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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 06 MAGGIO 2024

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Legge di stabilità, Cisal: “Garanzia di instabilità per tutti i lavoratori del pubblico impiego”

Dura nota di Paola Saraceni e Antonello Iuliano

Legge di stabilità, Cisal: “Garanzia di instabilità per tutti i lavoratori del pubblico impiego”

Dura nota di Paola Saraceni e Antonello Iuliano

 

 

Riceviamo e pubblichiamo: 

Per riportare il rapporto deficit/P.I.L. entro la soglia del 3%, così per come imposto dall’U.E., molte strade potevano essere percorse.
Il Governo Letta, per non dover far ricorso all’imposizione di nuove tasse (cosa poi non del tutto vera dal momento che con i tagli ai fondi loro resi disponibili, ha di fatto obbligato gli Enti locali ad aumentare le proprie), ha scelto quella della vendita di alcuni immobili demaniali (per circa 500 milioni di euro) e quella dei tagli di spesa su ministeri ed enti locali (per circa 1,1 miliardi di euro), che corrisponde all’incirca ad un decimo di punto del P.I.L..
Ciò detto — a parte il fatto che rimane da vedere se tali entrate per complessivi 1,6 miliardi di euro, almeno per la parte delle vendite demaniali, saranno poi interamente realizzate –, poichè quando anche riuscisse nel suo intento, la scelta dell’esecutivo rimarrebbe comunque molto discutibile perché andrà a pesare come un macigno sui soliti noti: i dipendenti pubblici, il Segretario Generale di questo Dipartimento di sigla Sindacale, Paola Saraceni, sempre in prima linea al fianco dei lavoratori, presa carta e penna, ha scritto al Presidente del Consiglio, On Letta ed al Ministro per la P.A., On, D’Alia.
Lo ha fatto per evidenziare che questi italiani, lavoratori che non a caso abbiamo più volte definito “bancomat del governo”, rappresentano per lo stesso una fonte sicura ed immediata di reperimento delle risorse di volta in volta necessarie, saranno di fatto quelli su cui graverà il contributo più pesante.
Anche l’esecutivo Letta, infatti, così come è accaduto più volte in passato con il governo Monti ed altri che l’hanno preceduto, ha programmato -e si prepara ad attuare- l’intervento finanziario secondo la rozza logica dei tagli lineari, certamente più semplici e rapide da attuare.
Saranno cioè, in base ad un sistema in passato più volte sperimentato, rese indisponibili dai bilanci degli Enti destinatari determinate somme, con riferimento alle spese correnti, in base ad una tabella che distribuisce le rispettive decurtazioni tra le diverse amministrazioni interessate.
Tale sistema evidenzia l’assoluta incapacità (dovremmo forse dire la non volontà?) di intraprendere una politica di reale cambiamento ed ammodernamento della pubblica amministrazione, privilegiando viceversa soluzioni emergenziali e a breve termine.
Da queste scelte, purtroppo, emerge chiaramente una visone della pubblica amministrazione antica e desueta che, lungi dal considerarla un settore trainante del Paese sul quale investire per elevare il livello dei servizi e quindi la qualità della vita dei cittadini, la relega ad una sorta di “zavorra sociale”, costosa ed inefficiente.
E’ la stessa dignità del lavoro pubblico che viene, una volta di più, fortemente mortificata dalle scelte della politica; la dignità di oltre 3 milioni di lavoratori che i provvedimenti governativi di questi anni hanno sempre più depauperato dei propri diritti, a cominciare da quelli economici, come il perpetuarsi del blocco dei rinnovi contrattuali sta a dimostrare.

Parallelamente ed inoltre, queste scelte ottuse vanno a colpire i fruitori dei pubblici servizi, e cioè i cittadini in senso lato, ai quali opzioni come la chiusura di uffici sul territorio, la riduzione delle prestazioni o il loro protrarsi nel tempo, comportano disagi di ogni tipo.
Fin qui, in sintesi e purtroppo, anche con il governo Letta, quello delle larghe intese per il bene del Paese come l’hanno a suo tempo definito, “niente di nuovo sotto il sole”.
Al contrario, la rinascita del Paese non può prescindere dal rilancio del settore pubblico, che di per sé costituisce un forte volano per la sua economia, da realizzarsi restituendo ai dipendenti pubblici il ruolo e la dignità che spetta loro, attraverso la riapertura della stagione contrattuale, l’adeguamento dei loro stipendi agli standard dei Paesi europei, l’elevazione della loro professionalità per mezzo di adeguati percorsi formativi permanenti e l’eliminazione della miriade di consulenze e di incarichi esterni che gravano pesantemente, questi si, sulla spesa pubblica e mortificano la dignità professionale di questi lavoratori.
Le scelte della politica devono andare in tutt’altra direzione, la necessità di contenere la spesa pubblica non può fungere da facile alibi per affossare ulteriormente il pubblico impiego, accontentandosi di fare cassa per risolvere l’immediato, senza guardare più in là del proprio naso.
Leggiamo, invece, della proposta Bisinella-Calderoli, di elevare l’orario di lavoro dei pubblici dipendenti a 40 ore settimanali, secondo quella logica becera che misura la produttività in termini meramente quantitativi, senza alcun riguardo per la qualità ed i contenuti della prestazione lavorativa.
E, tuttavia, vogliamo concludere che si potrebbe persino discutere di questa ipotesi delle 40
ore (anche se tutto il mondo viaggia in direzione opposta, nel senso di diminuire le ore di lavoro a vantaggio della qualità delle prestazioni), ma non certo a queste condizioni: senza rinnovi contrattuali, senza adeguamenti stipendiali al costo della vita, senza assunzioni, senza formazione, senza “niente” …
Nessun Governo, e tanto meno questo, può pensare di risolvere la grave crisi economica in cui si dibatte il Paese con il pallottoliere: servono scelte coraggiose, di lungo respiro, che abbiano una natura progettuale e non emergenziale, e che pongano la questione del pubblico impiego tra le sue priorità.

Il Segretario Generale Paola SARACENI

Il Responsabile Nazionale UFFICIO COMUNICAZIONE E RAPPORTI CON LA STAMPA E MEDIA Antonello IULIANO