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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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L’ex vescovo di Locri Morosini scrive al Capo dello Stato Napolitano

L’ex vescovo di Locri Morosini scrive al Capo dello Stato Napolitano

Nel lasciare la diocesi di Locri-Gerace per trasferirsi in quella di Reggio Calabria-Bova, l’arcivescovo metropolita Giuseppe Fiorini Morosini scrive al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano tracciando un quadro della situazione della Locride, un territorio sofferente che oggi si trova «in una condizione peggiore rispetto a 5 anni fa» all’insediamento del presule

L’ex vescovo di Locri Morosini scrive al Capo dello Stato Napolitano

Nel lasciare la diocesi di Locri-Gerace per trasferirsi in quella di Reggio Calabria-Bova, l’arcivescovo metropolita Giuseppe Fiorini Morosini scrive al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano tracciando un quadro della situazione della Locride, un territorio sofferente che oggi si trova «in una condizione peggiore rispetto a 5 anni fa» all’insediamento del presule

 

 

LOCRI (REGGIO CALABRIA) – ”Signor Presidente, debbo esprimerle tutto il mio rammarico per la politica che viene adottata nei confronti della Locride: non è una politica di liberazione e di riscatto, perché incentrata prevalentemente sulla repressione”. Lo ha scritto l’ex vescovo di Locri, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, prima di assumere, lunedì scorso, l’incarico di arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova. Fiorini Morosini aveva incontrato il Capo dello Stato cinque anni fa prima di diventare vescovo di Locri-Gerace. ”Nulla da eccepire – ha scritto il Presule – sull’azione di repressione, ma è necessaria un’azione di prevenzione, che non può essere svolta solo a livello di educazione teorica e morale. Lo Stato deve svolgere un’azione di promozione a favore della collettività. Si tratta anzitutto del lavoro che manca, poi dei servizi necessari allo sviluppo e ad una conduzione dignitosa della vita. Alcuni problemi del territorio vanno affrontati con coraggio e lungimiranza a livello legislativo; mi riferisco in modo particolare alla legge sullo scioglimento dei Comuni, a quella sulla carcerazione preventiva, ai certificati antimafia per lavorare. Un Comune sotto inchiesta, prima di essere sciolto, ha diritto ad una legittima difesa; così, per finire in carcere bisogna avere una elevata certezza che un cittadino abbia commesso il reato. Quando una ditta o piccola impresa è riconosciuta fuori dei giri mafiosi, ad essa va restituito subito il certificato antimafia tolto, perché è in gioco il lavoro di operai”. ”Non possiamo enfatizzare la confisca di beni alla malavita organizzata – ha concluso mons. Fiorini Morosini – e dimenticarci che non c’è lavoro, mancano strutture aggregative e sportive per i giovani, specialmente nei piccoli centri. Vanno riviste le modalità della vendita all’asta dei beni pignorati, che spesso favoriscono proprio gli esponenti della criminalità organizzata”.