Boom in Europa per le interruzioni di gravidanza a causa delle difficoltà economiche.
La grande recessione e i successivi adeguamenti economici hanno causato innumerevoli
calamità ai cittadini di tutta Europa. Lacune e incertezze hanno anche fiaccato
i progetti per le donne di essere madri. Eppure solo qualche anno fa, l’Europa era
al centro di un baby boom. Ora però si è costretti ad assistere a una drastica
inversione di marcia. Tutta colpa della crisi finanziaria. A causa delle precarie
condizioni economiche, infatti, le coppie sempre più spesso decidono di non avere
figli in attesa di tempi migliori. L’allarme arriva da uno studio condotto dall’Università
di Oxford: dopo lo scoppio della crisi c’è stato un aumento notevole di aborti in
tutto il continente. Il fatto è più rilevante perché viene dopo un decennio di
continua diminuzione del numero di aborti tra tutti i paesi europei. Gli autori dello
studio, che hanno studiato gli effetti delle politiche di austerità sulla salute
dei cittadini hanno spiegato: “La percentuale di aborti è diminuito tra il 2000
e il 2009 nella UE, ma dal 2009 questa tendenza si è invertita, con un aumento del
5%”. La tendenza è coerente nella maggior parte dei paesi europei in cui è consentito
l’aborto, anche se in Germania, Regno Unito e Spagna ha una percentuale simile al
periodo prima delle politiche di austerità. Secondo i dati pubblicati nel Journal
of Public Health, in particolare, 6.700 aborti supplementari, ogni mille, sarebbero
correlati alla situazione politica ed economica. Gli effetti sono statisticamente
significativi in tutte le fasce di età delle donne in età fertile, anche
se sembrano più accentuati in quelli più giovani. Ad esempio dal paragone con i
più recenti valori pubblicati da altri paesi si osserva per le donne con meno di
venti anni: in Italia nel 2011 il tasso di abortività è stato pari al 6.4 per 1000
(era il 7.2 nel 2008); nello stesso anno in Inghilterra e Galles è stato il 20 per
1000, in Svezia il 19.8 per 1000, in Spagna il 13.7; in Francia nel 2009 era il 15.2;
negli USA nel 2010 era il 19.8. Il rapporto di abortività (numero delle IVG per
1000 nati vivi) in Italia nel 2012 è risultato pari a 200.8 per 1000 con un decremento
del 2.5% rispetto al 2011 (206.0 per 1000) e un decremento del 47.2% rispetto al
1982 (380.2 per 1000). Anche se la diminuzione numerica dal 1982 è solo apparente.
Infatti, da quell’anno è iniziata una straordinaria campagna in favore di vari
tipi di contraccettivi e delle varie pillole (del giorno prima, del giorno dopo,
oggi dei cinque giorni dopo, la RU486) che hanno limitato il numero degli aborti
presso ospedali e cliniche. Basti pensare che nel 2012 sono state vendute circa 400.000
confezioni di “pillole del giorno dopo”, e quel numero aumenta ogni anno. Allora
il numero degli aborti procurati da tali mezzi abortivi, perciò, vanno ad aggiungersi
alle cifre ufficiali. Mai come adesso la mancanza di soldi dovuta alla precarietà
lavorativa e al carovita sta condizionando la decisione di tenere un bambino, sottolinea
Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”. Del resto,
i figli costano: per il primo anno di vita un neonato costa nel nord Italia anche
cinquemila euro. Una cifra spesso troppo elevata per chi non riesce ad arrivare alla
fine del mese.