Il provvedimento custodiale emesso dal G.i.p. presso il Tribunale di Messina ha riguardato 94 soggetti (48 in carcere e 46 agli arresti domiciliari) il sequestro di n. 151 imprese, conti correnti, rapporti finanziari e vari cespiti. Agli indagati sono contestati, a vario titolo, i seguenti reati previsti e puniti dagli artt. 416 bis (associazione per delinquere di stampo mafioso), 424 (danneggiamento seguito da incendio), 468 (uso di sigilli e strumenti contraffatti), 476 (falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico), 479 (falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico), 512 bis(trasferimento fraudolento divalori), 629 (estorsione), 640 bis(truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche) e 648 ter(impiego di denaro, beni ed utilità di provenienza illecita) del codice penale.Nella piena consapevolezza di trovarsi in una fase cautelare che solo attraverso il contraddittorio tra le parti e le decisioni di Giudici ulteriori e diversi rispetto al G.I.P, si trasformerà in una decisione definitiva in ordine alle responsabilità sino ad ora emerse, l’entità dell’azione investigativa svolta, le dimensioni necessariamente pubbliche dell’esecuzione della misura cautelare eseguita, le caratteristiche in termini di ricaduta economica e di fenomeni interessanti il territorio, impongono di dare succintamente conto del contenuto delle indagini sino ad ora svolte.Il procedimento convenzionalmente definito“Nebrodi”è il frutto di due diverse deleghe di indagini -che la DDA di Messina ha affidato alG.I.C.O. della Guardia di Finanza di Messina, ed ai Carabinieri delR.O.S., del Comando Provinciale di Messinae del ComandoTutela Agroalimentare -entrambe relative al territorio dei Nebrodi.L’indagine delegata alR.O.S. ha consentito di ricostruirel’attuale assetto e operatività del clan dei “BATANESI”,diretto da BONTEMPO Sebastiano (cl. ’69), BONTEMPO Sebastiano (cl. ’72), CONTI MICA Sebastiano, GALATI GIORDANO Vincenzo, gruppo mafioso operantenella zona di Tortorici e in gran parte del territorio della provincia di Messina.L’altro filone d’indagine, quella Guardia di Finanza, si è concentratosu una costola del clan c.d. “BONTEMPO-SCAVO”,capeggiatada FARANDA Aurelio Salvatore,che, dopo le vicissitudini giudiziarie derivanti dadiversevicende processuali, nel corso del tempo ha estesoil centro dei propri interessi fino al Calatino.Sono emersi importanti elementi, reputati gravi dal G.I.P. di Messina, in ordine non solo all’area di
Procura della Repubblicapresso il Tribunale di MessinaDirezione Distrettuale Antimafia operativitàdelle famiglie mafiose, ma anche alla loro capacità di interlocuzione.Dalle investigazioni, rese particolarmente complesse dal contesto territoriale ostile ed ermetico, è emersa l’immagine di un’associazione mafiosa estremamente attiva, osservante delle regole e dei canoni dell’ortodossia mafiosa, in posizione egemone nell’area nebroidea della provincia di Messina ma capace, al tempo stesso, di rapportarsi–nel corso di riunioni tra gli affiliati –con le articolazioni territoriali mafiose Catania, Enna e finanche del mandamentodelle Madonie di cosa nostrapalermitana. In tale ambito, sono stati documentati importanti momenti dell’evoluzione dei Batanesi, rappresentati dall’operatività di una loro “cellula” in territorio di Centuripe (EN), dalla capacità di intervenire in dinamiche mafiose a Regalbuto (EN) e Catenanuova (EN), mediante rapporti con esponenti della locale criminalità organizzata, e dall’estensione della loro influenza al territorio di Montalbano Elicona (ME), un tempo controllato dalla famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto (ME). Inoltre, sono emersi profili di allarmante riconoscimento del ruolo rivestito daalcuni suoi componenti, anche da parte di pubblici ufficiali: basti pensare che uno dei membri più attivi della famiglia mafiosa batanese èstato interpellato da un funzionario della Regione Siciliana, in relazione a furti e danneggiamenti di un mezzo meccanico dell’amministrazione regionale, impiegato nell’esecuzione di taluni lavori in area territoriale diversa dal comprensorio di Tortorici (e ciò a riprova di un forte radicamento della famiglia tortoriciana anche in zone distanti dai territori di origine).Sono stati ricostruiti, altresì, numerosiepisodi delittuosi, riconducibili ad attività illecite tradizionalidell’organizzazione mafiosa tra le qualidue distinte associazioni finalizzate al traffico di stupefacentied estorsioni, finalizzate, principalmente, all’accaparramento di terreni, la cui disponibilità è presupposto per accedere ai contributi comunitari.Eproprio l’interesse -perseguito senza alcun contrasto e dunque in completo