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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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Giornata memoria vittime mafia, Magarò: “Il loro sacrificio sia un grido di ribellione”

Giornata memoria vittime mafia, Magarò: “Il loro sacrificio sia un grido di ribellione”

Mons. Bertolone: “Educare alla legalità significa protestare contro i dispotismi”. Nicolò: “Questa giornata sia un argine contro le mafie”. Talarico: “Lotta corale”. Giordano: “Le vittime sono l’emblema di una società non matura”

Giornata memoria vittime mafia, Magarò: “Il loro sacrificio sia un grido di ribellione”

Mons. Bertolone: “Educare alla legalità significa protestare contro i dispotismi”. Nicolò: “Questa giornata sia un argine contro le mafie”. Talarico: “Lotta corale”. Giordano: “Le vittime sono l’emblema di una società non matura”

 

 

(ANSA) – REGGIO CALABRIA – La Giornata della Memoria e dell’Impegno per le vittime delle mafie ha avuto inizio con l’enunciazione dei nomi delle vittime della ‘ndrangheta dal 1946 ai giorni nostri accompagnata dagli archi degli allievi del Conservatorio ‘Francesco Cileà di Reggio Calabria. L’iniziativa è stata promossa dal presidente della commissione regionale contro la ‘ndrangheta, Salvatore Magaro’. All’introduzione del presidente Magarò ha fatto seguito l’intervento del vescovo di Catanzaro-Squillace Vincenzo Bertolone e il contribuito alla riflessione sul valore della memoria nella costruzione dell’educazione alla legalità del vicepresidente Nicolò e dei consiglieri Chiappetta; Dattolo; Gallo; Nucera; Maiolo; Pacenza; Vilasi; Giordano e Serra. Magarò ha aperto il suo intervento con le parole di don Luigi Ciotti pronunciate a Roma nel 1996 in occasione della prima giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime della mafia. “Vogliamo rintracciare – ha detto Magarò – il percorso di vite interrotte, volgere lo sguardo ad un passato recente che è drammaticamente ancora attuale, per poter guardare avanti con continuità e forza: quella determinazione e quel senso alto del dovere che ha trasformato in straordinario, l’impegno di tanti caduti per l’affermazione della giustizia. Nei confronti di questi uomini e di queste donne abbiamo il dovere di coltivare la memoria. La memoria del loro impegno e la ricostruzione delle loro esistenze, sobrie, pacate, oneste sia a noi da esempio. Quella normalità degli uomini buoni e giusti che, in un tempo di eccessi, diventa l’eccezione e trasforma la dedizione al lavoro e l’onestà dei comportamenti in esempi da cancellare, da uccidere. E invece di questi eroi ‘normali’ non possiamo e non vogliamo farne a meno! Il loro sacrificio deve diventare per noi grido di ribellione e la loro morte una presenza costante e vigile, nella battaglia contro la ‘ndrangheta”. “Per questo – ha aggiunto – nelle scuole e soprattutto tra i giovani, non ci stanchiamo mai di riproporre ad esempio le storie di uomini e donne spesso senza più volto, ma in grado si diffondere l’eco di un imperativo: quello della richiesta di giustizia, che impegna ciascuno di noi ad una partecipazione attiva. Per questo non vogliamo solo ricordare o solo commemorare: vogliamo fare memoria. Gli uomini e le donne caduti sui campi della ‘ndrangheta e delle mafie, nel compiere il proprio dovere lontano dai riflettori e, spesso, dalla ribalta della notorieta’, devono diventare il nostro faro che squarcia l’oscurità del tempo attuale. La battaglia contro le mafie è anche una guerra silenziosa e insidiosa. Al fronte ci sono i magistrati, le forze di polizia, gli operatori di giustizia ai quali spettano i combattimenti frontali quelli, per capirci, che consentono di fare i ‘prigionieri’. Ma nelle retrovie ci siamo tutti noi con la nostra consapevolezza, il nostro senso civico e di appartenenza, la voglia di riappropriarci del nostro tempo e dei nostri spazi”. Magarò ha poi evidenziato che “anche noi, per sconfiggere la ‘ndrangheta e le mafie, abbiamo bisogno di riconoscerci in simboli e buone pratiche di vita: il fare memoria e’ una buona pratica di vita, indispensabile e perfino propedeutica al futuro che costruiamo. Perché una società senza memoria è come un albero senza radici. L’iniziativa che stiamo costruendo insieme oggi rappresenta l’enunciazione di un sogno collettivo: evochiamo i nomi di donne uomini e bambini che per mano della ‘ndrangheta non sono piu’ tra noi affinché il loro ricordo possa guidare la nostra azione sulla strada della libertà dal dominio delle mafie. Un mondo senza mafia è un imperativo che possiamo esigere, una nuova realtà che insieme possiamo costruire. Siamo oggi qui, nel primo giorno di Primavera, a ricordare i tanti morti, morti di fatica, di usura, di caporalato, di racket, siamo qui per dire grazie a quanti sono caduti, siamo qui per dire basta e per dire agli uomini di mafia che c’é una società organizzata che farà fino in fondo la propria parte”. “A fare la propria parte – ha concluso – c’é anche la Chiesa calabrese, che si spende tutti i giorni senza chiasso e senza rumore, per dare dignità e vita alle persone. Per questa occasione solenne, abbiamo voluto invitare un Vescovo meridionale, Padre Vincenzo Bertolone, che saluto con i caratteri dell’incontro, del riconoscimento e dell’accoglienza, anche a nome del Presidente del Consiglio Regionale Talarico, del Presidente della Giunta Scopelliti e degli altri componenti la Commissione”.

