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TAURIANOVA (RC), VENERDì 13 DICEMBRE 2024

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“L’utopia di un intellettuale” Presentato il libro di Giuseppe Valarioti (Rosarno, 1950 - Nicotera, 1980)

“L’utopia di un intellettuale” Presentato il libro di Giuseppe Valarioti (Rosarno, 1950 - Nicotera, 1980)

Sta infilando le chiavi nella serratura della portiera, è girato di spalle ad un albero coperto da una siepe di rampicanti che delimita l’area dove sorge “La Pergola”, da lì una lupara scarica due lampi di fuoco. Si accascia in un mare di sangue, non fa in tempo ad aprire lo sportello: “aiutu cumpagni, mi spararu”. Gli altri sentono i colpi e tornano indietro, qualcuno riferisce del rombo di un’auto, la vede: una 127 color celestino, ricorda anche i primi numeri della targa RC 2266**.

Lavorato si avvicina a Valarioti, lo prende tra le braccia e con altri due compagni lo portano dentro un’auto che corre all’impazzata verso l’ospedale di Gioia Tauro, lo tiene stretto durante il viaggio disperato, raccoglie le sue ultime parole, il suo ultimo sguardo. Sanguina, sospira, si lamenta. Aiutatemi, “cumpagni, mi ‘mmazzaru”, non c’è più nulla da fare, muore alle porte di Gioia Tauro.

È passata la mezzanotte, è l’11 giugno del 1980.

Ricorda l’assassinio impunito di Giuseppe Valarioti l’ultimo volume di Rocco Lentini, edito da Città del Sole. Valarioti scelse, in un periodo in cui la lotta politica si combatteva con le armi, la via democratica alle riforme, al rinnovamento delle strutture politiche, economiche e sociali e aderì, per scelta etica al Pci.

Dopo la laurea si era dedicato all’insegnamento privato tenendo lezioni di “doposcuola” di lettere e filosofia per i giovani rosarnesi e allo studio della storia pubblicando importanti saggi sulla questione meridionale, l’antica Medma, le lotte contadine del dopoguerra e collaborando a quella breve, vivace stagione di discussione che si snodò attorno al periodico Pianadomani (1977-1979). Il mensile rappresentò, in quegli anni, in un comprensorio difficile, “una palestra laica per affrontare i problemi dello sviluppo economico, sociale e culturale ed annoverò la migliore intellettualità della Piana”, dal filosofo Domenico Antonio Cardone, candidato al Nobel per la pace nel 1963, al sociologo Pino Arlacchi, al giornalista e scrittore Sharo Gambino, ad Antonio Piromalli, ordinario di Lingua e Letteratura Italiana a Salerno e critico letterario di impegno civile.

Il lavoro dello storico Lentini, oltre a commemorare il quarantesimo della morte dell’intellettuale rosarnese ripercorre raccoglie gli scritti e ripercorre gli anni in cui “un imponente movimento collettivo guardò alla rivoluzione come aspettativa fondamentale della propria esistenza in un grande laboratorio di trasformazione sociale fuori dalla sinistra storica”.

La politica come scelta etica e la cultura come mezzo per l’elevazione sociale del popolo è questo l’impegno di Valarioti, la sua concezione della politica attiva e la pone al centro della sua battaglia civile, “la lotta contro ogni forma di degenerazione mafiosa, radicata in forma massiccia nel tessuto connettivo della società calabrese, nonché l’esigenza di costruire una strategia credibile per il lavoro e lo sviluppo capace di recuperare sul terreno della battaglia democratica e civile il mondo della devianza giovanile presente nella realtà degradata del Mezzogiorno”.

Consigliere comunale, segretario della sezione di Rosarno, si oppone agli interessi loschi della ‘ndrangheta che ruotano attorno alla cooperativa “Rinascita” e viene ucciso all’uscita del ristorante dove si era recato per cenare dopo una difficile campagna elettorale conclusasi con la vittoria del suo partito. Seguirono due processi, chiusi senza una verità giudiziaria. Un delitto impunito. Sono trascorsi quarant’anni, e ci rimane il lascito di quell’intellettuale sognatore vissuto tra studenti, disoccupati, braccianti, contadini, piccoli agricoltori, la loro fatica, le loro sofferenze, la miseria, le abitazioni di un lotto, la povertà del cibo, la dignità, le lotte, i sogni e le aspirazioni.