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“Il buco nero”

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Editoriale di Bartolo Ciccardini

“Il buco nero”

Editoriale di Bartolo Ciccardini

 

 

Bersani

Difendo Bersani perché è troppo facile prendersela con lui. Si è trovato a risolvere
un problema di incomunicabilità fra le forze politiche, non avendo gli strumenti
necessari per farlo.

Non disponeva dell’appoggio di Napolitano, l’offerta ipocritamente generosa di Berlusconi
era una trappola che avrebbe duramente pagato, la doppiezza di Grillo era tutta contro
di lui e obiettivamente consonante con il disegno di Berlusconi. Bersani è rimasto
schiacciato in questa tenaglia e non è stato aiutato dalla permeabilità della classe
dirigente da lui portata in Parlamento, aperta a tutte le suggestioni e a tutti i
veleni. È stato drammatico che il compito di dover registrare il forte grado della
temperatura sia toccato proprio a lui.

Un partito che riesce ad affondare in un colpo solo Bersani, Marini e Prodi non lo
meritava.

Napolitano 1

Napolitano è assunto al ruolo di “salvatore della Patria”, dirigendo con accorta
esperienza lo svolgimento di queste vicende. Fino dalla improvvida crisi scatenata
da Berlusconi in pieno semestre bianco, egli si è dato il compito di creare una ricomposizione
delle forze politiche maggiori, invitandole alla concordia ed alla responsabilità.
In questo è stato coerente, cercando di scongiurare prima la crisi, poi affrettando
le elezioni per non perdere tempo prezioso nella triste situazione del Paese, poi
cercando di comporre le condizioni per un Governo di grande intesa, con la più ampia
base parlamentare possibile. Seguendo questa linea non ha voluto permettere a Bersani,
di andare in Parlamento a tentare un Governo di quasi maggioranza. Infatti Bersani,
avendo bisogno soltanto di qualche decina di voti al Senato, poteva sperare di convincere
anche un piccolo settore di personaggi isolati per fare un governo. Bersani ha cercato
di farlo attraverso al compilazione del programma e le ampie consultazioni. Ma il
suo compito era reso più difficile, o addirittura impossibile, per il fatto di non
poter tradurre queste trattative formalmente in un governo con nomi e cognomi. Aver
sottratto a Bersani la forza dell’incarico governativo, non solo ha provocato il
fallimento delle trattative, ma ha indebolito Bersani di fronte agli altri contendenti
ai quali era facile descriverlo come una persona che perdeva tempo mentre gli italiani
morivano. Napolitano ha giustificato questa sua scelta dicendo che non poteva mandare
alla Camera un Governo senza una maggioranza preesistente. Questa interpretazione
fa parte dei nuovi poteri che la presidenza della Repubblica sta acquisendo, non
contraria alla Costituzione, ma che certamente non esistevano prima. Ricordo solamente
che De Gasperi nel 1953, avendo vinto l’elezione, ma non avendo raggiunto la maggioranza
assieme ai suoi alleati, si presentò con un governo alla Camera sperando nel voto
parlamentare. Saragat gli negò in Parlamento il voto ed il Governo non ottenne la
fiducia. Non per questo il Presidente della Repubblica gli aveva negato il diritto
a formare un Governo. Subito dopo tentò Fanfani, formando un nuovo governo e non
ottenne la fiducia. Scelba al terzo tentativo ottenne la fiducia. Se Bersani avesse
potuto trattare con la forza di Presidente del Consiglio incaricato le cose sarebbero
andate diversamente.

Ma questo non era nella linea preannunciata a e dichiarata da Napolitano, e tutto
il peso della volontà di rivincita berlusconiana e della protervia distruttiva grilliana,
si è scaricato sulla incerta struttura del PD, facendola saltare.

Il Partito Democratico

Rottamare nel giro di tre giorni Marini, Bersani e Prodi è stato un suicidio. È un
peccato che la nuova struttura di carattere democratico, che era stata adottata dall’unico
partito ormai esistente, abbia creato una nuova classe dirigente dalle caratteristiche
bizzarre ed inconcludenti.

