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TAURIANOVA (RC), SABATO 04 MAGGIO 2024

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Non è ancora giunta “L’Ora”

Non è ancora giunta “L’Ora”

Il quotidiano d’informazione calabrese non deve chiudere

di CARMELO NICOTERA

Non è ancora giunta “L’Ora”

Il quotidiano d’informazione calabrese non deve chiudere

 

di Carmelo Nicotera

 

La notizia circolava nell’aria già da un paio di giorni. Ormai sembra avere i crismi dell’ufficialità: la testata giornalistica l’Ora della Calabria rischia di chiudere i battenti. La precaria situazione economica del giornale sta catapultando nel baratro uno dei punti di riferimento del settore dell’informazione calabrese. Il grido d’allarme lanciato dal Direttore Regolo non ha lasciato indifferenti i professionisti del settore. L’Ora della Calabria, uno dei giornali di punta della Regione, ha voluto affermare con forza, in special modo nelle vicende degli ultimi mesi, una politica editoriale di non- assoggettamento alle dinamiche torbide che caratterizzano la terra di Calabria. La nutrita schiera di giornalisti delle varie redazioni provinciali, guidate in prima linea dall’Editore e dal Direttore della testata, hanno portato alla ribalta mediatica il bavaglio imposto al loro giornale, scaturito dal mancato asservimento ai dettami del potente di turno. “Armati” di penna, dignità, onestà intellettuale hanno deciso di rivendicare un’informazione libera, scevra da condizionamenti esterni che mirano esclusivamente a ridurre la portata ed il valore del pensiero che viene espresso. Una vicenda sgradevole che, ancora una volta, ha trasmesso l’immagine di una Terra perennemente legata a logiche clientelari che impediscono uno sviluppo completo delle potenzialità dei vari luoghi di Calabria. La denuncia pubblica dei professionisti della penna dell’Ora, la voglia di sposare la causa della libertà di stampa, il gesto di speranza lanciato ai calabresi rappresentano pietre miliari per l’inseguimento dell’emancipazione culturale di questa porzione d’Italia.
Provare a descrivere lo stato d’animo di chi vive ore intense e concitate in redazione non è affatto semplice. Tentare, però, di mettere nero su bianco ciò che alimenta la passione e l’onere di un giornalista è operazione necessaria. Analizzare la situazione portando come esempio uno di quei cronisti rappresenta la giusta via per rimarcare cosa potrebbe comportare la chiusura di uno strumento di sapere, di analisi, di autonomia culturale. Scelgo, dunque, di abbracciare gli insegnamenti di un ragazzo, giornalista proprio dell’Ora, che, col suo lavoro e la sua professionalità, mi ha fatto capire cosa voglia dire avere piena consapevolezza delle parole che vengono utilizzate per veicolare un messaggio. Quelle parole, simbolo di riflessione e apertura mentale, devono poter sopravvivere, in particolar modo per dotare i calabresi di una guida sicura nelle incertezze del futuro. L’unione di sintassi, regole grammaticali, punteggiatura crea un amalgama magico di idee, pensieri, suggerimenti utili per non intorpidire le coscienze. Fare giornalismo, però, significa anche mettere in campo una passione spontanea, paragonabile alla stesura di un racconto, che consegni ai lettori la possibilità di scrivere, secondo la loro visione di vita, il finale più congeniale al loro modo di interpretare il mondo. La possibilità di essere in diretto contatto con un mezzo che ti offre la possibilità di migliorarti quotidianamente dovrebbe spingere la popolazione calabrese ad indignarsi dinanzi simili notizie. Lasciare un foglio di carta bianco, uno spazio vuoto nelle edicole, una mancanza nella possibilità d’arricchimento del cervello porterà ad ulteriore decadimento del modo di ragionare e d’interrogarsi di un popolo bistrattato dal malaffare e dall’arrivismo. Passione, la magia di vivere dentro una favola, crescita quotidiana, di vita: questo è un giornale, questo è uno strumento di cultura, queste sono le basi intraviste nell’ amico giornalista che vede il proprio futuro legato all’incertezza. Non è ancora giunta “L’Ora” che questo quotidiano chiuda. E arrivata “L’Ora”, invece, della Calabria: della sua emancipazione, del suo riscatto sociale.