accordodaigruppi mafiosi oggetto delle indagini -ad ottenere le illecite percezione di ingenti contributi comunitari concessi dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Ag.E.A.)si è rivelato essere la principale attività rilevante per tutta l’organizzazione mafiosa presente sul territorio.In particolare,è stata accertata, a partire dal 2013, l’illecita percezione di erogazioni pubbliche per oltre10 milioni di euro, con il coinvolgimento in tale attività di oltre 150 imprese agricole (società cooperativeo ditte individuali), tutte direttamente o indirettamente riconducibili alle due famiglie mafiose, alcune delle quali meramente cartolaried inesistenti nella realtà.La percezione fraudolenta dellesomme è stata possibile grazie all’apporto compiacente di colletti bianchi
Procura della Repubblicapresso il Tribunale di MessinaDirezione Distrettuale Antimafia identificati dalle indagini: ex collaboratori dell’Ag.E.A., un notaio, numerosiresponsabili dei centri C.A.A.. Soggetti muniti delknow hownecessario perrealizzarel’infiltrazione della criminalità mafiosa nei meccanismi di erogazione di spesa pubblica, e conoscitori dei limiti del sistema dei controlli.Il meccanismo fraudolentosi fonda sulla “spartizione virtuale” del territorio, operata dall’organizzazione mafiosa, ai fini della commissione di un numero elevatissimo ditruffe, con rapporti anche con consorterie mafiose operanti in altre province.Nello specifico, con modus operandidiversi ma improntati a sistematicità, gli indagati hanno falsamente esibito -in un arco temporale che va dal 2012 ad oggi -la asserita titolarità, in capo a membri dell’associazione ovvero a “prestanomi”, di particelle di terreniin realtà riconducibili a persone o enti diversi dai richiedenti il contributo europeo.Esaminando le istanze(con contenuto falso) finalizzate ad ottenere i contributiè emersa una suddivisione pianificata delle aree di influenza tra i sodalizi, finalizzata a scongiurare la duplicazione (o la moltiplicazione) di istanze diverse afferenti alle medesime particelle.Questo specifico aspetto investigativo è stato confermatoattraverso intercettazioni ed acquisizioni documentali,presso diversi Centri di Assistenza Agricola,dei fascicoli aziendali delle singole ditte/società attraverso le quali venivano perpetrate le truffe; e medianteperquisizioni eseguite presso le abitazioni dei principali indagati e presso alcuni Centri di Assistenza Agricola. E’ emerso, così, comegli operatoridi detti Centri di Assistenza e gli appartenenti all’organizzazione mafiosa, concordassero: 1)la predisposizione di falsadocumentazione attestante la titolarità di terreni da inserire nelle domande di contribuzione, anche mediante l’utilizzo di timbri falsi; 2)la cessazionedelle ditte/aziende già utilizzate (mettendole in liquidazione); 3) il trasferimentodei titoliautorizzativida una società/ditta ad altre da utilizzare nel contesto dell’organizzazione; 4)lo spostamentodelle particelle dei terreni da una azienda a favore di altre riconducibiliagli stessi sodali; 5)la revocadei mandati riferiti a precedenti Centri di Assistenza Agricola a favore di altri, e ciò al fine direndere più difficileil reperimento della documentazione utile agli organi di controllo.Tra glielementi di novità raccolti dall’indagine emerge in manierasignificativa unprofilo di carattere internazionale degli illeciti, commessi nell’interesse delle associazioni mafiose.In alcuni casi, infatti, le somme provento delle truffe sono state ricevute dai beneficiari su conti correnti aperti presso istituti di credito attivi all’estero e, poi,fatte rientrarein Italia attraverso complesse e vorticose movimentazioni economiche, finalizzate a fare perdere le tracce del denaro.
Procura della Repubblicapresso il Tribunale di MessinaDirezione Distrettuale Antimafia____________________________________________________________________________________Pag. 4a 4Ciò a dimostrazione del fatto che l’organizzazionemafiosa, grazie all’apporto di professionisti, dimostra di avere una fisionomia modernissima e dinamica, decisamente lontana dallo stereotipo della “mafia dei pascoli”: muovendo dal controllo dei terreni, forti di stretti legami parentali e omertà diffusa (e, quindi, difficilmente permeabili al fenomeno delle collaborazioni con la giustizia), essamira all’accaparramento di utili, infiltrandosi in settori strategici dell’economia legale, depredandolo di ingentissime risorse, nella studiata consapevolezza che le condotte fraudolente, aventi ad oggetto i contributi comunitari -praticate su larga scala e difficilmente investigabili in modo unitario e sistematico -presentino bassi rischi giudiziari, a fronte di elevatissimi profitti