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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 08 MAGGIO 2024

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L’emergenza Covid 19 ha stravolto e rivoluzionato un intero sistema di relazioni Il distanziamento sociale imposto ai fini di contenimento dell’epidemia ha finito per ridisegnare tempi e spazi di vita scanditi da usi consolidati

L’emergenza Covid 19 ha stravolto e rivoluzionato un intero sistema di relazioni Il distanziamento sociale imposto ai fini di contenimento dell’epidemia ha finito per ridisegnare tempi e spazi di vita scanditi da usi consolidati
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Di Francesca Sellaro

L’emergenza Covid 19 ha stravolto e rivoluzionato un intero sistema di relazioni, sistemi e metodi di lavoro.
Il distanziamento sociale imposto ai fini di contenimento dell’epidemia ha finito per ridisegnare tempi e spazi di vita scanditi da usi consolidati, accelerando in misura esponenziale quel passaggio al digitale che altrimenti sarebbe stato assai più lento e però anche più meditato. La tecnologia ci è indubbiamente venuta in soccorso colmando con la connessione le distanze fisiche e ricreando, nello spazio digitale, luoghi di confronto, di dialogo, che devono essere sempre più rispettosi della persona, nella posizione di lavoratore, fruitore di formazione, studente, docente, cittadino che accede a servizi e non ambienti anomici. A tal proposito è in corso una riflessione seria e complessa sulla rilevanza essenziale del trattamento e della protezione dei dati personali in questo processo, improvviso e caotico per dimensione, tempi ed in quanto inedito. La traslazione on-line di pressoché tutte le nostre attività non è, infatti, un processo neutro, ma comporta, se non assistito da adeguate garanzie, l’esposizione a inattese vulnerabilità in termini non solo di sicurezza informatica ma anche di soggezione a ingerenze e controlli spesso più insidiosi, perché meno percettibili, di quelli tradizionali. Ma non è questo al momento il focus che vorrei richiamare e dal quale partire.
Dovendo repentinamente cambiare modo di lavorare e passare dalle modalità di servizi consulenziali e formazione erogati in larga parte “in presenza ” a modalità esclusivamente in webinar, videoconferenza, messaggistica telefonica, e in fase di riorganizzazione del lavoro anche in smart working, abbiamo dovuto fare ricorso alla cassa integrazione per i collaboratori impegnati direttamente e in attività di supporto nei servizi e nella formazione in presenza. Soci ed altri collaboratori non hanno mai interrotto le attività di assistenza e supporto ai nostri clienti, anzi intensificandole per supportare le azioni di cambiamento repentine, inedite, ad horas, che gli enti hanno dovuto mettere in campo, a tutela dei propri lavoratori, per garantire prestazioni e servizi essenziali per i cittadini, per erogare prestazioni e servizi a sostegno dei più deboli. Coerentemente con la nostra mission.
Ora, dopo due mesi, ecco la cassa integrazione, in deroga perché siamo una azienda che ha meno di 15 dipendenti. Ma l’importo accreditato è di circa 300 euro. Sappiamo come si calcola, che tiene conto, l’importo, del rapporto di lavoro che non raggiunge il 100%, ma che in quanto tale ha garantito e garantisce un determinato, dignitoso stipendio, in base a quanto stabilito dal CCnl di riferimento. Non mi aspetto e non chiedo più assistenza da uno Stato che non vorrei assistenzialista. Non voglio fare riferimento al ristoro per le P.Iva di 600 euro. Va bene il reddito di emergenza.
Ma lavoratori che godevano di uno stipendio tra 1.200 e 1.500 euro, collaboratori che sono tra i maggiori professionisti in Italia nel proprio settore devono percepire un ristoro che ben poco può garantire? Proveremo ad assicurare una integrazione ai nostri collaboratori, fino a che ci sarà liquidità. Si, perché noi siamo interessati, auspichiamo da oltre un decennio che si trovi risoluzione alla crisi dei debiti commerciali delle PA, che venga finalmente pagato quanto dovuto dallo Stato, nelle sue articolazioni, ai propri fornitori. Già questa sarebbe una significativa iniezione di liquidità nel sistema. Speriamo, vogliamo e dobbiamo credere, che le somme indicate nel decreto vengano effettivamente realmente rese disponibili ed effettivamente erogate. Ma proprio una riflessione sul sistema vorrei fare e vorrei si facesse. C’è una frase che ho sentito in azienda, nelle conversazioni con nostri clienti, con tanti amministratori, che ci hanno reso orgogliosi di collaborare con loro per come hanno affrontato le fasi dell’emergenza, in territori difficili e delicati come i nostri, un sentiment: NULLA SARÀ COME PRIMA.
Ci siamo sentiti orgogliosi di essere italiani, abbiamo cantato, applaudito e tifato per i nostri operatori sanitari, rispettato regole nuove, avuto timore e preoccupazione per noi stessi e i nostri cari. Come cittadini abbiamo fatto quanto ci è stato chiesto. E c’è stata una espressione grande di solidarietà, il mettersi a disposizione dei singoli e di tante, tante aziende, tantissime associazioni, del sempre presente mondo del volontariato. Ma il cambiamento generale ed epocale che l’emergenza coronavirus chiama non è una dimensione personale, solo dei singoli. Il cambiamento dovrà essere di sistema o non sarà, a incominciare dai valori e dai termini del nostro patto sociale.
Ci sarà la perdita prevista del PIL e occorrerà intervenire ancora per aiutare chi resta indietro ma nello stesso tempo, considerando il debito pubblico del nostro paese, sarà indispensabile accompagnare il lavoro di chi lavora, di chi produce, investendo in infrastrutture e in infrastrutturazioni immateriali, definendo regole certe e semplici per chi vuole fare impresa, per i professionisti, combattendo la piaga dell’evasione senza vessazioni per chi produce, fattura e le tasse le paga. C’è una generazione che non vuole crogiolarsi nell’apatia o sfogarsi nel qualunquismo, che non vuole vivere di sussidi. Il cambiamento investe e investirà sempre più il nostro essere comunità, il nostro essere paese. Insomma dovrà essere di sistema o non sarà, a incominciare dai valori e dai termini del nostro patto sociale. E quei 300 euro di cassa integrazione, pur in “deroga”, non vanno proprio bene.