Da un lato, una sinistra ammalata di movimentismo, proterva e disobbediente. Avevamo
presentito qualcosa di questa debolezza quando i giovani che incoronarono Bersani
alle primarie salutarono l’assemblea festante con il pugno chiuso, un simbolo del
passato, che non aveva niente a che fare con la situazione presente. Quell’antica
radice aveva tutta la supponenza della militanza di sinistra, ma sapeva anche obbedire.
E quando Togliatti ordinava di combattere con Badoglio o di rilasciare le prefetture
conquistate, lo sapeva fare.

Questa nuova generazione pretende di togliersi il capriccio di preferire Rodotà a
Napolitano, per il desiderio di essere la sinistra più di sinistra. Stalin li avrebbe
fucilati tutti.

L’altra parte della generazione, che si riconosce in Renzi, è, da parte sua, ingenerosa
ed esibizionista, rallegrando le cronache di impulsi disordinati e fastidiosi.

Non so se nel domani di questa Repubblica ci saranno ancora i partiti democratici
o se invece essi saranno sostituiti da forme di partecipazione informatiche. Ma sono
convinto che nessuna Repubblica si regga senza una disciplina repubblicana, che è
una sorta di onestà nel rispettare le regole ed i patti elaborati assieme. Non ci
sembra che Rodotà, che accetta una candidatura alla Presidenza della Repubblica dagli
anonimi seguaci internauti, che aveva esorcizzato pochi giorni prima, ed un Barca
che si iscrive ad un Partito per proporre tre giorni dopo di trasmigrare in un altro
siano esempi di disciplina repubblicana.

Prodi

Prodi è il fondatore dell’Ulivo. L’Ulivo doveva essere l’espressione di un nuovo
riformismo che, abbandonati i dogmi e le scomuniche del passato facesse nascere in
Italia una vera forza riformatrice, pacifica ed efficace. Il ricorso a Prodi sembrava
il tentativo di aggrapparsi, come estrema salvezza a questo sogno, che era nel DNA
dei democratici. Non è stato tradito Prodi per la terza volta, ma si è semplicemente
constatato che l’Ulivo non può attecchire in Italia.

L’allarme

Avevamo scritto, con una qualche paura a pensarlo, che c’era il pericolo di esplosioni
rivoluzionarie incontrollate. Purtroppo siamo arrivati all’estremo confine di questa
possibilità. Per due giorni il Parlamento è stato in balia della folla. E solo un
miracolo ha fatto sì che non avvenisse il peggio. Nella sua lunga storia repubblicana,
la piazza del Parlamento è stata sempre libera dalle manifestazioni, che avvenivano
soltanto oltre i limiti della piazza. Per due giorni si sono svolte in piazza manifestazioni
che arrivavano fino ai gradini dell’ingresso. Il primo giorno era una manifestazione
di destra e l’abuso si è potuto consumare perché a manifestare erano gli stessi parlamentari.
Ma vicino ad essi c’era gente pericolosa che faceva parte di gruppi di destra conosciuti.
È un fatto grave che si collega con l’irruzione dei parlamentari negli uffici del
tribunale di Milano. Elemento da meditare è sicuramente il fatto che la Onorevole
Mussolini fosse vestita con una maglietta in cui si esprimeva dissenso ad un candidato
e che con quella maglietta arrivasse fino al seggio del Presidente della Camera senza
che nessuno la fermasse. Se qualche personaggio violento l’avesse seguita di fatto
la Onorevole Mussolini avrebbe impedito la continuazione della votazione.

Non voglio drammatizzare, ma il ricordo dell’aula sorda e grigia che annunciò la
dittatura, non può essere dimenticato.

