In quella perla della Costa Viola, dove le leggende si intrecciano con la meraviglia del mare, a Scilla, c’era una criminalità feroce e spietata, dove un boss si permetteva di dire, “A Scilla si fa quello che dico io, quando lo dico io e come cazzo voglio io”, parole pronunciate da Giuseppe Fulco condannato a 20 anni nel rito abbreviato dal Gup di Reggio Calabria.
Ed è quella ‘ndrangheta che si è trovata nelle carte dell’inchiesta della Dda denominata “Nuova Linea”, spietata a senza scrupoli, tra racket del pesce spada, pizzo a ristoratori e commercianti, tangenti ai costruttori, appetiti sugli appalti pubblici.
Il Gup di Reggio Calabria, Margherita Berardi, ha inflitto 14 condanne, e disposto 4 assoluzioni (Pasquale Alvaro, Giovanni Fiore, Giuseppa Ottina’ e Fabio Praticò) nel processo con rito abbreviato.
La mano pesante del Gup. Le condanne
Giuseppe Fulco (20 anni), Antonino Nasone (15 anni, 1 mese e 10 giorni), Alberto Scarfone (11 anni, 2 mesi e 20 giorni), Angelo Carina (10 anni e 8mesi), Fortunato Praticò (10 anni e 8 mesi). Le altre condanne: Domenico Nasone classe 1969 (6 anni e 8 mesi), Rocco Nasone (6 anni e 8 mesi), Rocco De Lorenzo (3 anni e 8 mesi), Rocco Gaietti (2 anni e 4 mesi), Giovanni Cardillo (2 anni e 4mesi), Cosimo Gaietti (2 anni e 4 mesi), Vincenzo Gaietti (e anni e 4 mesi), Giuseppe Artieri (2 anni e 2 mesi), Domenico Nasone classe 1983 (2 anni).
Per la Dda di Reggio l’indagine ha riguardato le nuove generazioni delle cosche di Scilla, riconducibili ai potenti clan “Nasone-Gaietti”.