PRESIDENTE COMMISSIONE REGIONE: LORO RICORDO GUIDI NOSTRA AZIONE

Sono stati aperti dall’enunciazione dei nomi delle vittime della ‘ndrangheta dal 1946 ai giorni nostri, accompagnata dagli archi degli allievi del Conservatorio Cilea di Reggio, i lavori della Commissione regionale contro la ‘ndrangheta in occasione della Giornata della Memoria e dell’Impegno che si è celebrata a Reggio. All’introduzione del presidente della Commissione Magarò hanno fatto seguito l’intervento del vescovo di Catanzaro – Squillace Vincenzo Bertolone e il contribuito alla riflessione sul valore della memoria nella costruzione dell’educazione alla legalità del vicepresidente Alessandro Nicolò e dei consiglieri Giampaolo Chiappetta; Alfonso Dattolo; Dionisio Gallo; Giovanni Nucera; Mario Maiolo; Salvatore Pacenza; Gesuele Vilasi; Giuseppe Giordano e Giulio Serra. “Sentiamo l’esigenza – ha detto Magarò – di ricostruire la memoria collettiva, contro la frammentarietà dissolvente del nostro tempo che confonde gli eventi storici con fatti privati. Vogliamo rintracciare il percorso di vite interrotte, volgere lo sguardo ad un passato recente che è drammaticamente ancora attuale, per poter guardare avanti con continuità e forza: quella determinazione e quel senso alto del dovere che ha trasformato in straordinario, l’impegno di tanti caduti per l’affermazione della giustizia”. “Nei confronti di questi uomini e di queste donne – ha aggiunto – abbiamo il dovere di coltivare la memoria. La memoria del loro impegno e la ricostruzione delle loro esistenze, sobrie, pacate, oneste sia a noi da esempio. Quella normalità degli uomini buoni e giusti che, in un tempo di eccessi, diventa l’eccezione e trasforma la dedizione al lavoro e l’onestà dei comportamenti in esempi da cancellare, da uccidere. E invece di questi eroi ‘normali’ non possiamo e non vogliamo farne a meno. Il loro sacrificio deve diventare per noi grido di ribellione e la loro morte una presenza costante e vigile, nella battaglia contro la ‘ndrangheta”. “Gli uomini e le donne caduti sui campi della ‘ndrangheta e delle mafie, nel compiere il proprio dovere lontano dai riflettori e, spesso, dalla ribalta della notorieta’ – ha sostenuto ancora Magarò – devono diventare il nostro faro che squarcia l’oscurità del tempo attuale. La battaglia contro le mafie è anche una guerra silenziosa e insidiosa. Al fronte ci sono i magistrati, le forze di polizia, gli operatori di giustizia ai quali spettano i combattimenti frontali quelli, per capirci, che consentono di fare i ‘prigionieri’. Ma nelle retrovie ci siamo tutti noi con la nostra consapevolezza, il nostro senso civico e di appartenenza, la voglia di riappropriarci del nostro tempo e dei nostri spazi”. “L’iniziativa che stiamo costruendo insieme oggi – ha detto ancora Magarò – rappresenta l’enunciazione di un sogno collettivo: evochiamo i nomi di donne uomini e bambini che per mano della ‘ndrangheta non sono piu’ tra noi affinché il loro ricordo possa guidare la nostra azione sulla strada della libertà dal dominio delle mafie.

