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TAURIANOVA (RC), SABATO 04 MAGGIO 2024

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Ogni cosa è parte dell’Opera

Ogni cosa è parte dell’Opera

Il nostro coach, attraverso una metafora, ci insegna ad accettare le persone che ci stanno intorno così come sono

Ogni cosa è parte dell’Opera

Il nostro coach, attraverso una metafora, ci insegna ad accettare le persone che ci stanno intorno così come sono 

 

 

Qualche anno fa, stavo leggendo la biografia di un grande imprenditore americano e fui colpito da una frase che voleva essere una sorta di consiglio, un suggerimento: “Penso che ogni uomo debba avere il proprio campo di carciofi”, asseriva questo magnate multimilionario. Attribuiva il suo grande successo alla dedizione ed alla passione che nutriva per il suo orto e per i suoi carciofi. Essendo io nato e cresciuto in un piccolo paesino alle pendici dell’Aspromonte e avendo trascorso parecchio del mio tempo libero in campagna, insieme a mio padre, questa frase mi aveva bloccato li, a quel rigo, inducendomi a rileggerla più volte per capire cosa intendesse dire veramente lo scrittore. Non riuscivo a cogliere il nesso tra il successo di un multimilionario e un orto di carciofi anche perchè non li coltivava per vendere, non era il suo mestiere. Non avrei pensato mai che la mia mente mi avrebbe portato a meditare così a lungo su un semplice pensiero. Credevo ci fosse qualche messaggio subliminale in esso o che magari fosse una battuta umoristica ma nulla da fare, significava esattamente e semplicemente: avere un campo di carciofi. Leggendo le pagine successive, mi sono reso conto perché avesse attribuito tutta questa importanza al suo orto, indipendentemente da cosa ci coltivasse. Raccontava di quante lezioni di vita egli apprendeva ogni giorno da quel contatto diretto con la terra, con le piantine che curava e quanti principi portassero con se i processi di coltivazione, le regole e le tecniche per prevenire gli attacchi dagli agenti esterni, tramandate nei secoli e da chissà quante civiltà. Logicamente, come tutti coloro che si lasciano prendere dalle letture, anch’io cercavo nel personaggio le analogie e mi riaffioravano in mente ricordi legati alla mia infanzia, quelli destinati a rimanere indelebili e che sanno aspettare pazientemente nella testa anche anni per poi essere compresi per quello che realmente sono. Se ciò non succede prima, è perché non c’è la giusta maturità.
Mi ritornò alla mente il ricordo di un pomeriggio d’estate che stavo aiutando mio padre a costruire un muro a secco in campagna, nel nostro orto. Avrò avuto quindici anni più o meno e non vi nascondo che avrei preferito essere al mare o in giro con i miei amici a quell’ora, piuttosto che cavare pietre da porgere all’esigente “mastro posatore”, cioè mio padre o rastrellare e trasportare la ghiaia che serviva a colmare il retro del muro, quello che poggia sul terreno trattenendolo in maniera stabile. Non so se vi è mai capitato di vedere un muro a secco. Credo di si, visto che esistono da migliaia di anni. La campagna aspromontana ne è caratterizzata come molte delle campagne delle zone montane generalmente scoscese. Qui la conformazione a terrazze di muri a secco, rende il paesaggio particolarmente affascinante. Nonostante non lo trovassi divertente fare questo lavoro, cercavo comunque di impegnarmi e di procurare le pietre, selezionandole per forma, compattezza e dimensione, preoccupandomi di trovare le più squadrate e resistenti, perché secondo me erano senza dubbio le più indicate. Per mio padre, ciò non era necessario, non faceva alcuna differenza. Sembrava quasi come non voler dare valore al mio impegno. “Dammele così come vengono, che poi ci penso io”, mi diceva. Come se non ci fosse di fatto differenza tra l’una o l’altra. Effettivamente andavano bene tutte o meglio dire se le faceva andare bene tutte. La maestria in questo lavoro, sta proprio in questo: trovare il punto giusto dove posizionare ogni singolo masso anche quello sformato o sfaldato. Chi è abile in questo, posiziona pietra dopo pietra proprio lì, dove il punto esatto sembra essere sempre esistito e quelle che non trovano una collocazione nella parte esterna del muro, la facciata, perché senza forma o crepate, vengono poste nella parte interna dove non si vedono.
Come mi spiegava mio padre, erano principalmente queste a reggere la struttura, perché i massi della facciata esterna, quelli che davano la forma e l’aspetto estetico al muro, si appoggiavano su quelle che rimanevano all’interno e le rendevano ben salde l’una all’altra.
Questo è l’ennesimo caso dove “il visibile esiste grazie all’invisibile” quindi altro che inutili, erano indispensabili.
Cosa intendo dire con questo mio racconto? Beh… da adesso in poi, chi non ha mai fatto o visto fare un muro a secco… ha imparato come si fa!
Scherzi a parte, sono sicuro che vi sia arrivata a pieno la metafora e che quindi siete d’accordo con me se vi dico che nei rapporti umani sicuramente è più facilitato chi recluta campioni e fuori classe ma le relazioni forti, quelle che durano nel tempo e che affascineranno anche i posteri, le riescono a costruire solo coloro che sapranno posizionare tutti gli elementi che la vita man mano offre loro, tenendo conto che ognuno di questi componenti è adatto a svolgere il ruolo per cui è stato creato e non quello che noi avremmo voluto che svolgesse. Le delusioni partono proprio da qui e sono una nostra responsabilità. Ogni giorno, nelle nostre vite, si presentano persone e situazioni diverse, che all’apparenza non c’entrano nulla con quello che siamo o aspiriamo a diventare. Sembra che non abbiano nulla a che fare con il nostro progetto, semmai ne abbiamo uno. Rendiamoci conto che loro non sono arrivati nella nostra vita per caso, bensì ne fanno parte da sempre. Compongono la nostra “struttura”. La rendono possibile. Magari non hanno le caratteristiche di “pietre da facciata” ma sono altrettanto utili perché la sorreggeranno. Come abbiamo visto, è grazie all’invisibile che si regge il visibile, quindi tutto il resto dipende dalla nostra maestria. Difficilmente troveremo le cose adatte, le persone adatte, i momenti adatti. Saremo noi a far si che lo diventino e che ogni cosa apparentemente inutile si trasformi in una risorsa.
Evitiamo di sprecare il nostro tempo per giudicare tutto e tutti ma proviamo a farceli andare bene così come sono. Proviamo a trovare il posto adatto alle situazioni che si presentano, soprattutto a quelle spiacevoli tenendo conto che serviranno ad insegnarci moltissime cose che le capiremo al momento opportuno. Tutto ha un senso in questa vita e tutto fa parte “dell’Opera” che stiamo costruendo. Proviamo a sperimentarci come i “mastri posatori”, per avere la certezza di essere stati utili a noi stessi e a questo mondo e che avremo fatto la differenza anche se nel nostro piccolo. Teniamo conto che come per i muri a secco, in piedi da secoli, la facciata è importante ma la parte retrostante, quella che non appare, è la fondamentale.

Vi ringrazio
Domenico Versace

Althea Comunicazioni & Pubbliche Relazioni