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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 01 MAGGIO 2024

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Processo Sarah Scazzi, Giangrande: “Perchè si tace sulla Bruzzone?” Domani quarta udienza di appello

Processo Sarah Scazzi, Giangrande: “Perchè si tace sulla Bruzzone?” Domani quarta udienza di appello
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La domanda è sorta spontanea al dr Antonio Giangrande che sulla vicenda di
Avetrana ha scritto il libro ed il sequel “Sarah Scazzi. Il Delitto di
Avetrana, Il resoconto di un Avetranese”. Questione importante, quella
sollevata da Antonio Giangrande, in quanto se fondata, mette in una luce
diversa il rapporto tra la stessa dr.ssa Bruzzone e Michele Misseri, suo
accusatore.

Veniamo alla notizia censurata dai media.

La criminologa Roberta Bruzzone vittima di stalking, si legge su “ net1news”
dal 12 gennaio 2015. “La criminologa e psicologa Roberta Bruzzone ha
denunciato il suo ex fidanzato per stalking. Proprio grazie alla sua
professione, la donna si è spesso occupata di vittime di molestie e
persecuzioni e mai forse avrebbe pensato di vivere tutta quell’angoscia in
prima persona. Roberta Bruzzone che conduce una trasmissione sul canale
tematico del digitale terrestre “real time” è ormai un volto noto essendo
spesso ospite nei salotti televisivi in qualità di esperta della materia. La
donna è però entrata a far parte della folta schiera di vittime di molestie.
A perseguitarla, l’ex fidanzato, appartenente alle forze dell’ordine che
dopo una relazione durata cinque anni, chiusasi nel 2008 ha cominciato a
tormentarla. Telefonate, sms, ma anche pedinamenti e agguati veri e propri:
“E’ arrivato a puntarmi una pistola alla tempia – ha confessato la
criminologa – è pericoloso”. La Bruzzone ha denunciato il suo ex per ben
sette volte. L’uomo ha anche diffuso calunnie sul suo conto via internet.
Ora pare le cose vadano meglio. Sulla questione ci sono degli
aggiornamenti. A riferirle a Net1 News tramite raccomandata sono i legali
dell’interessato, secondo cui la dottoressa Bruzzone per le sue
dichiarazioni ai media è stata rinviata a giudizio per diffamazione
aggravata: la prima udienza del processo è stata fissata per quest’anno. Al
processo, sempre secondo quanto riferisce la raccomandata ricevuta, si
costituiranno parte civile alcune associazioni a tutela delle donne.”

A quanto pare l’interessato, che sembra abbia presentato varie
controquerele, si lamenta del fatto che il perseguitato è proprio lui e che
ciò sia fatto per screditarlo dal punto di vista professionale, perché
entrambi i soggetti svolgono la stessa professione, anche con comparsate in
tv.

Visionando l’atto pubblico si anticipa già che il processo a carico della
Bruzzone avrà vita breve. Non perché non sia fondata l’accusa, la cui
fondatezza non mi attiene rilevare, ma per una questione tecnica. I tempi
adottati per la fissazione della prima udienza e il fatto che vi è un errore
di procedura da parte del Pm (non si è rilevato il possibile reato di
calunnia continuato e quindi si è saltata la fase dell’udienza preliminare)
mi porta a pensare che la prescrizione sarà l’ordinario esito della vicenda
italica. Comunque un Decreto di Citazione a Giudizio diretto presso un
Tribunale Monocratico contiene già di per se il seme del dubbio sul
carattere della persona incriminata. Sospetto insinuato proprio da un
magistrato e per questo credibile, salvo enunciazione di assoluzione
postuma.

