Cosentino

Premessa

Il D.L. n. 91/2017, convertito con Legge 3 agosto 2017, n. 123, ha introdotto nell’ordinamento nazionale il nuovo istituto della Zona Economica Speciale (ZES). La finalità del Legislatore è quella di favorire la crescita economica in alcune aree del Paese, nella fattispecie le Regioni in ritardo di sviluppo, tra cui la Calabria. L’obiettivo è quello di introdurre in aree ben delimitate, individuate e qualificate come ZES, sulla base di requisiti normativamente definiti ed oggettivamente connotabili da elementi strutturali ed infrastrutturali e consolidati a livello comunitario, le condizioni economiche favorevoli, i benefici fiscali e le semplificazioni amministrative che consentano lo sviluppo di imprese già insediate e che si insidieranno in tale area. Allo stato attuale ogni riflessione in merito alla ipotesi di istituzione/costituzione della ZES, in quanto istituto giuridico, in qualsiasi parte del territorio regionale ammissibile deve essere considerata come una innovazione e non può essere confinata ai soli aspetti infrastrutturali, logistici, economico/imprenditoriali, fiscali o strumentali agli investimenti privati con il mero tentativo di far prevalere l’uno sugli altri. Una attenta lettura dei pochi articoli dedicati alla ZES fa comprendere con immediata chiarezza che nessuno degli aspetti sopra elencati, pur parzialmente, può e deve essere escluso, ma essi devono essere giustamente considerati in una prospettiva più ampia e di ben più profonda portata nella programmazione dello sviluppo di un territorio e del suo sistema economico. Inquadramento giuridico, economico ed infrastrutturale della ZES La norma sancisce che la ZES si identifica quale area geograficamente delimitata e perfettamente identificata, che può comprendere anche aree non territorialmente adiacenti, purché sussistano due elementi: sia presente un area portuale e tra tale area portuale ed i territori candidabili (adiacenti o meno) sussista un dimostrabile e certificabile nesso economico funzionale. La norma indica il requisito obbligatorio ed imprescindibile che qualifica l’area portuale candidabile per l’istituzione della ZES richiamando i requisiti previsti dal Regolamento (UE) n. 1315/2013 sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti. Ai sensi dell’articolo 20, comma 2, del Reg. (UE) n. 1315/2013 le aree portuali candidabili per la qualificazione ed istituzione della ZES devono possedere almeno uno dei seguenti requisiti: a) il volume totale annuo del traffico passeggeri supera lo 0,1 % del volume totale annuo del traffico passeggeri di tutti i porti marittimi dell’Unione. Il valore di riferimento per questo volume totale è rappresentato dalla media triennale disponibile più recente, basata sulle statistiche pubblicate da Eurostat; b) il volume totale annuo delle merci, per le operazioni di carico di merci sia sfuse che non sfuse, supera lo 0,1 % del corrispondente volume totale annuo del carico di merci movimentate in tutti i porti marittimi dell’Unione. Il valore di riferimento per questo volume totale è rappresentato dalla media triennale disponibile più recente, basata sulle statistiche pubblicate da Eurostat; c) il porto marittimo è situato su un’isola e costituisce il solo punto di accesso ad una regione NUTS 3 nella rete globale; d) il porto marittimo è situato in una regione ultraperiferica o periferica, fuori da un raggio di 200 km dal porto più vicino nella rete globale.” Il richiamo imperativo al Reg. (UE) n. 1315/2013 attira a sé un altro elemento distintivo e qualificante dell’ ammissibilità dell’aree portuali (intese quali: “porti marittimi sono punti di entrata e uscita per le infrastrutture terrestri della rete globale”) ai fini della candidabilità ed istituzione della ZES: deve essere connessa o connettibile alla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T). Inoltre, sempre richiamando il Reg. (UE), le stesse aree portuali devono essere connesse con linee ferroviarie o infrastrutture stradali e, se si tratta di porti destinati al traffico merci, devono offrire un terminale aperto a tutti gli utenti in modo non discriminatorio, applicare tariffe trasparenti, disporre di attrezzature necessarie a garantire/contribuire le prestazioni ambientali delle navi all’interno dei porti ed assicurare l’operatività degli strumenti di controllo del traffico marittimo secondo gli standard europei (SafeSeaNet e VTIMS). Posto che siano sussistenti alcuni dei requisiti, riferiti alla qualificazione dell’area portuale secondo i requisiti comunitari, è successivamente necessario che si identifichi il secondo elemento, cioè il nesso economico funzionale con l’area portuale. Tale nesso economico funzionale è costituito dal tessuto imprenditoriale, esistente e/o da realizzare, che individua nell’area portuale il suo canale funzionale ed economico di sussistenza e sbocco. Questo nesso economico funzionale tra il sistema delle imprese e l’area portuale costituisce anche la ragione e la motivazione del piano degli investimenti imprenditoriali all’interno dell’architettura della ZES, rendendo possibile la sua istituzione. Perciò, l’altro termine fondante e caratterizzante della ZES è costituito dai piani di investimento delle imprese, già presenti all’interno di un area portuale/industriale e/o comprese all’interno del territorio che concorre alla istituzione della ZES o che si intendono insediare posto che possano sussitere le condizioni economiche, strutturali, infrastrutturali e di contesto insediativo idonee. I Piani di investimento avviabili ed ammissibili alla candidatura della ZES sono costituiti da “un programma di attività economiche imprenditoriali o di investimenti di natura incrementale” (art. 5, comma 1) e tali interventi possono usufruire delle seguenti tipologie di agevolazioni: “a) procedure semplificate, individuate anche a mezzo di protocolli e convenzioni tra le amministrazioni locali e statali interessate, e regimi procedimentali speciali, recanti accelerazione dei termini procedimentali ed adempimenti semplificati rispetto a procedure e regimi previsti dalla normativa regolamentare ordinariamente applicabile, sulla base di criteri derogatori e modalità individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, se nominato, previa delibera del Consiglio dei ministri; b) accesso alle infrastrutture esistenti e previste nel Piano di sviluppo strategico della ZES di cui all’articolo 4, comma 5, alle condizioni definite dal soggetto per l’amministrazione, ai sensi della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni e integrazioni, nel rispetto della normativa europea e delle norme vigenti in materia di sicurezza, nonché delle disposizioni vigenti in materia di semplificazione previste dagli articoli 18 e 20 del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169.” Oltre a quanto sopra elencato, le imprese che avviano un programma o investimenti incrementali all’interno della ZES beneficiano ed usufruiscono specificatamente di un credito d’imposta “per l’acquisto di beni strumentali nuovi” fino al 31 dicembre 2020 e l’importo massimo del programma/progetto d’investimento è elevato a 50 milioni di euro a cui si commisura il relativo credito d’imposta (ovviamente in relazione alla dimensione dell’impresa). Resta ferma la possibilità, ex art. 7 quater del D.L. n. 243/2016, di cumulare il credito d’imposta con gli aiuti di Stato e con gli aiuti de minimis, nei limiti dell’intensità o dell’importo di aiuti più elevati consentiti dalla normativa europea. Le condizioni che le imprese devono rispettare per il riconoscimento delle agevolazioni (in termini di accesso infrastrutturale, di procedure semplificate e di natura fiscale) sono: a) le imprese beneficiarie devono mantenere la loro attività nell’area ZES per almeno sette anni dopo il completamento dell’investimento oggetto delle agevolazioni, pena la revoca dei benefici concessi e goduti; b) le imprese beneficiarie non devono essere in stato di liquidazione o di scioglimento. Inoltre, le imprese già operative nella ZES e quelle che si insedieranno nell’area, sono tenute al rispetto della normativa nazionale ed europea, nonché delle prescrizioni adottate per il funzionamento della stessa ZES. L’agevolazione di cui al comma 2 (aiuti di Stato e aiuti de minimis) è concessa nel rispetto di tutte le condizioni previste dal Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, e in particolare di quanto disposto dall’articolo 14 (Aiuti a finalità regionale agli investimenti). Infine, il comma 5 dell’articolo 5 del D.L. n. 91/2017 stabilisce che gli oneri previsti dai commi 2, 3 e 4 (credito imposta, aiuti di Stato e aiuti de minimis) sono coperti dal FSC per 25 mln (2018); 31 mln (2019) e 150 mln (2020). Questi importi sono imputati alla quota risorse destinata a sostenere gli interventi delle Regioni meno sviluppate e in transizione, come individuate dalla normativa europea, e soggetti autorizzati ad avanzare le proposte di istituzione delle ZES.

