Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 01 MAGGIO 2024

Torna su

Torna su

 
 

Reggio: partiti, associazioni e movimenti uniti contro l’intitolazione di una piazza ad Almirante

Reggio: partiti, associazioni e movimenti uniti contro l’intitolazione di una piazza ad Almirante

Ecco il documento unitario

Reggio: partiti, associazioni e movimenti uniti contro l’intitolazione di una piazza ad Almirante

Ecco il documento unitario

 

 

Riceviamo e pubblichiamo:

Il tentativo di intitolare una piazza al repubblichino, fucilatore di partigiani, firmatario del Manifesto della razza Giorgio Almirante, non è che l’ultimo atto di una manovra revisionista che ha come unico obiettivo quello di renderci, per l’ennesima volta, schiavi di un passato che ha condannato questa terra alla morsa asfissiante di quella parte trafficona di borghesia che ha nella ‘ndrangheta il suo compendio.

È paradossale che proprio oggi che la magistratura mette in luce lo scellerato matrimonio di interessi fra la ndrangheta e l’eversione nera, cucinato nei salotti buoni – spesso massoni – calabresi e romani, da grandi vecchi della politica che ancora fanno mostra di sé nelle istituzioni, si proponga di celebrare colui che, nella migliore delle ipotesi, di quel connubio è stato uno degli ispiratori.

Questo tentativo di riabilitazione non è casuale. Mai come oggi, in un contesto di crisi strutturale del sistema nel quale i lavoratoriassistono a un peggioramento verticale delle proprie condizioni di vita, e i giovani non hanno un futuro certo, esso può essere funzionale al disegno complessivo di alterare il passato per privare giovani e lavoratori di un punto di riferimento chiaro che dica loro che è giusto ribellarsi a un sistema sbagliato.

Ma L’azione revisionista del centrodestra, in verità, parte da lontano.

Fin dall’elezione di Giuseppe Scopelliti, la città si è popolata dimonumenti inneggianti ai moti del 70 e alla massoneria, ha dato spazio a esibizioni di cultori del futurismo e convegni (chi può dimenticare il super consulente futurista Marcello Veneziani), conferenze, pubblicazioni sui “Moti”, tutte azioni mirate non a stimolare un dibattito franco e trasparente, ma all’esaltazione di quella parte politica che della rivolta si impadronì cinicamente e strumentalmente.

Quello promosso dall’allora Amministrazione è stato un grottesco tentativo di riscrivere ed edulcorare la realtà e la storia, tentativo che non prevedeva e non prevede confronto, come hanno dimostrato la repressione sistematica della contestazione in tutte le sue forme (come in occasione delle azioni di disobbedienza civile contro le installazioni) e le continue aggressioni subite dal csoa A. Cartella, reo di avere occupato uno spazio abbandonato e di averlo restituito ai cittadini.

Medesimo copione andato in scena all’epoca dell’intitolazione dell’arena a Ciccio Franco o della posa del busto che lo celebra:iniziative, queste, dal profondo significato politico, cui il movimento antifascista reggino nel corso degli anni ha risposto colpo su colpo.

Solo per citare alcuni esempi, vogliamo ricordare la presentazionedel libro “I cinque anarchici” di Fabio Cuzzola, che narra la storia di cinque ragazzi assassinati dai fascisti e dai servizi deviati per aver provato a divulgare i legami accertati tra terrorismo nero e’ndrangheta negli anni dei Moti di Reggio, ma soprattutto la carovana antifascista che ha fatto tappa in diverse piazze di Reggio per spiegare alla gente chi fossero veramente questi personaggi e quale sia stato il loro ruolo nelle pagine più nere diReggio Calabria.

Ma, evidentemente, la nostra risposta non è stata sufficiente.

Da ultimo, la giunta Arena non solo non ha fatto un passo indietro rispetto al passato, ma ha addirittura alzato il tiro.

Questa Amministrazione, oltre ad annoverare tra le proprie fila assessori che amano farsi fotografare mentre fanno il saluto romano e che lasciano commenti razzisti su internet, o che si fanno pizzicare in più che amichevoli rapporti con boss, affiliati e terroristi neri oggi maghi della finanza creativa, ha offerto le proprie sale e le proprie sedi a organizzazioni fasciste di nome e difatto, consentendo loro di lanciare la loro propaganda da quella che dovrebbe essere la Casa dei cittadini, ma dalla quale i reggini vengono spesso scacciati in malo modo se sono lavoratori che reclamano mesi e mesi di stipendi arretrati o semplici cittadini che lamentano mala gestione e disservizi vari.

La medesima Amministrazione, col Consiglio comunale sul punto di essere sciolto per infiltrazione mafiosa, gravata da debiti la cui paternità nessuno ha assunto, sempre più incapace rispondere alle esigenze di lavoratori e giovani di questa città, si dimostra ancora una volta disponibile ad iniziative che riportano in auge personaggi e periodi storici in cui il connubio fra ndrangheta, eversione e classe politica locale è divenuto visibile e concreto. L’estrema disponibilità dimostrata verso l’iniziativa della Fiamma Tricolore per l’intitolazione di una piazza a Giorgio Almirante è uno schiaffo che il movimento antifascista reggino non può e non deve sopportare.