A me non interessa la vicenda in sé. Sarà la magistratura, senza
condizionamenti, a decidere quale sia la verità. E sarà, comunque, la
persona offesa dalla diffamazione in oggetto a dire la sua anche sul
comportamento di alcuni organi di stampa citati in querela. Il
professionista, noto perché svolge la stessa professione della Bruzzone, non
cerca pubblicità, anche se, per amor di verità, è citatissimo sul blog di
Roberta Bruzzone. In questa sede una cosa, però, mi preme rilevare. Dove
sono tutti quei giornalisti che per la Bruzzone si stracciano le vesti,
riportando a piè sospinto su tutti i media ogni sua iniziativa, mentre
questa notizia del suo rinvio a giudizio non è stata ripresa da alcuno? Che
ciò possa inclinare la sua credibilità e minare l’assunto per il quale
Michele Misseri non abbia avuto alcun condizionamento nell’accusare la
figlia Sabrina?

Oltre tutto la dr.ssa Bruzzone non ha gli stessi trattamenti di riguardo in
Fori giudiziari che non siano Taranto.

A scanso di facili querele si spiega il termine “di riguardo” usato,
riportandoci alle dichiarazioni del 19 marzo 2013 fatte dall’avv. di Sabrina
Misseri, Franco Coppi: «Come si può definire priva di riscontri la
confessione di un uomo che fa trovare il cadavere e il telefonino della
vittima?», ha detto ancora Coppi. «Le motivazioni della successiva
ritrattazione – ha aggiunto – rivalutano la confessione di Misseri come
unica verità. La confessione del 6 ottobre 2010 spiazza i pubblici ministeri
che già si erano affezionati alla pista che porta a Sabrina Misseri. Mi
chiedo se quel metodo di indagine non sia contrario allo spirito del codice
di procedura penale. I mutamenti di versione da parte di Michele avvengono
quasi sempre dopo sospensioni di interrogatorio e su richiesta del
difensore, anche con qualche aiuto involontario di quest’ultimo». Esempio,
ha detto Coppi, l’interrogatorio in carcere di Michele Misseri del 5
novembre 2010, in cui l’agricoltore accusa la figlia Sabrina del delitto, e
«al quale non si comprende a quale titolo partecipa la criminologa Roberta
Bruzzone quale consulente di parte». «Michele è scaltro – ha aggiunto – e
coglie l’occasione per accusare la figlia. C’è stata un’opera di persuasione
efficace nei suoi confronti. E poi perché non dice nulla su quello che per
gli inquirenti sarebbe il vero movente dell’omicidio, non dice nulla
sull’arrivo di Mariangela, sulla moglie, e non basta dire, come fanno i
pubblici ministeri, che lui non sapeva nulla perché non era in casa al
momento del delitto».

Ecco, quindi, che a proposito dei diversi trattamenti riservati a Roberta
Bruzzone si cita Savona. A Savona il tanto atteso colpo a sorpresa della
parte civile non è arrivato, scrive “Il Secolo XIX”. Anzi. L’irruzione nel
processo per il delitto di Stella della notissima criminologa genovese
Roberta Bruzzone, è stato bloccato sul nascere dal giudice delle udienze
preliminari Emilio Fois che ha respinto l’istanza del legale di Andrea
Macciò, ucciso con un colpo di fucile al cuore il 13 dicembre 2013 da
Claudio Tognini, di un incidente probatorio per la verifica dello stato dei
luoghi dove si è consumato il dramma. L’obiettivo della parte civile sarebbe
stato quello di cercare tracce ematiche nella cucina di Alessio Scardino, il
proprietario del fucile che ha sparato e dell’alloggio, per arrivare ad una
nuova ricostruzione dei fatti. Se il pubblico ministero Chiara Venturi non
si è opposta alla richiesta, ci ha pensato il giudice a rigettarla.

LA VERITA’ NON VI VERRA’ MAI DETTA… QUESTA E’ L’UNICA CERTEZZA!!!

