Carabiniere assolto dall’accusa di associazione mafiosa Finisce l'incubo per Carmelo Luciano, della tenenza di Rosarno, che era stato arrestato e condannato in primo grado per la sua presunta vicinanza al clan Pesce
REGGIO CALABRIA – Dopo una condanna in primo grado a 12 anni e sei mesi di reclusione e cinque anni trascorsi in prigione, un carabiniere un tempo in servizio nella Tenenza di Rosarno, Carmelo Luciano, è stato assolto dalla Corte d’appello di Reggio Calabria ed immediatamente scarcerato.
Luciano, che è stato difeso dall’avvocato Armando Veneto, era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa in relazione alla sua presunta vicinanza alla cosca Pesce di Rosarno della ‘ndrangheta, alla quale, secondo l’accusa che gli veniva contestata e che portò al suo arresto, avrebbe fornito informazioni riservate. Accusa dalla quale è stato assolto con formula piena dalla Corte d’appello reggina, presieduta da Salvatore Costa.
Nel processo di secondo grado erano imputate, insieme a Carmelo Luciano, cinquanta persone presunte affiliate alla cosca Pesce, per le quali le condanne inflitte nel primo processo sono state, in linea di massima, confermate dai giudici d’appello. Le accuse nei confronti degli imputati si basavano in buona parte sulle dichiarazioni delle «pentita» Giuseppina Pesce, che non aveva esitato ad accusare anche i suoi stessi genitori, Salvatore Pesce e Angela Ferraro, e lo zio, Giuseppe Ferraro, condannati sia in primo grado sia in appello.