E’ necessaria, di fronte a tutto questo, una mobilitazione che abbia come stella polare la Carta costituzionale e la norma madre di tutti i principi in essa contenuti: il divieto di ricostituzione del partito fascista.

Contro un’operazione ormai decennale di distruzione della memoria storica, dobbiamo portare a nuova vita la coscienza e la storia di questa città partendo da chi si è ribellato all’intrecciondrangheta-borghesia parassitaria e corrotta-estrema destra che oggi ci viene tacitamente riproposto.

I tentativi di rimozione del passato, dalla cancellazione dell’esperienza della Resistenza fino alla semplificazione del linguaggio e delle parole, con l’eliminazione delle sfumature e delle differenze tra esse, o ancora l’imposizione di un politicallycorrect funzionale a chi da sempre domina e sfrutta, in poche parole il revisionismo, ha come unico scopo la formazione di sudditi.

Di fronte ad una situazione che non ammette più esercizi mentali fini a se stessi, nei quali la tentazione populista dell’ “anti-politica” distoglie l’attenzione dall’agire reale e disconnette il pensiero dall’azione diretta sul territorio, è necessario un confronto orizzontale che abbia lo scopo di recuperare il contatto con una realtà sociale abbandonata alle isterie di una fase storica complessa, riteniamo necessario imboccare un percorso che miri ad un “corto circuito” metodologico che scardini le logiche auto-referenziali della governance, privilegiando trasparenza e partecipazione come metodo antagonista alle pratiche di segretezza, che da sempre connotano l’agire di chi amministra la cosa pubblica come fosse cosa privata.

Le azioni da attuare devono essere molteplici, e aggregazione e coinvolgimento sono i passaggi preliminari necessari ad innescare un processo dal basso capace di produrre un capovolgimento del paradigma che lega l’amministrato all’amministratore, dove quest’ultimo sia chiamato a rispondere realmente del suo operato.

In altre parole, occorre sovvertire le istanze di controllo, riponendo nelle mani di una Società finalmente attiva e consapevole le decisioni sul proprio futuro.

In questo quadro, va sollecitata la nascita di comitati di quartiere,per il ripensamento degli spazi comuni e per rispondere alle esigenze della quotidianità, che siano in grado di stimolare la produzione sociale di un rinnovato benessere collettivo, scollegatoda logiche speculative, e di stimolare il confronto, così da sottrarreterreno alle derive xenofobe, sessiste, e discriminatorie in senso lato, quindi fasciste; va incoraggiata la partecipazione, per rivendicare quei diritti annichiliti dalle logiche di mercato che l’attuale generazione non ha mai conosciuto: salute, istruzione,lavoro mobilità: esempi di diritti sopiti che devono essere rivitalizzati; va ridata dignità a parole orfane di significato, ponendole come surrogato positivo di una “redditualità” che nessun sistema liberista è in grado, avendone la volontà, di porre in essere. Il riferimento è a quei diritti tramutati, negli ultimi anni, in servizi sempre più onerosi e sempre più scadenti, come l’acqua, i trasporti e l’energia.

Il nostro territorio è il banco di prova ideale per portare alla luce tali istanze di rivendicazione sociale, in una città indicata troppo spesso, e a sproposito, come modello, ma che nella realtà è il simbolo della più sfrenata speculazione privata, con pezzi interi di territorio, di infrastrutture e di strutture e spazi pubblici regalati a imprese locali, nazionali e multinazionali che agiscono in netta contrapposizione con il valore storico e con la reale vocazione della nostra terra.

A Reggio c’è un’emergenza socio-culturale che deve essere affrontata, anche e soprattutto alla luce delle nefaste conseguenze sociali, etiche e culturali, provocate dalla crisi in atto, che impone un’azione necessaria e improrogabile: recuperare spazi di agibilità politica.

Piazza Orange può divenire il simbolo del riscatto e di una nuova voglia di partecipare e sentirsi parte attiva di un processo di costruzione orizzontale.

“Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita”; oggi più che mai le parole di Gramsci risuonano terribilmente attuali…

Noi, partendo da Piazza Orange, vogliamo essere cittadini e partigiani, ognuno con le proprie specificità, le proprie esperienze, le proprie differenze, ma tutti uniti dalla grande voglia di riprenderci la nostra città.

ANPI ITALIA DEI VALORI

ARCI PARTITO DEI COMUNISTI ITALIANI

ARCIGAY PARTITO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA

CGIL PARTITO DEMOCRATICO

COLLETTIVO UNIVERSITARIO RC SE NON ORA QUANDO

C.S.O.A. ANGELINA CARTELLA SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTA’

ENERGIA PULITA SLEGA LA CALABRIA

ETHOS CGIL

redazione@approdonews.it