Il giorno successivo la piazza è completamente gremita dai manifestanti grillini,
in attesa che il loro leader arrivi per protestare contro la candidatura di Napolitano.
C’è una duplice fila di poliziotti di fronte alla porta. Non è neppure necessario
un assalto, basterebbe che la folla assiepata nel fondo della piazza, spingesse e
la debole linea protettiva sarebbe spinta all’interno del palazzo. Non c’è nessuno
né del Governo né del Parlamento che è in grado di ordinare lo sgombero della Piazza.
E sembra essere una fortuna che nessuno lo abbia ordinato.

I manifestanti grillini sono tranquilli e non hanno cattive intenzioni. Ma basterebbe
che i loro ospiti, anche in questo caso ben noti e ben conosciuti, spingessero dal
dietro la folla perchè gli estranei potessero arrivare fino all’interno della Camera
ed interrompere l’elezione del loro candidato sgradito. Il Senatore Marra dice di
aver convinto delle persone appartenenti ai centri sociali a non tentare di entrare
in Parlamento. Se le cose stessero così dovremmo veramente ringraziare la prudenza
del Senatore Marra del Movimento 5 Stelle, che ha evitato un atto che avrebbe avuto
gravi conseguenze costituzionali, l’interruzione del principale atto che attiene
ai poteri del Parlamento, e perfino anche una generale sommossa di tutti gli scontenti
verso ogni tipo di istituto.

Grillo non si è fatto vedere e dopo avere acceso il fuoco si è preoccupato di non
provocare l’incendio. Il pomeriggio successivo ha fatto la stessa cosa, in Piazza
dei Santi Apostoli ma il pericolo esiste ancora.

Il buco nero

Ma ritengo che l’allarme più grave sia quello dell’esistenza di un drammatico buco
nero. Nell’osservare la foto ricordo di questo periodo, ahimè storico, si nota un
grandissimo vuoto, la mancanza di una cosa importante, che faceva parte del paesaggio
e che ora non c’è più. Manca una forza, un personaggio, un assieme di speranze e
di volontà, che una volta stava lì, al centro della foto. Sentiamo la mancanza di
un partito reale, fatto di uomini, donne e sentimenti buoni. Un Partito che fosse
espressione e difensore degli ultimi, dei più bisognosi, dei più provati, quindi
un partito di sinistra, ma sempre un partito servizievole ed accorrente, una sinistra
gentile.

Ma un Partito che fosse anche per la Costituzione, per il dovere civile, per l’amore
all’Italia e per il sacrificio necessario alle cose giuste. Quindi un partito di
destra, ma una destra amorevole.

Come si chiamava nelle vecchie foto quella cosa che non c’è più? Non importa ricordarlo,
ma è essenziale che quel vuoto venga di nuovo abitato da uomini di buona volontà.

Bartolo Ciccardini

P.S.: Abbiamo detto più volte che sempre più ci rendiamo conto che la Presidenza
della Repubblica sta assumendo, per necessità o per naturale sviluppo, la forma e
i modi somiglianti ad una repubblica presidenziale. Riteniamo che questi nuovi poteri
ci fossero già nella Costituzione. Tuttavia, in passato, erano limitati dal potere
effettivo e talvolta prevaricatore, dei partiti.

Ma molti cominciano a chiedersi se non sia il caso di regolare con un intervento
costituzionale questi nuovi poteri ed altri ancora, trasformando la nostra repubblica
parlamentare in una repubblica presidenziale o semipresidenziale. Sono convinto e
non da ora, ma da quarant’anni fa, che in questa direzione bisognerà pure andare.
Ma temo che oggi il disegno di una repubblica presidenziale sia invocato da alcuni
per aprire la strada a qualcosa di molto diverso. È lo spirito della riforma che
conta e la figura di un Presidente della che risponda al popolo deve essere un progresso
della democrazia. Non una strada per la dittatura. “Portare tutto il popolo al governo
di se stesso”, era il motto dei presidenzialisti degli anni ’60.

L’autore di queste parole è Alcide De Gasperi.