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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 02 MAGGIO 2024

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Le interdittive? Ennesimo dramma per Reggio Le interdittive vengono assunte d’imperio dai Prefetti e stanno letteralmente massacrando gli imprenditori e, di conseguenza, la stessa economia dei territori dove essi operano

Le interdittive? Ennesimo dramma per Reggio Le interdittive vengono assunte d’imperio dai Prefetti e stanno letteralmente massacrando gli imprenditori e, di conseguenza, la stessa economia dei territori dove essi operano
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di Giovanni Alvaro

Ce ne sono state altre, ma molte altre, indirizzate a Imprese reggine, prima dell’ultima interdittiva che ha colpito una delle aziende (la AET Srl) di cui è contitolare il Presidente dell’Associazione Industriali di Reggio Calabria, ingegnere Andrea Cuzzocrea, che ha rassegnato immediatamente le sue dimissioni, per ragioni di opportunità, dall’incarico a “tutela del buon nome e dell’onorabilità di Confindustria,… che ho avuto l’onore di presiedere in questi anni. Ringrazio tutti gli imprenditori per la fiducia e il sostegno accordatomi in questo lungo periodo…”. Subito dopo sono arrivati i comunicati di vicinanza di Ance e di Confindustria. A lui e a tutti coloro che ingiustamente vengono colpiti giunga la nostra solidarietà.

Quando si parla di ‘interdittive prefettizie’ molti italiani, quelli soprattutto residenti nel Centronord, non sanno nemmeno di cosa si stia parlando perché la normativa viene applicata principalmente nel Sud e con particolare cura e attenzione a Reggio Calabria. Le interdittive vengono assunte d’imperio dai Prefetti e stanno letteralmente massacrando gli imprenditori e, di conseguenza, la stessa economia dei territori dove essi operano. Basta un ‘si dice’, un ‘sembra’, o avere un lontano ‘parente’ con problemi di mafia e, in men che non si dica, si diventa destinatari della scelta del Prefetto che decreta la chiusura di qualsiasi attività.

Non c’è, quindi, necessità che la Magistratura accerti se siano stati commessi reati da perseguire perché la parola della Prefettura non ha bisogno d’essere documentata. Classico autoritarismo che piace a Renzi e a ai ‘soldati’ di Grillo che diventano molto solerti quando si tratta di soggetti lontani dalle loro idee, o semplicemente non legati a loro, e addirittura li vorrebbero bruciare vivi, e subito, in roghi sulla pubblica piazza, più di quanto già non faccia l’interdittiva ricevuta perché gli effetti delle decisioni prefettizie rimangono e possono marchiare per sempre pur se all’origine ci fosse un semplice cenno di risposta al saluto ricevuto da un mafiosetto incontrato per strada. Sul malcapitato resterà una macchia indelebile di inaffidabilità.

Le informazioni a carattere interdittivo sono uno strumento da rivedere totalmente (nell’ambito della riforma della giustizia che deve essere parte integrante dei programmi elettorali) perché in uno stato di diritto non si possono tollerare meccanismi che possono essere usati senza alcun controllo ripercorrendo gli abusi perpetrati contro chi veniva indicato, anche erroneamente, come untore ed egregiamente descritti da Alessandro Manzoni ne ‘La colonna infame’. Oggi non si tratta di untori ma di imprenditori che con le interdittive vengono indicati all’opinione pubblica come collusi con la mafia mentre la loro vita viene fatta a pezzi.

E con la decimazione degli imprenditori ci si rende conto che si bruciano migliaia e migliaia di posti di lavoro? O si è così ciechi da battere la più crassa ignoranza da burocrazia? E’ assurdo che non si tenga conto delle ricadute negative sull’economia cittadina che perde giornalmente fette di reddito. Da mesi a Reggio sono chiusi bar, esercizi commerciali, ristoranti e ritrovi in riva al mare (la cui stagione sta per iniziare e rischia che per alcuni non la si potrà utilizzare).

Sorge spontanea una domanda: perché questo accanimento su Reggio Calabria? Chi e cosa realmente sta dietro? Reggio è forse cavia per esperimenti da esportare nel resto del Paese? Non ci stiamo. Bisogna ritornare con i piedi per terra anziché pensare solo a eseguire direttive che non tengono conto della debole realtà locale. Combattere la ‘ndrangheta è giusto ma senza teoremi precostituiti che lacerano il tessuto vivo della comunità e fanno terra bruciata. Il deserto spinge la gente a dire che la mafia porta lavoro. Non sono tra costoro. L’affermazione è falsa perché la mafia, quella vera, pensa solo, con la violenza, al suo arricchimento. Ma neanche siamo tra coloro che plaudono se si usa la mafia per affamare, letteralmente, la nostra terra.