Che questo accadesse, diciamocela tutta: non avevamo dubbi, scrive
“Informare per resistere”. Ma che a dirlo e spiattellarlo ai 4 venti, fosse
una giornalista Rai…Beh non lo avremmo mai pensato. La donna in questione è
Elisa Ansaldo. Lei stessa ha reclamato e si è battuta per i diritti ad
un’informazione giusta e veritiera! Cosa che in Rai non accadeva e non
accade neppure adesso!! Nelle 2006 e nel 2007 conduce la sezione
giornalistica durante le due edizione di Unomattina. Poi nel Settembre 2008
passa alla conduzione del TG1 della notte. Il 25 maggio 2011, in polemica
con il direttore Augusto Minzolini, annuncia il suo ritiro da conduttrice
del TG1, contestando il fatto che esso violerebbe i più elementari doveri
dell’informazione pubblica come equilibrio, correttezza, imparzialità e
completezza dell’informazione seguendo di circa un anno la medesima
decisione della collega di redazione e amica Maria Luisa Busi. La stessa
Elisa Ansaldo aveva affermato: “Per motivi professionali e deontologici non
ritengo più possibile mettere la faccia in un tg che fa una campagna di
informazione contro”. Solo nel 2013 torna alla conduzione del TG1
conducendo: prima l’edizione delle 17, poi quella delle 13:30. E’ proprio
nel periodo della sua pausa giornalistica Rai che la stessa giornalista ha
manifestato pubblicamente il suo disappunto nei confronti di una testata
giornalistica, quale il TG1. Privo di veridicità e fondamenti basati sulla
lealtà alla notizia… Insomma, la giornalista Elisa Ansaldo non le ha mandate
a dire a nessuno e non ha accettato il modus operandi della Rai, in quanto
non conforme alle leggi ma soprattutto determinato a celare, nascondere e
modificare la notizia. Ha reclamato il diritto all’informazione:
un’informazione corretta, integrale e non censurata. – “In Rai si ha paura
della notizia, e le cose accadono sempre dove noi non siamo…Nella case,
nelle industrie, nelle carceri, nella aziende…Guarda caso noi siamo da
un’altra parte – e continua polemizzando – Chi si poteva immaginare che le
gente comune si trovava a combattere con la disoccupazione, i licenziamenti
e la cassa integrazione. Che esiste il problema del precariato nelle scuole.
Invece no…Noi pensavamo che a voi questo non interessasse…Credevamo che
voleste sentir parlare di Michele e Sabrina Misseri, Sara Scazzi, e Yara…
Insomma di tutto lo spettacolo montato intorno a queste povere ragazze”.
Ascoltate l’intero intervento della giornalista Elisa Ansaldi e capirete
molte cose… Il video è caricato in fondo all’articolo!
A nostro avviso, la situazione è grave. E i politici vogliono la nostra
disinformazione perchè è comoda. Solo così possono continuare ad operare
indisturbati. E’ proprio per questo che noi stessi non seguiamo più
l’informazione che viene passata dalla tv. Che sia pubblica o privata, esse
è un’ informazione corrotta e manipolata. Non è un’informazione che nasce
per informare, ma è determinata a disinformare!!!

Così come è rimasto nel dimenticatoio ogni riferimento alle querele fatte
dalla famiglia Scazzi contro i media a tutela della loro immagine e della
loro Privacy.

Giallo di Avetrana, un vastese querelato da Claudio Scazzi, scrive
Natalfrancesco Litterio su “Zona Locale. Non è passata inosservata la
presenza presso il Tribunale di Vasto di Claudio Scazzi, fratello di Sarah,
la ragazza vittima di quello che è stato chiamato “il giallo di Avetrana”,
per cui sono state condannate all’ergastolo Cosima Serrano e Sabrina
Misseri. La giovane, come si ricorderà, era stata ritrovata senza vita
all’interno di un pozzo e proprio un’immagine del cadavere all’interno del
luogo del ritrovamento sarebbe al centro della vicenda giudiziaria che ha
portato il fratello Claudio a Vasto. Il giovane, infatti, avrebbe denunciato
tre testate, Il Corriere della Sera ed Il Corriere del Mezzogiorno, dove
scrive come corrispondente locale Nazareno Dinoi de “La Voce di Manduria”, e
un vastese per aver pubblicato su internet, sembrerebbe su un blog, la foto
raffigurante il cadavere all’interno del pozzo. Il Tribunale di Milano,
quindi, ha passato il procedimento a quello di Vasto, per quanto di sua
competenza, e oggi si è tenuta l’udienza in cui è stata sentita la parte
offesa, quindi lo stesso Claudio Scazzi, assistito dall’avvocato Nicodemo
Gentile, del Foro di Perugia. Ad assistere l’imputato, invece, l’avvocato
Angela Pennetta. La prossima udienza è stata fissata per il 24 aprile 2015.

La drammatica morte di Sarah Scazzi ha avuto uno strascico giudiziario anche
a Vasto, scrive “Il Nuovo”. Ecco perché la presenza al tribunale di Vasto
del fratello della povera ragazza, Claudio Scazzi, non è passata
inosservata. Il titolare di un blog locale, Alessandro Oliveri, vastese, è
stato querelato dallo Scazzi per “aver pubblicato subito dopo il
ritrovamento della vittima fotografie dal contenuto raccapricciante, che
mostravano il cadavere di Sarah.” Quelle foto, secondo l’accusa, avrebbero
provocato disagio e malessere nei familiari della vittima. Ieri mattina,
sentite le parti, il giudice ha aggiornato l’udienza al prossimo 24 aprile.
Il giovane vastese è difeso dall’avvocato Angela Pennetta del foro di Vasto.

Ed ancora “Foto di Sarah blogger vastese querelato”. La tragica morte di
Sarah Scazzi ha avuto uno strascico giudiziario anche a Vasto. Il titolare
di un blog, Alessandro Oliveri, vastese, è stato querelato dalla fratello
della ragazza di…, scrive P.C. su “Il Centro”. La tragica morte di Sarah
Scazzi ha avuto uno strascico giudiziario anche a Vasto. Il titolare di un
blog, Alessandro Oliveri, vastese, è stato querelato dalla fratello della
ragazza di Avetrana uccisa barbaramente. L’accusa è «avere pubblicato subito
dopo il ritrovamento della vittima fotografie dal contenuto raccapricciante,
che mostravano il cadavere di Sarah». Quelle foto, secondo l’accusa
avrebbero provocato disagio e malessere nei familiari della vittima. Ieri
mattina l’indagato è comparso davanti al giudice per le indagini
preliminari. Ad assisterlo l’avvocato Angela Pennetta. In aula era presente
Claudio Scazzi, fratello della ragazzina di Avetrana insieme al proprio
legale di fiducia, l’avvocato Antonio Cozza del foro di Perugia. L’avvocato
Pennetta ha rimarcato che il blog si limitò all’epoca dei fatti a riportare
una foto che era comparsa su altre testate nazionali di maggiore prestigio.
Le foto quindi non furono carpite ad alcuno né pare vi fosse nel
responsabile del blog l’intenzione di fare uno scoop. Il dolore della
famiglia Scazzi tuttavia fu grandissimo ed è ancora tale. Le presunte
responsabili di quella morte atroce sono in carcere ma la vicenda
giudiziaria è ancora in corso. E altre “costole” del processo cardine sono
in itinere. Una anche a Vasto. Ieri mattina, sentite le parti il giudice ha
aggiornato l’udienza al prossimo 24 aprile. Quel giorno Claudio Scazzi è
intenzionato a tornare.

