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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 07 MAGGIO 2024

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Morto nella notte Alberto Musy, il consigliere comunale di Torino ferito in agguato nel 2012

Morto nella notte Alberto Musy, il consigliere comunale di Torino ferito in agguato nel 2012

Oggi il processo al presunto killer Francesco Furchì, 50enne di origini calabresi, che ha accolto la notizia della morte di Musy con un lungo silenzio spezzato da un interrogativo inquietante: ‘Adesso cosa succederà?’

Morto nella notte Alberto Musy, il consigliere comunale di Torino ferito in agguato nel 2012

Oggi il processo al presunto killer Francesco Furchì, 50enne di origini calabresi, che ha accolto la notizia della morte di Musy con un lungo silenzio spezzato da un interrogativo inquietante: ‘Adesso cosa succederà?’

 

 

TORINO – L’aggressore gli sparò contro sei colpi di pistola, per ucciderlo. E se Alberto Musy, avvocato, docente di diritto e consigliere comunale del Terzo Polo, non è morto nell’agguato che gli è stato teso la mattina del 21 marzo 2012, nel cortile del palazzo in cui abitava, lo deve probabilmente al caso. Ricoverato all’ospedale Molinette e sottoposto a un intervento chirurgico durato diverse ore, è rimasto in coma per 19 lunghissimi mesi, fino alla morte che lo ha colto nelle scorse ore. L’agguato in via Barbaroux, nel centro di Torino, dove Musy viveva con la moglie, Angelica Corporandi d’Auvare, e le 4 figlie. Un uomo, casco integrale da motociclista in testa e lungo impermeabile addosso, aspettò che il consigliere comunale rientrasse a casa, dopo aver portato le bambine a scuola, e gli esplose contro sei proiettili calibro 38. Ferito a un braccio, alle spalle e alle scapole, Musy riportò un voluminoso ematoma nella parte destra del cranio. “E’ stato un uomo di 40 anni…”, sono le ultime parole rivolte a un vicino di casa da Musy prima di entrare in coma. La notizia dell’agguato scuote gli ambienti politici e culturali di Torino, e non solo, mentre le indagini della polizia non escludono nessuna pista, anche quella del terrorismo. “E’ un episodio inquietante, indaghiamo a tutto campo”, disse l’allora capo della polizia, Antonio Manganelli. Con il passare delle settimane, però, la pista politica perde consistenza. Per dieci mesi, gli uomini della squadra mobile e della scientifica lavorano senza sosta, coordinati dal procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli, in quella che definirà una indagine “mastodontica, gigantesca, lunga, paziente, faticosa, analitica”. A tirare le fila di questo lavoro, Aldo Faraoni, ex questure di Torino. Per il poliziotto investigatore, morto lo scorso aprile per un male incurabile, sarà l’ultima indagine. La svolta lo scorso gennaio, quando viene fermato Francesco Furchì, 50 anni, origini calabresi, un “faccendiere dall’indole violenta e vendicativa”, come lo descrive il pm Roberto Furlan, che nutriva un rancore profondo verso quell’avvocato cattolico prestato alla politica per essersi permesso, addirittura per tre volte, di non assecondare le sue ambizioni. La prima: l’avvocato si rifiutò di raccomandare Biagio Andò, figlio dell’ex ministro Salvo Andò, alla nomina di professore associato all’Università di Palermo. La seconda: quando Musy si candidò nel 2011 a sindaco di Torino per il Terzo Polo, voleva avere un posto di rilievo in una lista collegata (Alleanza per la Città), ma non lo ottenne e raccolse 57 voti. La terza: Furchì desiderava trovare degli investitori che lo aiutassero a rilevare Arenaways, società che tentava di allestire una rete di trasporto ferroviario privata e Musy non lo appoggiò. Era troppo. “Arenaways era l’affare della sua vita”, dice Furlan. “Non sono stato io, sono innocente”, ha più volte sostenuto Furchì nel corso del processo a suo carico. Questa mattina, ha accolto la notizia della morte di Musy con un lungo silenzio. Poi, alle persone che erano con lui in attesa dell’udienza in cui doveva parlare, mentre il legale della famiglia Musy chiedeva per lui l’ergastolo, un interrogativo inquietante: “Adesso cosa succederà?”.