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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 30 APRILE 2024

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Pippo Fava e Peppino Impastato, quel 5 gennaio dove uno viene ucciso e l’altro nasce, nel nome del coraggio e della verità Uno con il "tesserino" per necessità e l'altro che del tesserino non gliene fregava nulla, d'altronde "Chi fa il cronista con tenacia, coraggio, scarpe e suole consumate, non ha bisogno di tesserini"

Pippo Fava e Peppino Impastato, quel 5 gennaio dove uno viene ucciso e l’altro nasce, nel nome del coraggio e della verità Uno con il "tesserino" per necessità e l'altro che del tesserino non gliene fregava nulla, d'altronde "Chi fa il cronista con tenacia, coraggio, scarpe e suole consumate, non ha bisogno di tesserini"
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Il cinque di gennaio sembrerebbe un giorno qualunque, uno di quei giorni in cui le luci natalizie hanno i minuti contati, quasi stanchi, apatici e privi dello spirito iniziale. Anche loro non vedono l’ora di essere riposti dentro una scatola per stare chiusi fino al prossimo Natale.
Quel cinque gennaio di trentasei anni fa veniva ucciso un uomo che non si era stancato di vivere e non volevo essere “spento” e chiuso al buio in silenzio come le luci natalizie. Si chiamava Pippo Fava ed era un giornalista, di quelli veri che si piegava al padrone di turno, anzi lo sfidava a viso aperto. Si ribellava quando questi volevano imporgli la propria linea editoriale e lo faceva anche con il rischio di finire in mezzo a una strada. Non era alla mercé dell’editore di turno né un adulatore come quelli che si vedono in giro che hanno le idee in base all’editore che li paga. Che sono giustizialisti o garantisti a seconda della provenienza dei soldi dello stipendio. Molti se ne vedono a livello locale che si riempiono la bocca di essere giornalisti con il tesserino per poi vendersi al primo editore con l’arguzia della lingua e senza pudore del culo da leccare. Nei fatti il tesserino di giornalista non è altro che un retaggio del fascismo e nulla più, se non oggi, gonfiare e tenere all’inpiedi dei carrozzoni e che si spera vengono aboliti in quanto c’è già l’art. 21 della Costituzione che ampiamente consente cronata e critica per tutti i cittadini italiani…
Una delle sue frasi famose fu, “A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?”, la rivolgo ai tanti cronisti, giornalisti che oggi vantandosi di un “tesserino” utilizzano impropriamente la parola verità, lotta, passione, addirittura si immedesimano in celebrazioni utilizzando uomini come Fava a porre in essere la loro missione lavorativa, ma che hanno il coraggio di una pecora che ruggisce, il nulla mischiato con la tazza del cesso, il luogo più consono dei vigliacchi, dei cacasotto che non vogliono guastarsela con nessuno, però si spacciano giornalisti “con il tesserino”. Analfabeti seriali i quali hanno la grammatica in seria conflittualità con l’essenza stessa del loro vivere. Sia a livello locale per poi andare oltre e oltre ancora. Il figlio Claudio anch’esso giornalista d’azione e coraggioso, antimafioso per vocazione e di nascita in una recente intervista disse, “Il tesserino non serve a niente, il vero giornalismo si fa con coraggio e onestà”, appunto, “coraggio” e “onestà”, non solo morale ma anche intellettuale.
Pippo Fava fu ucciso di sera, ammazzato come un cane e poi fatto passare inizialmente come un delitto passionale, le indagini seguenti hanno portato alla luce che anche a Catania c’era Cosa nostra quella di Nitto Santapaola, una mafia silenziosa che faceva i suoi traffici con ambienti altolocati e che lo stesso Fava scriveva nel suo giornale, fondato da lui, “I Siciliani”. La morte di Pippo Fava fu l’inizio di quello che poi accadde nella Sicilia a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, la mafia era una piovra che con i suoi tentacoli soffocava l’isola e la sua eterna bellezza.
Il cinque gennaio è anche un altro giorno per chi ama il coraggio e l’onestà, quel coraggio senza filtri di un giovane che nasceva 72 anni fa. Oggi se Peppino Impastato non fosse stato ucciso quel 9 maggio del 1978, sei anni prima del barbaro omicidio di Fava. Quest’ultimo con il tesserino per necessità, mentre il ragazzo che si batté contro la “montagna di merda”, il tesserino non ce l’aveva, ma in compenso era armato di coraggio, ricerca della verità e onestà.
Peppino Impastato come Mauro Rostagno, ragazzi che sono stati uccisi perché “facevano giornalismo di altissimo impatto, qualità e valore civile”.
“Chi fa il cronista con tenacia, coraggio, scarpe e suole consumate, non ha bisogno di tesserini”, ha detto Gigi Di Fiore grande saggista napoletano autore di molti libri.
Ecco, quando tutti quanti noi condividiamo frasi di Pippo Fava o di Peppino Impastato come “La mafia uccide, il silenzio pure” o “Se si insegnasse la bellezza alla gente, la si fornirebbe di un’arma contro la rassegnazione, la paura e l’omertà”, ecco appunto l’omertà, il silenzio, il coraggio di dire le cose alzando le tapparelle e manifestare il proprio pensiero senza paura anche se la stessa ci assale, guai se non ci fosse perché non faremmo parte dell’umanità.
Personalmente se dovessi proporre una sanzione la darei a quelli che hanno il tesserino, come se fosse chissà che cosa e nei loro atteggiamenti sporcano la memoria di chi anche senza quel tesserino di giornalista ce l’ha, non solo li radierei, ma metterei il marchio di “cagasotto sociale”, inutile e dannoso.