L’italiano è stato da sempre un inchinante ossequioso. Ti liscia il pelo per fottersi l’anima. Editoriale di Antonio Giangrande
L’Italia degli ipocriti. Gli inchini e la fede criminale
L’italiano è stato da sempre un inchinante ossequioso. Ti liscia il pelo per fottersi l’anima. Editoriale di Antonio Giangrande
Fino a poco tempo fa nessuno aveva mai parlato di inchini. Poi i giornali,
in riferimento alla Concordia, hanno parlato di “Inchini tollerati”. Lo sono
stati fino a qualche ora prima della tragedia sulla Costa Concordia che ha
provocato morti e feriti incagliandosi sulla scogliera davanti al porto
dell’Isola del Giglio. Repubblica.it lo ha documentato: nei registri delle
capitanerie di porto che dovrebbero controllare il traffico marittimo,
emerge che la “Costa Concordia” – così come tutte le altre navi in zona e in
navigazione nel Mediterraneo e nei mari di tutto il mondo – era “seguita” da
Ais, un sistema internazionale di controllo della navigazione marittima che
è stato attivato da alcuni anni e reso obbligatorio da accordi
internazionali dopo gli attentati dell’11 settembre (in funzione
anti-terrorismo) e dopo tante tragedie del mare avvenute in tutto il mondo.
Si è scoperto così che quel passaggio così vicino all’isola del Giglio era
un omaggio all’ex comandante della Costa Concordia Mario Palombo ed al
maitre della nave che è dell’isola del Giglio. Si è scoperto anche che per
ben 52 volte all’anno quella nave aveva fatto gli “inchini”. Inchini che
fino al giorno prima, fino a prova contraria, erano stati tollerati: nessuno
fino ad allora aveva mai chiesto conto e ragione ai comandanti di quelle
navi. Nessuno aveva cercato di capire perché passassero così vicini alla
costa dove per legge è anche vietato (se una piccola imbarcazione sosta a
meno di 500 metri dalle coste, se beccata dalle forze dell’ordine, viene
multata perché vietato). Figuriamoci se a un bestione come la Costa
Concordia è consentito “passeggiare” in mezzo al mare a 150-200 metri dalla
costa. Il comandante Schettino, come confermano le indagini e le
conversazioni radio con la capitaneria di porto di Livorno, ha fatto errori
su errori, ma nessuno prima gli ha vietato di avvicinarsi troppo all’isola
del Giglio. Quando si è incagliata era troppo tardi.
Da un inchino ad un altro. Dopo il 2 luglio 2014 l’anima italica, ipocrita
antimafiosa, emerge dalle testate di tutti i giornali. I moralisti delle
virtù altrui, per coprire meglio le magagne governative attinenti riforme
gattopardesche. Si sa che parlar dei mondiali non attecchisce più per la
male uscita dei pedanti italici. Pedanti come ostentori di piedi pallonari e
non di sapienza. Lo dice uno che sul tema ha scritto un libro: “Mafiopoli.
L’Italia delle mafie”.
Una protesta plateale. Se la Madonna fa l’inchino ai boss, i carabinieri se
ne vanno. Se i fedeli e le autorità, civili e religiose, si fermano in segno
di “rispetto”, davanti alla casa del mafioso, le forze dell’ordine si
allontanano, in segno di protesta. E ne diventano eroi. Tanto in Italia
basta poco per esserlo. È successo il 2 luglio 2014, a Oppido Mamertina,
piccolo paese in provincia di Reggio Calabria, sede di una sanguinosa faida
tra mafiosi: durante trenta secondi di sosta per simboleggiare, secondo
tutti i giornali, l’inchino al boss Giuseppe Mazzagatti, i militari che
scortavano la processione religiosa si sono allontanati. Tutti ne parlano.
Tutti si indignano. Tutti si scandalizzano. Eppure l’inchino nelle
processioni è una tradizione centenaria in tantissime località del sud.
Certo è che se partiamo con la convinzione nordista mediatica che il sud è
terra mafiosa, allora non ci libereremo mai dei luoghi comuni degli
ignoranti, che guardano la pagliuzza negli occhi altrui. Gli inchini delle
processioni si fanno a chi merita rispetto: pubbliche istituzioni e privati
cittadini. E’ un fatto peculiare locale. E non bisogna additare come mafiosi
intere comunità (e dico intere comunità), se osannano i singoli individui e
non lo Stato. Specie dove lo Stato non esiste. E se ha parvenza di
stanziamento, esso dà un cattivo esempio. A volte i giudizi dei tribunali
non combaciano con quelle delle comunità, specie se il reato è per
definizione nocumento di un interesse pubblico. Che facciamo? Fuciliamo
tutti coloro che partecipano alle processioni, che osannano chi a noi non è
gradito? A noi pantofolai sdraiati a centinaia di km da quei posti? Siamo
diventati, quindi, giudici e carnefici? Eliminiamo una tradizione centenaria
per non palesare il fallimento dello Stato?
Dare credibilità agli amministratori locali? Sia mai da parte dei giornali.
Il sindaco di Oppido Mamertina, Domenico Giannetta, ha rilasciato un lungo
comunicato per spiegare l’accaduto «Noi siamo una giovane amministrazione
che si è insediata da 40 giorni e non abbiamo nessuna riverenza verso un
boss. Se i fatti e le motivazioni di quella fermata sono quelli ricostruiti
finora noi siamo i primi a condannare e a prendere le distanze», spiega
Domenico Giannetta, sindaco di Oppido Mamertina. «A quanto appreso finora –
spiega ancora il sindaco – la ritualità di girare la madonna verso quella
parte di paese risale a più di 30 anni, ma questa – chiarisce Giannetta –
non deve essere una giustificazione. Se la motivazione è, invece, quella
emersa condanniamo fermamente. Noi – sottolinea – siamo un’amministrazione
che vuole perseguire la legalità. Ci sentiamo come Amministrazione Comunale
indignati e colpiti nel nostro profilo personale e istituzionale. Era
presente al corteo religioso tutta la Giunta Comunale, il Presidente del
Consiglio Comunale, il Comandante della Polizia Municipale e il Comandante
della Stazione dei Carabinieri di Oppido. Giunti all’incrocio tra via Ugo
Foscolo e Corso Aspromonte, nel seguire il Corteo religioso tutti i predetti
camminando a piedi svoltavamo a sinistra, circa 30 metri dietro di noi vi
erano i presbiteri e ancora dietro la vara di Maria SS. Delle Grazie. Mentre
tutti procedevamo a passo d’uomo la vara si fermava all’intersezione
predetta e veniva girata in direzione opposta al senso di marcia del Corteo,
come da tradizione. Peraltro, nell’attimo in cui i portatori della vara
hanno espletato tale rotazione, improvvisamente il Comandante della Stazione
locale dei Carabinieri che si trovava alla destra del Sindaco si è
distaccato dal Corteo, motivando che quella gestualità era riferibile ad un
segno di riverenza verso la casa di Mazzagatti. Sentiamo dunque con sobrietà
di condannare il gesto se l’obiettivo era rendere omaggio al boss, perché
ogni cittadino deve essere riverente alla Madonna e non si debba verificare
al contrario che per volontà di poche persone che trasportano in processione
l’effigie, venga dissacrata l’onnipotenza divina, verso cui nessun uomo può
osare gesto di sfida. Dal canto nostro nell’immediatezza del fatto, nel
dubbio abbiamo agito secondo un principio di buon senso e non abbiamo
abbandonato il Corteo per non creare disagi a tutta la popolazione oppidese
ed ai migliaia di fedeli che giungono numerosi da diversi paesi ed evitare
il disordine pubblico».
Se non vanno bene, possiamo cambiare le regole. Bene ha fatto a centinaia di
km in quel di Salerno il clero locale. Meno applausi e più preghiere,
affinchè la processione di San Matteo ritorni ad essere «un corteo orante» e
non un teatro o un momento «di interessi privatistici», scrive “La città di
Salerno”. L’arcivescovo Luigi Moretti annuncia così le nuove “regole” che,
in linea con la Cei, caratterizzeranno la tradizionale celebrazione dedicata
al Santo Patrono, invitando tutti – fedeli, portatori, istituzioni – a
recuperare il senso spirituale della manifestazione. Non sono previste
fermate dinanzi alla caserma della Guardia di Finanza, nè dinanzi al
Comune. Aboliti gli “inchini” delle statue che per nessuna ragione dovranno
fermarsi sulla soglia di bar e ristoranti, visto che «sono i fedeli che si
inchinano ai Santi e non il contrario». Nessuna “ruota” delle statue, fatta
eccezione per tre momenti di sosta all’altezza di corso Vittorio Emanuele,
corso Garibaldi e largo Campo. I militari che sfileranno dovranno essere
rigorosamente non armati e le bande saranno ridotte ad un unica formazione.
Le stesse statue saranno compattate «in un blocco unico per evitare
dispersioni». Nei giorni che precedono la processione saranno organizzate
iniziative nelle parrocchie della zona orientale, «che prima erano tagliate
fuori dalla celebrazione». Il corteo sarà aperto da croci e candelabri, poi
le associazioni, con l’apertura anche a quelle laiche, altra novità di
quest’anno. A seguire la banda, le statue, il clero «su doppia fila»,
l’arcivescovo che precederà San Matteo e dietro i Finanzieri, il Gonfalone
del Comune e le autorità con il popolo. Durante la sfilata «si pregherà e
verranno letti dei brani del Vangelo». No ai buffet allestiti per
ingraziarsi il politico di turno con brindisi e pizzette. «Quelle, se i
fedeli vorranno, potranno recapitarle a casa dei portatori», ha ironizzato
Moretti. «Ben venga chi vuole offrire un bicchiere d’acqua a chi è impegnato
nel trasporto delle statue, ma il resto no, perchè c’è un momento per fare
festa ed uno per pregare».
In conclusione sembra palese una cosa. Gli inchini nelle processioni non
sono l’apologia della mafia, ma spesso sono atti senza analisi mediatica
dietrologica. Molte volte ci sono per ingraziarsi, da parte dei potenti,
fortune immeritate. Sovente sono un segno di protesta contro uno Stato
opprimente che ha vergognosamente fallito.
L’italiano è stato da sempre un inchinante ossequioso. Ti liscia il pelo per
fottersi l’anima. Si inchina a tutti, per poi, un momento, dopo tradirlo.
D’altronde ognuno di noi non si inchina a Dio ed ai Santi esclusivamente per
richieste di tornaconto personale? Salute o soldi o carriera?
Ricordatevi che lo sport italico è solo glorificare gli appalti truccati ed
i concorsi pubblici falsati.
Dr Antonio Giangrande
Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia