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TAURIANOVA (RC), VENERDì 03 MAGGIO 2024

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Matteo Salvini in Calabria, fino all’ultimo selfie L’antidoto a Salvini, è Salvini stesso!

Matteo Salvini in Calabria, fino all’ultimo selfie L’antidoto a Salvini, è Salvini stesso!
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Tutti in fila per un selfie, ecco il tour calabrese di Matteo Salvini in Calabria. Fino all’ultimo selfie, cascasse il mondo lui non si tira indietro per una foto con i suoi fans. Che poi erano gli stessi sia con Renzi e prima ancora con Berlusconi, e per i più datati, con altri esponenti politici che nei suoi tempi, erano sulla cresta dell’onda. Non c’era il selfie, ma una foto con la mitica Polaroid. Eppure il suo tour in Calabria ha riservato non poche sorprese, tra contestazioni e boicottaggi. Sono stati dei comizi, diciamo “movimentati” vista l’accoglienza accompagnata da striscioni rievocativi sulla sua “vecchia considerazione” degli abitanti del Sud, senza dimenticare quel Vesuvio e l’Etna che doveva lavare napoletani e siciliani. Anche se la piazza era gremita di sostenitori, oramai la “salvinimania” è di moda in questo terzo millennio. Alla gente piace vedere il sangue agli occhi, ama il caos, ama le parole “pericolose” e da deriva democratica del leader leghista che tra le altre cose deve ancora ritornare 49 milioni di euro allo Stato. Però alla gente piace.
Ed è la stessa gente, erede di quel popolo che stava sotto il balcone di Piazza Venezia, e ora in mezzo alla spiaggia, tra lidi balneari e luoghi pubblici, come piazze. Prima si facevano i selfie con Silvio Berlusconi negli anni novanta, poi agli inizi del terzo millennio con Matteo Renzi, entrambi “caduti in disgrazia” politicamente, chi per il tempo e chi per “cazzaro”, gli italiani tra cazzari, ha scelto quello verde (visto che con il precedente non si comprendeva né colore né sostanza), che è anche il colore della speranza.
Si sa l’Italia come ci diceva Ennio Flaiano è un “popolo di santi, di poeti, di navigatori, di nipoti e di cognati…”, e quindi quello che sta accadendo in questi mesi, giorni, attimi, non dovrebbe lasciarci sorpresi. Si passa da un leader a un altro per mera convenienza, ma a tutti i livelli, sia nazionali che regionale e locali. Chi vive in un piccolo paese e nota delle trasformazioni, poi facciamo un calcolo per elevarli alla proporzione nazionale, possiamo osserva così lo specchio dei tempi che trascorrono nel presente.
La questione è anche “patologica”, c’è una deriva democratica che inizia con la richiesta dei “pieni poteri” e finisce con un selfie. C’è poi la solita solfa che si grida al lupo, ma che il lupo invece di morire diventa più forte e aumenta nei sondaggi. Quindi, quale ricetta per batterlo? Semplicemente rispondergli con lo stesso linguaggio, trattarlo per come si merita e con la stessa modalità in cui il leader della Lega tratta gli altri. Attaccarlo con la solita baggianata del pericolo fascista non porta a nulla, anche perché siamo sinceri, di quel fascismo e dei personaggi che l’hanno composto non vedo la stessa intelligenza né lo stesso carisma intellettuale e politico. Sarebbe come paragonare Gigi er Cavolaro con Giovanni Gentile.
Ovviamente oltre a Salvini stesso, occorre combattere e cercare di limitare i danni in maniera culturale con i seguaci, quelli che vedono in lui come un’ancora di salvezza. Reduci cerchiobottisti, appartenenti alla transumanza perpetua nei partiti, un giorno li vedi in Forza Italia, giri l’angolo e li ritrovi leghisti convinti, alcuni per apparenza, altri per lucro, e per dare una sistemazione alla propria vita nonché un meritato riposo alla loro lingua.
L’antidoto a Salvini, è Salvini stesso!
Ah, per non dimenticare, il 12 agosto del 1944 i nazisti uccisero più di 560 persone a Sant’Anna di Stazzema in provincia di Lucca. Fra loro anche 107 bambini. Fu un eccidio a freddo, senza neanche motivazioni di guerra, perché si accanirono con crudeltà su vecchi, donne e minori. Con bombe, mitragliatrici e poi dando fuoco ai corpi. Quella strage efferata ha lasciato ferite aperte nella memoria, che hanno continuato a sanguinare anche perché non c’era stata alcuna giustizia per quei morti. La memoria è un antidoto contro ogni revisionismo storico, sia come tragedia che come farsa.