Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), DOMENICA 05 MAGGIO 2024

Torna su

Torna su

 
 

Nessuna meraviglia per l’inchiesta sulla Lega

Nessuna meraviglia per l’inchiesta sulla Lega

Editoriale di Luigi Pandolfi

Nessuna meraviglia per l’inchiesta sulla Lega

Editoriale di Luigi Pandolfi

 

 

La presunzione d’innocenza vale per tutti, anche per i dirigenti della Lega Nord. Epperò colpisce enormemente lo spettro di situazioni che starebbe venendo alla luce dall’inchiesta che vede impegnate ben tre procure, da Milano a Napoli, passando per Reggio Calabria. Uno spettro di situazioni in cui il partito del Nord sarebbe al centro di una girandola di faccende la cui enormità, sul piano giudiziario e morale, farebbe impallidire ogni altra inchiesta fin qui eseguita su fenomeni di corruzione politica o sulla degenerazione dei partiti.

Andiamo con ordine. Truffa ai danni dello Stato, peculato, finanziamento illecito ai partiti. Di che si tratterebbe? Secondo l’accusa del fatto che quote significative del rimborso elettorale alla Lega sarebbe stato “distratto” per “soddisfare esigenze personali di famigliari” del leader del partito Umberto Bossi. Mizzica! Soldi pubblici dati alla Lega a titolo di rimborso elettorale girati a famigliari del segretario “per esigenze personali”! Roba da pazzi, si direbbe. Eppure ci sarebbe poco di che meravigliarsi qualora quest’accusa venisse confermata in giudizio. Solo chi non conosce, o finge di non conoscere, la storia spericolata del Carroccio, può pensare che quest’inchiesta sia un fulmine a ciel sereno.

L’ingresso della Lega nel grande circo della politica romana risale ai primi anni novanta. Periodo di Tangentopoli. È il tempo in cui il partito padano ed il suo leader, “antisistema” per autoinvestitura, cavalcheranno con successo le indagini del pool di Milano, gridando alla corruzione, alla degenerazione di un ceto politico che, da decenni, occupava le istituzioni dello Stato.

Emblematico, scenico, fu, a tal riguardo, l’atteggiamento che i leghisti ebbero in parlamento, all’indomani della presentazione, da parte del governo Amato, del cosiddetto decreto Conso, quell’insieme di norme che andavano ad incidere sulla punibilità di coloro che avevano preso le tangenti, passato alla storia come il “colpo di spugna” per i reati di tangentopoli.

Allorquando il Presidente del Consiglio Giuliano Amato, dopo dieci giorni dal varo del decreto, entrò nell’aula di Montecitorio, dai banchi della Lega si scatenò il finimondo: il deputato di Como Luca Leoni Orsenigo si lanciava nell’esibizione di un macabro cappio, mentre Marco Formentini, allora capogruppo alla Camera, incitava i colleghi a gridare:”Mafia, mafia, mafia!”.

Poi però accadde qualcosa di sconvolgente: Bossi compare in un’aula del Tribunale di Milano seduto sulla stessa sedia su cui prima si erano seduti tutti i leader della prima repubblica coinvolti nell’inchiesta Mani pulite.

Anche il partito più forcaiolo, nel senso letterale del termine, del parlamento italiano, era finito nelle maglie dell’inchiesta di Milano. Cosa che ebbe dell’inverosimile, considerato che la storia della Lega era appena iniziata, fuori e contro il sistema partitocratico della prima Repubblica.

Oggi possiamo dire che questo partito fece appena in tempo ad accreditarsi in quel sistema che, non senza impetuosità, diceva di voler abbattere e di non esserne mai più uscito.

Il resto è cronaca di queste ore. Ma che c’entra Reggio Calabria con la Lega? C’è un troncone dell’inchiesta che riguarda presunti rapporti tra il tesoriere del Carroccio ed ambienti criminali Calabresi. Di sicuro questa è la parte dell’inchiesta più carica di significati paradossali, ancorché non costituiscano vere novità neanche i casi di contiguità tra esponenti leghisti e uomini delle cosche.

Certo è nondimeno che il clamore che l’inchiesta sta già avendo non si spegnerà facilmente come è accaduto per altri casi giudiziari che hanno riguardato la Lega e suoi esponenti. A meno che non si riveli da subito un castello di sabbia, credo che quest’inchiesta avrà ripercussioni pesantissime sul partito padano.

D’ora in avanti sarà chiaro a tutti che la Lega non è un partito uguale agli altri. Ma peggio di tutti gli altri messi insieme.

redazione@approdonews.it