MONS. BERTOLONE: EDUCARE ALLA LEGALITA’ SIGNIFICA PROTESTARE CONTRO DISPOTISMI

“È molto più facile essere un eroe che un galantuomo. Eroi si può essere una volta tanto; galantuomini si deve essere sempre. La lapidaria battuta che Luigi Pirandello mette in bocca ad uno dei protagonisti del suo ‘Il piacere dell’onestà’ ho voluto diventasse l’incipit della mia riflessione in questa giornata particolare dedicata alla memoria delle vittime della mafia ed a quel principio, la legalità, di cui s’avverte sempre più il bisogno in un contesto in cui crescono paura ed omertà”.

Questo il messaggio con cui il vescovo di Catanzaro-Squillace, mons. Vincenzo Bertolone, ha avviato il suo intervento intitolato “La legalità nel Magistero della Chiesa”, in occasione della seduta della Commissione contro la ‘ndrangheta.

“In particolare, il 21 marzo è, e deve divenire ancor più, il giorno in cui interrogarsi sulla necessità di trasformare la memoria in impegno quotidiano per liberare definitivamente le nostre terre dalla violenza della ‘ndrangheta. Dietro i titoli preoccupanti dei giornali e le notizie diffuse dalle televisioni, vi sono infatti le nostre città, i quartieri, le famiglie; soprattutto, vi sono i volti degli individui – i senza lavoro, gli inoccupati, i disoccupati, i sottoccupati, gli anziani malati e con scarsa solidarietà socio-sanitaria, i ragazzi e i giovani ovvero i volti di tutti coloro che sono stati profondamente colpiti dalla crisi economica e finanziaria, effetto perverso di una globalizzazione mondiale, non governata o governata male e poco – ha aggiunto Mons. Bertolone -. I più segnati, infatti, sono coloro che erano già poveri, oppure chi lo è diventato uscendo dal mercato del lavoro; chi non ha una casa e non può averla col sostegno economico delle banche; chi non ha più una plausibile prospettiva di lavoro (essendo inoccupato o sotto-occupato o, peggio, uscito irrimediabilmente dal cosiddetto mercato del lavoro); chi al massimo può lottare per sopravvivere. Insomma, gli ultimi”.

Per Mons. Bertolone “Legalità, iniziativa e creatività sono le regole da scrivere e interpretare in senso dinamico che chiedono spirito d’iniziativa e creatività da parte dei cristiani i quali, pur non essendo del mondo, sono nel mondo, nei quartieri, nelle città e negli Stati. Ecco il senso e l’obiettivo degli stessi interventi del Magistero cattolico in ambito sociale, economico e politico, fondamento della ‘dottrina sociale della Chiesa’. Ecco il senso della costante opera di educazione alla legalità perseguita dal Magistero, a livello sia di Chiesa universale, sia di Conferenza episcopale italiana, e Chiese di Calabria riversata perfino nei catechismi. Il fine, infatti, resta religioso: adoperarsi per educare al Vangelo e, soprattutto, superare creativamente la mera logica della semplice giustizia – che è necessaria, ma non sempre sufficiente – per integrarla con altre logiche, quali la testimonianza, la pace, la non-violenza, la salvaguardia del creato, il perdono, il bene comune”.

