Oggi e domani saranno due giornate di memoria e impegno civile per tutto
il nostro Paese e per la nostra città. Oggi ricordiamo i venticinque anni
dalla strage di Capaci, un buco nero nella storia del nostro Paese sulla
quale ancora oggi gravano terribili silenzi e ombre inquietanti, che segnò
il momento più drammatico della lotta spietata di Cosa Nostra allo Stato
italiano. In quella strage furono uccisi il magistrato Giovanni Falcone,
sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Vito Schifani,
Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Domani ricorderemo i due netturbini
Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte, i nostri indimenticabili
concittadini uccisi barbaramente all’alba del 24 maggio 1991 mentre
svolgevano il loro lavoro. E’ significativo che, nel contesto di questi due
anniversari, proprio questa mattina sia stato dato un altro colpo decisivo
con l’operazione Crisalide ad alcune cosche della ‘ndrangheta lametina, che
per decenni hanno insanguinato la nostra città. Grazie e ancora grazie a
tutti gli uomini e le donne, delle Forze dell’Ordine e della magistratura,
che in questi anni hanno inflitto colpi di portata storica alla criminalità
organizzata sul nostro territorio. In questi giorni in cui facciamo
memoria di chi ha pagato con la vita la lotta intransigente alla mafia e
alle sue tante articolazioni, voglio esprimere solidarietà e vicinanza a
Rocco Mangiardi che, come egli ha stesso dichiarato, è rimasto bloccato
ieri sera all’aeroporto di Malpensa senza protezione. Non è la prima volta
che succede. Ed è inaccettabile. Non è credibile uno Stato che celebra i
morti di mafia e lascia soli chi la mafia l’ha combattuta non con le
parole, ma con i fatti e puntando il dito. Per questo rivolgo un appello
perché situazioni come queste non si ripetano e Rocco Mangiardi si veda
sempre garantita la protezione prevista per i testimoni di giustizia.In questo contesto, nei giorni scorsi, attraverso una mozione, ho proposto
all’amministrazione comunale l’intitolazione di un luogo della nostra città
a Gennaro Ventura, il carabiniere e fotografo lametino ucciso il 16
dicembre 1996 da alcuni affiliati alle cosche della ‘ndrangheta lametina, i
cui resti sono stati ritrovati dopo oltre 10 anni in un casolare di
campagna. Finalmente, dopo anni e anni di silenzio, nelle scorse settimane
è stata fatta giustizia. I responsabili del barbaro assassinio e della
sparizione del cadavere di Gennaro Ventura sono stati condannati. E’ perciò
un dovere per la nostra comunità ricordarlo anche attraverso un simbolo,
come quello di un’intitolazione, che ne custodisca la memoria e lo indichi
ai giovani lametini come esempio da seguire nell’amore alla vita, nella
passione per il suo lavoro, di uomo e carabiniere che, come gli stessi
magistrati hanno dichiarato, è stato ucciso per aver fatto fino in fondo il
proprio dovere, senza compromessi. A questo siamo chiamati anche noi, come
cittadini: fare fino in fondo il nostro dovere, senza compromessi, verso la
nostra coscienza e verso la comunità. La testimonianza e il sacrificio di
Gennaro, Falcone e gli uomini della sua scorta, di Pasquale Cristiano e
Francesco Tramonte e di tante e tanti altri, oggi ci consentono di vivere
in una Lamezia e in un’Italia migliore, e sono un monito costante per tutti
noi.
Rosario Piccioni, consigliere comunale di Lamezia Terme