Iter procedimentale

Premesso che le modalità per l’istituzione di una ZES, la sua durata, i criteri generali per l’identificazione e la delimitazione dell’area nonché i criteri che ne disciplinano l’accesso e le condizioni speciali di cui all’articolo 5 (credito d’imposta e Aiuti) nonché il coordinamento generale degli obiettivi di sviluppo devono essere definiti da un DPCM da adottare, sentita la Conferenza unificata, e di cui si attendava l’adozione entro la fine del mese di settembre, si deve fare riferimento alla lettera della norma che, di minimo, sancisce che:  le proposte di istituzione della ZES possono provenire solo dalle Regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria Sicilia e Molise, Abruzzo e Sardegna);  le Regioni possono presentare una istanza/proposta di istituzione di una ZES nel proprio territorio, o al massimo due proposte ove siano presenti più aree portuali che abbiano le caratteristiche di cui al Reg. (UE) n. 1315/2013. Le Regioni prive di aree portuali con le prescritte caratteristiche possono presentare istanza di istituzione di una ZES solo in forma associativa, qualora contigue, o in associazione con un’area portuale in possesso dei requisiti comunitari;  la proposta/istanza da parte della Regione deve essere completa di un piano di sviluppo strategico, nel rispetto – di minimo – dei seguenti requisiti (come definiti dall’atteso DPCM): le modalità per l’istituzione di una ZES; la sua durata; i criteri generali per l’identificazione e la delimitazione dell’area; le caratteristiche della ZES; i criteri che ne disciplinano l’accesso; le condizioni speciali relative ai benefici fiscali ed alle semplificazioni e le modalità e contenuti del coordinamento generale degli obiettivi di sviluppo della ZES.  al termine dell’istruttoria ciascuna ZES è istituita con DPCM, da adottare su proposta del Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, se nominato, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Gli attori del processo secondo il D.L. n. 91/2017

La Regione: è il soggetto proponente che assume il ruolo di promotore ed aggregatore dei soggetti con un notevole potere di ideazione e valutazione nel quadro del complessivo processo strategico di sviluppo del territorio e dell’economia regionale. Le imprese: sono i soggetti beneficiari delle agevolazioni fiscali e d’investimento e risultano decisive per l’istituzione e la sussistenza della ZES. La presenza degli investimenti imprenditoriali è la condizione obbligata per poter formulare e candidare la proposta della ZES. L’Autorità Portuale di Sistema: è il soggetto che deve garantire sia gli interventi di semplificazione amministrativa e procedurale sia i regimi procedimentali speciali, recanti l’accelerazione dei termini procedimentali e gli adempimenti semplificati rispetto alle proprie procedure e regimi previsti dalla normativa regolamentare ordinariamente applicabile alle attività di competenza dell’Autorità e che si riflettono sulle attività delle imprese interessate alla ZES, nei termini che da tale somma d’interventi scaturisce la condizione e l’aspettativa per la definizione dei loro piani di investimento. Il Comitato di indirizzo (art. 4, comma 6, D.L. n. 91/2017): è il soggetto individuato per l’amministrazione e la gestione dell’area ZES e composto dal Presidente dell’Autorità portuale, che lo presiede, da un rappresentante della Regione (o delle Regioni nel caso di ZES interregionale), da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Questo organismo deve assicurare, in particolare: a) gli strumenti che garantiscano l’insediamento e la piena operatività delle aziende presenti nella ZES nonché la promozione sistematica dell’area verso i potenziali investitori internazionali; b) l’utilizzo di servizi sia economici che tecnologici nell’ambito ZES; c) l’accesso alle prestazioni di servizi da parte di terzi. Inoltre, il Segretario generale dell’Autorità di sistema portuale può stipulare, previa autorizzazione del Comitato di indirizzo, accordi o convenzioni quadro con banche ed intermediari finanziari.

Cosa fare?