“Educare alla legalità significa, in definitiva, anche levar la voce e protestare contro tutti i miti, le violenze, i dispotismi- ha rilanciato Mons. Bertolone-. Significa condannare tanto l’egemonia economica del capitale quanto la dittatura di classe ammonendo che la vera democratizzazione dell’economia è minacciata sia dal monopolio ossia dal despotismo economico di un anonimo conglomerato di capitale privato che dalla forza preponderante di moltitudini organizzate e pronte a usare della loro potenza a danno della giustizia e del diritto altrui. Accanto alla protesta e alla condanna, la proposta, anche tecnica: risolvere alcuni problemi con l’intervento dello Stato; la difesa del diritto universale di voto, l’orientamento del voto dei cattolici verso quei candidati o quelle liste di candidati di cui si ha la certezza che rispetteranno e difenderanno l’osservanza della legge divina e i diritti della religione e della Chiesa, nella vita privata e pubblica”.

“La formazione delle coscienze e il rinnovamento dello spirito religioso delle popolazioni del Meridione è un compito ecclesiale primario contro ogni vecchia cultura del rispetto che porta nuove persone alla ‘ndrangheta – ha asserito Mons. Bertolone-. Nella ‘ndrangheta, infatti, si entra col mito del rispetto, con la certezza che prima ‘non sei nessuno’ e poi tutti ti temeranno. Si entra pensando di poter contare sull’amicizia e sulla solidarietà di tutta ‘l’onorata società’, dentro e fuori il proprio paese; si entra pensando di poter fare soldi, tanti soldi, per garantire alla propria famiglia una vita da signori, per costruire un avvenire ai figli; si entra perché ‘l’onorata società’ ha amici influenti, che possono garantire lavoro e buone raccomandazioni per ottenere quello che altrimenti non si otterrebbe mai. Si entra per tutti questi motivi, ma poi le promesse si rivelano ben presto un grande imbroglio. Non meno fondamentale, allora, è l’esigenza d’investire in legalità e fiducia attraverso «un’azione pastorale che miri a cancellare la divaricazione tra pratica religiosa e vita civile e spinga a una conoscenza più approfondita dell’insegnamento sociale della Chiesa, che aiuti a coniugare l’annuncio del vangelo con la testimonianza delle opere di giustizia e solidarietà”.

“È indispensabile – ha asserito ancora Mons. Bertolone- che tutta la società civile e la Chiesa rilancino il concetto di legalità, non nel senso striminzito della pur imprescindibile osservanza delle norme giuridiche, ma come espressione di nuova etica pubblica che faccia ben comprendere che le leggi vanno fatto col cuore e col cervello e, dopo, osservate da tutti”.

“Ai giorni nostri non ci sono solo dubbi, difficoltà, amarezze: ci sono anche tanti germogli, il desiderio di ritorno alla famiglia, al senso della Patria, al bisogno di religiosità, ci sono tante realtà, che con la ricchezza del loro impegno fanno ben sperare. C’è sempre, per dirla con Ignazio Silone – ha concluso così Mons. Bertolone – un seme buono che sta per germogliare sotto la neve. A noi il compito, il dovere, l’obbligo di coltivarlo perché dia frutto”.

