Nonostante si sia da un pezzo nel terzo millennio e l’informatizzazione delle procedure
sia ormai la regola, anche il sol tentare di spedire un pacco o un plico attraverso
Poste Italiane o corriere in qualsiasi periodo dell’anno può rivelarsi non solo
impresa molto costosa, ma soprattutto inutile, perché dopo la fila allo sportello
postale, la maniacale attenzione che tanti dedicano all’imballaggio e infine costi
di spedizione sempre più onerosi, si rischia letteralmente di veder sparire nel
nulla il «pacco». Non ne parliamo poi nel periodo delle Festività Natalizie quando
di migliaia di piccoli e grandi doni accompagnati dal pensiero che una volta giunti
a destinazione avrebbero potuto allietare e far sentire un po’ più a casa o a manifestare
affetto o stima, chi sta lontano centinaia o addirittura migliaia di chilometri,
se ne perde completamente traccia. Ciò, nonostante, la tracciabilità elettronica
e, magari, anche il pagamento di un supplemento per la consegna veloce perché si
sperava che il collo, carico di un piccolo pensiero o di ogni ben di Dio arrivasse
nelle mani della persona cara o stimata giusto in tempo per la Festa. E proprio dai
casi emblematici, che insieme ai tanti che sono giunti nei giorni scorsi all’attenzione
dello “Sportello dei Diritti”, vogliamo testimoniare attraverso il racconto
di uno di questi, il grande disservizio cui siamo costretti noi italiani, specialmente
in questo periodo, in cui aumentano a dismisura le spedizioni e di conseguenza le
defaillance da parte di Poste Italiane e spedizionieri vari. Nei primissimi giorni
di dicembre, per la precisione il 4, la nonna di Matteo, da poco nato nei pressi
di Manchester in Inghilterra da mamma italiana, aveva ben pensato di preparare un
pacco pieno di regali per il nuovo nato e sua madre. Con tutta la cura del mondo
aveva deciso di spedirlo tramite Poste Italiane consegnandolo ad uno sportello di
Lecce che poi, com’è noto si affida a SDA, società del Gruppo per le operazioni
materiali di spedizione. Si tratta di un bel plico, di quasi 15 chili, preparato
da una mamma del Sud per la propria figlia emigrata e poi realizzatasi all’estero
e diventata da poco a sua volta mamma, imballato a regola d’arte, e dopo averlo
etichettato con tutte le indicazioni corrette di mittente e destinataria, comprensive
di numeri telefonici vari, per ogni eventualità, paga 37 euro, convinta che, non
può non arrivare entro la settimana di Natale. Almeno così dovrebbe essere, perché
viene anche rassicurata che pagando un supplemento si sarebbero ridotti anche i tempi.
Ma così non è, purtroppo. Dopo quel 4 dicembre è iniziata un’odissea per quel
pacco. La consegna, sinora, non è mai stata effettuata e in Inghilterra, mamma e
papà del piccolo Matteo se ne sono fatti quasi una ragione perché nonostante le
rassicurazioni iniziali non arriva nessun avviso, nessuna spiegazione né da parte
di Poste Italiane né da SDA. Ovviamente mittente e destinatario controllano in continuazione
da quei primi giorni di dicembre il cosiddetto tracking online di quel plico, che
purtroppo risulta virtualmente bloccato in uno dei centri di spedizione italiani.
Solo virtualmente. E così avviano una lotta surreale per avere quantomeno informazioni.
Chiamano al numero dedicato, ma, beffa delle beffe la chiamata risulta a pagamento.
Si tratta di un 199 i cui costi variano dai 5,67 ai 14,49 centesimi al minuto a seconda
del giorno e della fascia oraria della telefonata. Insomma, alla fine, passato il
Natale, viene quasi da gettare la spugna perché quei doni, quando arriveranno, se
arriveranno, al di là del loro valore materiale, non avranno più lo stesso senso
di quelli che si potevano scartare sotto l’albero. Non si tratta, purtroppo, di
un caso isolato, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, ma di uno dei migliaia di casi di pacchi smarriti che si continuano a verificare
nonostante il miglioramento delle tecnologie e delle tecniche di spedizione. Non
bisogna mai dimenticare, che Poste Italiane, SDA, o qualsiasi spedizioniere, in qualità
di vettore è responsabile civilmente ai sensi dell’articolo 1693 del codice civile
della perdita o deterioramento del bene consegnatoli. In quanto tale, il vettore
diviene custode del bene sol perché lo riceve. Per sottrarsi da questo tipo di responsabilità,
lo spedizioniere non deve dimostrare di aver agito con diligenza ma fornire una prova
negativa, vale a dire che la perdita del bene sia dipesa da caso fortuito, dalla
natura o dai vizi delle cose stesse o dal loro imballaggio, o dal fatto del mittente
o da quello del destinatario. È bene, quindi, sottolineare che il mittente, il destinatario
o persona da essi delegata, in caso di smarrimento o danneggiamento del plico, sono
legittimati a rivolgere un reclamo alle Poste nel termine di tre mesi decorrenti
dalla data di spedizione; le Poste dovranno fornire una risposta nei 45 giorni successivi
alla ricezione del reclamo. In caso di perdita totale del bene, il destinatario ha
diritto ad ottenere il rimborso delle spese di spedizione e, a seconda della tipologia
di spedizione, ha altresì diritto di vedersi riconosciuto il valore dichiarato del
bene. Nel caso in cui non si ottenga risposta o venga negato il rimborso, o quello
proposto non sia ritenuto congruo, si può adire l’autorità giudiziaria, previo
esperimento dell’invito a negoziazione assistita, invocando la responsabilità
per inadempimento. Sono troppi, però coloro che rinunciano a qualsiasi tipo di azione
un po’ per rassegnazione, un po’ per inerzia o per disinformazione. Ecco perché
noi dello “Sportello dei Diritti”, dopo le decine e decine di segnalazioni
ricevute in questo periodo siamo pronti ad assistere tutti gli utenti che lamentano
un analogo trattamento.