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Obama: ‘La guerra in Iraq e’ finita’. Ritiro totale delle truppe entro 2011

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I nostri soldati a casa per feste fine anno

Obama: ‘La guerra in Iraq e’ finita’. Ritiro totale delle truppe entro 2011

I nostri soldati a casa per feste fine anno

 
 
(ANSA) NEW YORK – Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha annunciato solennemente che “dopo quasi nove anni, la guerra americana in Iraq sarà conclusa entro il 2011”, quando “tutti i soldati americani torneranno a casa”. 
In questo modo, Obama, come egli stesso ha sottolineato, mantiene la promessa fatta in campagna elettorale di mettere fine all’impopolare conflitto in Iraq, ma soprattutto chiude un controverso capitolo di storia, aprendo una fase in cui da gennaio, come ha detto, Stati Uniti e Iraq avvieranno “un normale rapporto tra due Stati sovrani, una partnership paritaria, basata su rispetto e interessi reciproci”. 
Chiudendo una guerra costata la vita a circa 120 mila persone, di cui oltre 4.400 americani, oltre a circa mille miliardi di dollari, Obama fa però anche una scommessa dagli esiti ancora incerti. Se infatti dopo il ritiro dei 39 mila soldati Usa ancora in Iraq le violenze continueranno a divampare, o addirittura a peggiorare, saranno in molti a puntare il dito contro di lui. Il fronte repubblicano ha già iniziato ad ammonire in tal senso. 
Sin da quando è stata avviata la discussione con Baghdad su quante truppe Usa debbano rimanere per addestrare le forze di sicurezza irachene. Nelle settimane scorse, si è parlato di una cifra compresa tra i 3.000 e i 5.000 soldati. Numeri che secondo alcuni influenti senatori repubblicani, come John McCain e Lindsay Graham e l’indipendente Joe Lieberman, “metterebbero a rischio tutto ciò per cui gli Usa hanno combattuto in Iraq” e sarebbero “drammaticamente inferiori a quanto i nostri leader militari ci hanno detto … di aver bisogno per sostenere l’Iraq”. 
Il generale Lloyd Austin III, comandante delle forze Usa in Iraq, vorrebbe che rimanessero a sua disposizione tra i 14 e i 18 mila soldati. Ma evidentemente su questo non c’é stato alcun accordo tra Washington e Baghdad. In maniera vaga, Obama ha detto di aver parlato proprio oggi con il premier iracheno Nuri al Maliki e di aver concordato che “continueremo le discussioni su come possiamo aiutare l’Iraq ad addestrare ed equipaggiare le proprie truppe”. 
Ma la posizione di al Maliki per trattare l’argomento è alquanto difficile: uno dei suoi importanti alleati, il leader sciita radicale Moqtada Sadr, ha sempre invocato il ritiro totale delle forze americane dall’Iraq. Solo di recente Sadr è sembrato ammorbidire la sua posizione, ma non di molto: l’addestramento delle forze irachene da parte degli americani sarà possibile, ha detto, “solo in base ad un nuovo accordo, quando il ritiro sarà stato completato, e dopo che il popolo iracheno oppresso sarà stato finanziariamente compensato”. 
Altre componenti politiche irachene, come i sunniti e i curdi, vedrebbero invece con favore una protratta permanenza dei soldati Usa specie dopo una recente ennesima ondata di sanguinosi attentati in varie zone del Paese e in particolare a Baghdad, tesa con ogni probabilità a dimostrare che le forze irachene non sono ancora in grado di gestire la sicurezza del Paese. 
Non a caso, Obama ha oggi previsto che “ci sono ancora giorni difficili in arrivo per l’Iraq”, ma ha aggiunto che “gli Stati Uniti continueranno ad avere interesse per un Iraq che sia stabile, sicuro e autosufficente”.
redazione@approdonews.it