NICOLO’: GIORNATA MEMORIA E’ ARGINE CONTRO MAFIE

“Il Consiglio regionale della Calabria ha inteso celebrare in maniera solenne anche quest’anno la Giornata della memoria in ricordo della vittime della mafia”. Lo ha detto il vicepresidente del consiglio regionale, Alessandro Nicolò, nel corso della Giornata della memoria. “La presenza – ha aggiunto – a Palazzo Campanella di mons. Vincenzo Bertolone, che ha partecipato stamani ai lavori della Commissione regionale antimafia, testimonia la straordinaria attenzione della Chiesa e della massima istituzione politica calabrese unite nello sforzo comune di edificare un percorso nuovo per la crescita dell’Uomo in questa nostra realtà troppo spesso offesa non solo per i fatti di sangue e le intimidazioni che riguardano i singoli, ma come comunità civile nel suo complesso. Il Consiglio regionale, con il concorso di importanti associazioni come ‘Libera’ e ‘Riferimenti’ ha già avviato numerose iniziative come i ‘percorsi di legalita” per gli studenti di ogni ordine e grado della Calabria, l’approvazione di norme contro l’usura, la prossima apertura a Palazzo Campanella della ‘bottega della legalita”, dove sarà possibile acquistare i prodotti della terra raccolti nei fondi confiscati alla mafia dallo Stato. Sappiamo, di converso, quanto delicato sia il ruolo della politica, della gestione trasparente e neutrale della cosa pubblica, per la formazione delle coscienze e per ridurre la distanza tra i cittadini e le istituzioni”. “La crisi – ha proseguito Nicolò – che colpisce il nostro Paese e la Calabria, infatti, ridonda oltre gli aspetti economici fino a stimolare nell’opinione pubblica quel desiderio di giustizia secondo cui a tutti devono essere garantite pari opportunità di lavoro e di progresso. Da questa Giornata, dunque emerge parimenti al dolore del ricordo, l’impegno per una classe politica chiamata a produrre quel necessario sforzo di unità per arginare efficacemente le strategie criminali e mafiose che vogliono soffocare ogni tentativo di crescita civile e di riscatto economico”.

TALARICO: MOLTO LAVORO FARE MA IMPORTANTE MOBILITAZIONE E LOTTA CORALE

”La giornata della memoria e dell’impegno in ricordo di tutte le vittime della ‘ndrangheta, rappresenta un momento di riflessione e di sollecitazione per riaffermare i principi della legalità e farli entrare nella quotidianità del nostro agire per cambiare la Calabria. Dobbiamo costruire il livello di coscienza necessario a contrastare il ruolo funesto e devastatore della criminalità – dice Talarico – e la partecipazione dei giovani e della Chiesa, nel ricordo delle vittime di tutte le mafie, a fianco delle istituzioni, ha il significato mettere in campo responsabilità e capacità di riflessione su temi che ci coinvolgono tutti e che – come ha recentemente affermato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato a don Ciotti – servono a sottrarre alle organizzazioni criminali spazi e occasioni di penetrazione e di consolidamento nella società’. E’ ancora molto il lavoro da fare – sostiene Talarico – ma è importante la mobilitazione e la lotta corale contro l’ illegalità. Tutti, a tutti i livelli, dobbiamo mettere un impegno maggiore su questo terreno. Rinnovare il ricordo delle donne e degli uomini vittime della criminalità mafiosa, è un contributo alla speranza ed alla fiducia nei principi di legalità e di giustizia e rappresenta un passaggio significativo del percorso di crescita civile e di riscatto sociale della Calabria onesta e civile”.

GIORDANO: VITTIME SONO EMBLEMA SOCIETA’NON MATURA

“Le vittime della ‘ndrangheta sono l’emblema più drammatico di una società che non è ancora matura. Finché la presenza dei poteri criminali non sarà fronteggiata adeguatamente la nostra democrazia è a rischio”. L’ha sostenuto il consigliere regionale di Idv Giuseppe Giordano, che ha partecipato questa mattina alla seduta della Commissione regionale contro la ‘ndrangheta. “Perciò – ha aggiunto – abbiamo fatto bene a ricordare, nella sede nell’Assemblea legislativa, dove sono presenti tutte le forze politiche in rappresentanza del popolo calabrese, le vittime di una delle mafie più potenti, ascoltando il messaggio di legalità di uno dei vescovi meridionali più acuti. A noi – ha concluso Giordano – forze politiche e legislatori regionali, spetta il dovere di fare di più, per approntare leggi e provvedimenti amministrativi in grado di impedire la corruzione delle Istituzioni su cui le mafie fanno affidamento per imporre i loro interessi e le loro logiche”

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