Giornalisti in galera, scrive Umberto Brindani il direttore di Oggi. Pochi
giorni fa, potevo finire in galera anch’io. D’accordo, non è del tutto vero,
ma mi sembra un buon incipit, forse sufficiente a convincervi a non girare
immediatamente pagina. Da qualche settimana si ragiona del caso Sallusti
(condannato a 14 mesi in via definitiva) e della questione dei giornalisti
in carcere. So benissimo che alla maggior parte di voi, come dicono a Roma,
non gliene potrebbe fregare di meno. E anzi, forse molti di coloro che non
fanno parte della categoria, o della corporazione, qualche «pennivendolo»
dietro le sbarre in fondo ce lo vedrebbero con gusto. Ma ne parlo perché la
libertà di stampa, e cioè la libertà di esprimere il proprio pensiero, è il
fondamento di ogni democrazia. E, se si manda in prigione una persona per
aver scritto o detto qualcosa, è la democrazia stessa che comincia a
incrinarsi, travolgendo poi, a poco a poco, la libertà di tutti. Per
capirlo, basta leggere il nuovo, meraviglioso libro di Salman Rushdie
(Joseph Anton, Mondadori, appena uscito). Joseph Anton è il nome falso che
lo scrittore anglo-indiano dovette assumere per salvare la propria vita
dalla fatwa dell’ayatollah Khomeini. Il libro racconta i suoi anni da «uomo
invisibile», prigioniero in casa (in case sempre diverse), zittito,umiliato,
minacciato, ricercato da squadre della morte. La sua colpa? Aver scritto I
versetti satanici, un’opera sgradita agli islamici radicali. Rusdhie scrisse
un libro, loro decisero di ucciderlo. in confronto a questa storia il caso
Sallusti fa ridere. E il mio caso fa addirittura scompisciare. È successo
che tempo fa abbiamo pubblicato un articolo su Claudio Scazzi (il fratello
della povera Sarah, assassinata ad Avetrana) e una sua visita presso Lele
Mora nell’ambito della quale i due avevano parlato anche della possibilità
che il ragazzo facesse televisione. Scazzi si è sentito diffamato e ha
querelato. La settimana scorsa, il pubblico ministero ha chiesto per me e il
collega autore del pezzo una pena incredibile: due anni e sei mesi di
galera! Per fortuna il giudice l’ha vista diversamente. Siamo stati assolti
perché il fatto non sussiste (cioè abbiamo raccontato la verità) e comunque
perché il fatto non costituisce reato (cioè, se anche avessimo inventato,
non avremmo diffamato nessuno). Bene, per ora pericolo scampato. Qualcuno
potrebbe trovare assurdo, o quanto meno esagerato, che venga chiesta
ufficialmente una reclusione di due anni e mezzo per una vicenda così
minuscola. Chissà che pena avremmo rischiato se avessimo scritto cose
davvero pesanti, davvero diffamatorie. Eppure, il pm ha fatto il suo: ha
chiesto una pena prevista dalla legge. già, la legge. Ecco il punto. In
queste ore, proprio per «salvare il soldato Sallusti» si discute di un
decreto che elimini la galera per i giornalisti. Ma, sostiene tra gli altri
l’avvocato Caterina Malavenda (co-autrice di un bel libro appena uscito: Le
regole dei giornalisti, Il Mulino), se si moltiplicano le pene pecuniarie
viene comunque messa in pericolo la libertà di stampa, perché non sempre
giornalisti ed editori avranno i soldi per risarcire. E quindi i cronisti
preferiranno auto-censurarsi. Insomma, la questione è aperta. Mi viene però
un dubbio. Non sarà che alcuni vengono assolti e altri condannati solo
perché i primi hanno semplicemente scritto la verità?

