Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), VENERDì 26 APRILE 2024

Torna su

Torna su

 
 

Le notizie dal Giappone e il referendum sulle centrali nucleari

Le notizie dal Giappone e il referendum sulle centrali nucleari

L’opinione di Bruno Morgante

Le notizie dal Giappone e il referendum sulle centrali nucleari

L’opinione di Bruno Morgante

 

 

RIZZICONI – Sulla base delle  tragiche notizie che ci giungono dalle centrali nucleari del Giappone ritorna d’attualità il problema della loro sicurezza nel momento in cui il Governo Italiano ha deciso di riprendere il programma nucleare, sospeso negli anni ottanta, a seguito del referendum abrogativo con cui il popolo aveva allora bocciato il piano di installazione di centrali nucleari in Italia.

Presto, il 12 giugno di questo anno, saremo chiamati ad esprimerci in un altro referendum promosso per abrogare il nuovo piano nucleare del Governo.

Io penso che orientarsi sul modo di votare discutendo prevalentemente  della  sicurezza degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica sia fuorviante e rischia di farci impantanare in tecnicismi, di cui peraltro conosciamo poco.

Probabilmente questa mia posizione è influenzata dalla mia fiducia nella scienza e dalla conseguente convinzione che essa saprebbe trovare le soluzioni adeguate, se questo fosse il problema dirimente, fiducia che non viene meno nemmeno nel momento in cui in Giappone sono sotto l’incubo di una catastrofe nucleare e non si hanno certezze sulla capacità di bloccare i processi di fusione in atto.

Come votare al referendum è una decisione importante che ognuno di noi è chiamato a prendere e che inciderà nel futuro del paese ed è sperabile che parta un serrato dibattito e confronto che aiuti tutti a decidere per il meglio.

Da una parte l’Italia ha bisogno di garantirsi energia per sostenere il proprio sviluppo, svincolarsi il più possibile dalla dipendenza del petrolio e ha bisogno di partecipare alle ricerche sull’energia nucleare,per essere alla pari con le grandi nazioni nel campo dell’innovazione e delle nuove frontiere della fisica, dall’altra ha necessità di fare una seria analisi costi–benefici dei propri investimenti, in quanto l’enorme debito pubblico gli impone di selezionare al massimo i settori in cui investire le poche risorse a disposizione, operando delle scelte di modello di sviluppo possibile.

Oggi siamo costretti a sacrificare settori vitali per il nostro avvenire, come la ricerca, la scuola, i beni culturali e ambientali, operando tagli significativi dei capitoli di bilancio statale che finanziano tali settori.

A pena di un declino inesorabile e di una perdita della peculiarità internazionale dell’Italia, basata sulla cultura e sul gusto della bellezza, sulla piccola e media impresa e sull’artigianato di qualità, è necessario invertire la rotta affrontando il problema del debito pubblico, dell’efficienza della pubblica amministrazione perché diventi un fattore di sviluppo e non di spreco,  della riqualificazione del bilancio dello stato perché si liberino risorse per investimenti, della selezione rigorosa degli investimenti sulla base di una seria analisi costo-benefici a medio e a lungo termine.

Nel piano per la ripresa degli investimenti in centrali nucleari in Italia è previsto un investimento di trenta miliardi di euro nei prossimi venti anni ( tanto è il tempo necessario per progettare e realizzare delle centrali nucleari ) per riuscire a coprire con l’energia atomica appena il 4% del fabbisogno energetico nazionale.

Con molto meno investimenti nei venti anni e con molto maggiore impatto sullo sviluppo del paese, salvaguardando e valorizzando il suo patrimonio culturale, artistico e ambientale, si può ottenere lo stesso obiettivo con impianti alimentati da fonti rinnovabili (biomassa, fotovoltaico, solare, eolico, geotermico, biogas, idroelettrico,etc..), destinando le risorse residue ai settori vitali.

Il segreto da noi è produrre energia con impianti diffusi di piccole dimensioni.

Per esempio con impianti alimentati a biomassa significa non solo difendere l’ambiente, ma anche dare un grande sostegno all’agricoltura in termini di integrazione di reddito facendo diventare risorse i residui di lavorazione che oggi rappresentano un costo per il loro smaltimento, dai residui di potatura, agli scarti di lavorazione o di valorizzazione di produzioni di scarto, quale il letame nella zootecnia, o dell’olio di sansa, oggi fuori mercato o delle produzioni di scarto e di minore pregio delle lavorazioni silvo-forestali.

Lo stesso vale per il solare e l’eolico, sopratutto se si punta a milioni di piccoli impianti da collocare sui tetti  e in questo senso gli enti pubblici potrebbero fungere da apripista, rafforzando i propri bilanci con una nuova fonte di reddito e con la conseguente possibilità di ridurre la pressione dei tributi comunali sui cittadini

Non è di secondaria importanza che la diffusione di questo tipo di impianti significa non solo nuova occupazione, ma possibilità di insediamento di piccole e medie imprese per la loro produzione, installazione e manutenzione.

Sono altrettanti risorse da sfruttare in termini energetici e altrettanti occasioni di sviluppo le discariche dismesse,veri giacimenti di biogas, la gestione intelligente del ciclo dei rifiuti con la raccolta differenziata, recuperando materia prima seconda per la produzione di energia elettrica e termica per il teleriscaldamento,.

Nel frattempo l’Italia, nel mentre aumenta la propria capacità autonoma di produzione di energia, può continuare ad approvvigionarsi dai paesi europei, tenuto conto anche che il prezzo è abbastanza competitivo, affrancandosi sempre più dalla dipendenza del petrolio.

In un quadro europeo dovremo concorrere con la nostra specificità e con il nostro modello di sviluppo all’autosufficienza energetica dell’Europa, convinti che un’Italia forte può aiutare l’Europa ad essere più forte.

In questo senso possiamo continuare a fare parte delle ricerche a livello europeo, come avviene oggi anche nelle ricerche più avanzate per la produzione di energia in nuove centrali nucleari senza produzione di scorie radioattive con un ruolo non di secondo piano dell’Italia con i suoi scienziati e i propri centri di ricerca.

Così come possiamo continuare a concorrere alla costruzione di centrali nel mondo, così come ha fatto e sta facendo l’ENEL e l’ENEA.

Questo ragionamento, che non parte da pregiudiziali ideologiche, ma cerca di non inseguire mode dietro cui si possono nascondere interessi di grandi aziende, e di valutare le convenienze per il nostro paese, porta alla conclusione che non c’è bisogno di costruire in Italia costosissime centrali nucleari se possiamo raggiungere lo stesso obiettivo di produzione di energia elettrica a minori costi e con un impatto maggiore sullo sviluppo di nostre piccole e medie imprese, sull’occupazione e sulla valorizzazione della nostra agricoltura e del nostro patrimonio artistico ed ambientale.

redazione@approdonews.it