Nelle more del prescritto DPCM, che completa i contenuti operativi e sostanziali per la definizione della ZES e nell’attuale quadro normativo invariato, il fattore critico da considerare è il tempo che si riflette direttamente sui progetti d’investimento delle imprese. Infatti, il termine di utilizzo e riconoscimento alle imprese del beneficio fiscale e d’investimento cessa il 31 dicembre 2020 e, di conseguenza, i programmi economici e d’investimento sono fortemente condizionati da tale breve lasso di tempo che deve anche tener conto del periodo di istruttoria necessario per la successiva istituzione della ZES. Ovviamente, una estensione del periodo di tempo che allunghi il beneficio fiscale alle imprese si può ipotizzare, magari auspicare, ma non assumere come una certezza o come un motivo di rinvio delle valutazioni necessarie in questo momento. Detto ciò, è altrettanto vero che la Regione (nella fattispecie i Dipartimenti Sviluppo economico e Infrastrutture e Trasporti) non può rimanere inattiva posto che la Regione (politica/istituzionale) si è già espressa con grande favore e fervore per l’istituzionale almeno di una ZES (Gioia Tauro) e candidando altri territori. Quindi, per i tempi ed i margini ridottissimi, l’iniziativa, a termini di legge, è solo in capo alla Regione che dovrebbe sondare le imprese e l’Autorità di Sistema Portuale per valutare almeno la sussistenza di un orientamento positivo e l’interesse ad avviare e partecipare ad un primo esame di istituzione della ZES o delle ZES. Tuttavia, per poter sondare le disponibilità, gli interessi e gli orientamenti di questi due soggetti (alle imprese ed all’Autorità non ci si può presentare con il solo testo di legge, quello è già noto ed oggetto di dibattito sui giornali e nei convegni) è necessario definire almeno una iniziale “visione” della ZES, non tanto e non solo in termini infrastrutturali quanto in termini territoriali, economici ed imprenditoriali (in termini di comparti/settori produttivi non di progetti d’investimento perché a questo ci dovrebbero poi pensare le imprese). Magari si arriverà alla conclusione che la ZES non è proponibile e/o sostenibile, anche perché, mutatis mutandis, non dimentichiamo i fallimenti delle aree di crisi non complessa, i vari contratti di sviluppo, di programma e di filiera, i distretti tecnologici, e parchi e gli incubatori. Intendendo come fallimenti la capacità di questi strumenti di costituire un cambiamento del paradigma economico/produttivo dei territori regionali. Molto probabilmente anticipando, con realismo, ragionevolezza e buon senso, la Regione potrebbe avocare ed esercitare oggi il suo maggior ruolo istituzionale: programmare. E’altrettanto ovvio che, almeno il Dipartimento Sviluppo economico, ha il maggior coinvolgimento perché il Dipartimento Infrastrutture è sovrastato dall’Autorità Portuale di Sistema e i suoi margini di manovra sono ridotti se non inquadrare la sua azione verso gli interventi infrastrutturali e di contesto necessari ai territori oltre il porto.

Quale ipotesi?

In un esercizio di prima elaborazione, tenendo fermo il vigente quadro normativo non completato dall’atteso DPCM, l’unico punto certo di partenza della ZES Calabria è il porto di Gioia Tauro, per i requisiti che possiede ed al netto di tutte le considerazioni storiche del suo percorso operativo e delle condizioni attuali relative alla sua attiivtà. E’evidente a tutti che solo il porto di Gioia Tauro possiede i requisiti imposti dal D.L. n. 91/2017 e dal Reg. (UE) n. 1315/2013. Assodato ciò, le domande discendenti dal testo della norma sono: quanto è estensibile il retro porto per poter qualificare la ZES come contesto regionale di sviluppo ? Le connessioni al porto di Gioia Tauro sono solo quelle fisiche di prossimità ? E’possibile ipotizzare una ZES regionale confinabile in una estensione definita solo dalla odierna pianificazione urbanistica ? La ZES è un istituto giuridico di solo impatto infrastrutturale oppure ha una reale funzione di sviluppo economico ? Già queste poche domande dovrebbero dimostrare la portata profonda di una pur minima ed iniziale riflessione sull’ipotesi di una ZES regionale. Se la ZES Calabria si ipotizza, come iniziale caso di studio, quale strumento di portata ed impatto regionale appare evidente che la ragione stessa della ZES – in una ottica di programmazione regionale – potrebbe essere ribaltata, sempre rispettando il dato normativo, prendendo in considerazione due elementi al fine di valutare la sussistenza e la sostenibilità all’interno di un modello di ZES: 1) l’esistenza di “rete infrastrutturale” orientata a supportare il sistema economico regionale 2) la scelta verso una specializzazione economico/imprenditoriale che possa caratterizzare e qualificare in termini competitività l’economia regionale e sia coerente con la “rete infrastrutturale” In merito al primo punto se, in modo indubitabile, il punto di partenza iniziale e terminale della proponibile “rete infrastrutturale” regionale è il porto di Gioia Tauro per il possesso dei requisiti previsti dal D.L. n. 91/2017 il tracciamento di tale rete potrebbe proseguire lungo l’asse: porto di Vibo Valentia, l’area cargo dell’Aeroporto di Lamezia Terme, il nodo ferroviario di Lamezia Terme, l’asse stradale/ferroviario Lamezia Terme – Catanzaro Lido, il porto/aeroporto di Crotone, il porto di Corigliano Calabro. Lungo questo asse (Gioia Tauro – Corigliano) sono presenti 6 agglomerati industriali di medio/grandi estensioni e diversamente infrastrutturate e con insediamenti industriali diversi che non esprimono particolari specializzazioni. Senza escludere le aree PIP di competenza ed ambito comunale. Con riferimento al secondo punto quello che risulta evidente lungo questa immaginata “rete infrastrutturale”, intesa come combinazione di infrastutture di trasporto/logistiche e di aree per insediamenti d’impresa, è la presenza di una diffuso tessuto imprenditoriale, che in termini territoriali comprende anche le aree collinari e montane, con picchi di specializzazione o di nicchia anche certificata, che riguarda l’agricoltura anche nelle sue declinazioni di agroindustria e agroalimentare. Infatti, dalla piana e dall’entroterra di Gioia Tauro, risalendo la provincia di Vibo Valentia, sfociando verso la Piana di Lamezia, attraversando l’asse mediano del territorio si prosegue verso l’area di Cirò-Crotone e si raggiuge la Piana di Sibari/Corigliano e si tratta di aree ad elevato tasso di specializzazione produttiva e/o trasformativa. La sovrapposizione dei due elementi (“rete infrastrutturale” e produzioni agricole/agroalimentare/agroindustriali nelle accezioni più ampie) potrebbe costituire l’architettura di una ZES ? Nei termini definiti dalla normativa, senza ancora il DPCM previsto, sembrerebbe possibile analizzare, approfondire e programmare questo percorso infrastrutturale, territoriale, economico, produttivo ed insediativo, posto che la ZES è istituibile anche tra Regioni diverse (es. la proposta dell’area ZES Taranto-Matera) e ciò dimostrerebbe l’importanza della componente economica/imprenditoriale che è indispensabile per candidare la proposta della ZES. Una simile ipotesi di studio dovrebbe orientare la proposizione e la programmazione della ZES secondo un modello diffuso sul territorio regionale e non concentrato su una sola porzione territoriale purchè ci sia il corrispondente orientamento a considerare il comparto agricolo/agroalimentare/agroindustriale strategico per lo sviluppo della Regione. Si tratta di una scelta stretegica che va oltre la ZES e coinvolge altri ambiti d’intervento: infrastruttruale, ambientale, legislativo/regolativo, di marketing, urbanistico e di pianificazione territoriale, finanziario, formativo, di ricerca ed innovazione specialistica. E’ senz’altro una sfida notevole, ma rappresenta una scelta di governo e politica estrema e di elevatissimo impatto. L’alternativa è quella, non escludibile oggi, di immaginare una ZES concentrata sulla sola area portuale e retroportuale di Gioia Tauro e per la quale, comunque, devono essere individuate dalla Regione degli assets attrattivi per le imprese e validi per invogliarli a presentare e realizzare i loro programmi d’investimento.

Con chi definire e sviluppare tale ipotesi?

I tempi ristretti, la portata di un tale lavoro e alcune evidenze innegabili dovrebbero imporre alla Regione di attivarsi rapidamente e coinvolgendo le risorse interne. Posto che l’ampiezza e la profondità di un simile progetto, nell’ottica della procedura ex D.L. n. 91/2017, deve avere un coinvolgimento immediato del Dipartimento Sviluppo economico e del Dipartimento Infrastrutture e Trasporti. Oltre ai due Dipartimenti è necessario ed obbligato il coinvolgimento attivo del Consorzio Regionale per lo Sviluppo delle Attività Produttive (CORAP) in quanto soggetto delegato alle funzioni inerenti gli insediamenti produttivi, proprietario delle aree e degli agglomerati e titolare di un potere di pianificazione ed esproprio. Nel contempo è indispensabile il coinvolgimeto della Fincalabra S.p.A. per gli aspetti legati alle attività di sostegno ed incentivazione alle imprese e di semplicazione dei processi (vedi progetto CalabriaSUAP).