Intanto Concetta Serrano ha ritirato la querela nei confronti di Fabrizio
Corona per violazione di domicilio. La madre di Sarah Scazzi, Concetta
Serrano, ha ritirato la querela per violazione di domicilio nei confronti
del fotografo dei vip Fabrizio Corona. Secondo quanto denunciato dalla mamma
della ragazzina uccisa ad Avetrana (Taranto), Corona si era introdotto nella
sua abitazione il 26 febbraio del 2011. La donna aveva sentito dei rumori e
se l’era trovato davanti. Lui si era accomodato in cucina, aveva tirato
fuori un registratore dicendole di volerla intervistare. In cambio le
offriva fino a 100mila euro. Era ora di pranzo. Concetta sentì dei rumori
provenire dalla camera da letto e nel corridoio di casa si trovò davanti
Corona. “E tu che ci fai qui?” disse la donna rimanendo pietrificata. “Come,
non mi riconosci?” fu la risposta del fotografo. Corona chiese un bicchiere
d’acqua ed in cucina accese un registratore spiegando a Concetta di essere
lì per un’intervista che era pronto a pagare anche 50-100mila euro. Poco
dopo arrivò a casa Scazzi la giornalista Filomena Rorro che aveva un
appuntamento con Concetta. Ad aprire la porta di casa fu Fabrizio Corona.
L’udienza che era prevista oggi 17 dicembre 2014 in tribunale quindi è stata
cancellata; il paparazzo ha chiesto scusa alla Serrano e l’ha risarcita con
qualche migliaia di euro. L’udienza, inizialmente fissata a marzo, poi
slittata a luglio ed infine ad oggi, è stata cancellata perché Concetta
Serrano, la mamma di Sarah Scazzi, la quindicenne strangolata nell’agosto
2010, ha ritirato la querela per violazione di domicilio in virtù di un
accordo transattivo. Fabrizio Corona ha chiesto scusa a Concetta e versato
un risarcimento di qualche migliaia di euro.

I guai di Corona con il tribunale di Taranto, però, non si sono limitati
solo a questo episodio. Il chiacchieratissimo fotografo è stato anche
condannato in primo grado dal giudice Benedetto Ruberto a 5 mesi per aver
partecipato ad un’ospitata in discoteca a Martina Franca, in provincia di
Taranto, violando gli obblighi di sorveglianza speciale a cui era sottoposto
per altri procedimenti penali a suo carico, scrive “La Presse”. “Concetta
non ha mai avuto intenzione di vendicarsi o perseguitare Corona – spiega uno
dei suoi legali Luigi Palmieri – ha sempre detto di volersi occupare solo
del processo che riguarda l’omicidio della figlia”. Non mi piacciono i
giochetti, non cerco lo scoop ad ogni costo” diceva, nell’ormai lontano
2011, Alessandra Borgia la protagonista, insieme a Barbara D’Urso dell’ormai
famoso e triste siparietto organizzato con il cacciatore che trovò il
cadavere del piccolo Loris nelle campagne di Santa Croce Camerina. Parole
che stridono con questo spettacolo scoperto da Striscia la notizia, scrive
“Blitz Quotidiano” il 18 dicembre 2014.

Alessandra Borgia, inviata a Santa Croce di Camerina per la trasmissione
della D’Urso, ha infatti finto di incontrare casualmente il cacciatore
Orazio Fidone, l’uomo che ha trovato il cadavere di Andrea Loris Stival. In
realtà era tutto preparato. Il fuori onda di Striscia svela infatti che la
giornalista e il cacciatore avevano un segnale convenuto per l’ingresso in
scena dell’uomo. Nel 2011, intervistata da Infilitrato.it, invece Alessandra
Borgia tutt’altra etica professava: “C’è una linea sottilissima che in
questi casi è molto difficile non superare, perché magari vuoi trovare
quella notizia in più per poter arrivare ad una possibile verità. Però io
dico sempre che l’accanimento della redazione su un fatto di cronaca succede
perché effettivamente c’è morbosità anche da parte del pubblico. È come se
la gente volesse fare un vaccino comune attraverso queste situazioni, per
capire da chi dobbiamo stare attenti e di chi dobbiamo preoccuparci. Le
persone sono molto spaventate, ecco perché si legano in maniera quasi
morbosa a queste vicende: tracciano identikit per autodifesa. Sarah Scazzi,
Yara sono ragazze che fanno una vita normale, senza grilli per la testa e
che vengono coinvolte in situazioni che nessuno si aspetterebbe. E questa
normalità fa sì che il pubblico riveda in loro un proprio familiare, una
nipote, una figlia, una vicina di casa. Ecco da dove nasce il legame
morboso”.

Morbosità, però, non deve essere colpevolismo e comunque mai essere
manipolazione della verità.

Dr Antonio Giangrande

Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia