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TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 25 APRILE 2024

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L’artista italo tedesca che omaggia la ceramica di Seminara Linda Edelhoff, scultrice dell' "amore universale", incantata dai vasi del maestro Latino: "forme che si plasmano dalla terra e raccontano il sogno"

L’artista italo tedesca che omaggia la ceramica di Seminara Linda Edelhoff, scultrice dell' "amore universale", incantata dai vasi del maestro Latino: "forme che si plasmano dalla terra e raccontano il sogno"

SEMINARA – Dalle origini antichissime che risalgono alla Magna Grecia, con le sue maschere apotropaiche, i personaggi satirici che irridono il potere, le sue tradizioni mistiche collegate al mondo della natura, creativa, divertente, colorata, la ceramica di Seminara si conferma essere tra le più apprezzate da intenditori e artisti fuori dai confini regionali. Prova ne è il recente omaggio che la scultrice italo tedesca Linda Edelhoff ha voluto rendere a uno dei grandi ceramisti della vecchia generazione, scomparso nel 2014, il maestro Vincenzo Antonio Latino. La sua arte continua dunque ad emozionare ed è viva oltre il tempo, nelle sue armonie ondulate e generate con il tornio a pedali. Non solo ceramica ma testimonianza di quello che fu il suo impulso, la sua interiorità spirituale di un essere umano travolto dal bisogno di scoprire il proprio animo. “Totò” Latino creò una serie d’incantevoli vasi, la cui forma evoca natura, foglie, fiori e animali. Una forma che si plasma dalla terra e racconta il sogno. Si ricorda dell’artista una frase: “i miei gioielli non sono collane o pietre preziose ma i miei vasi, le mie anfore, i miei colori”. Edelhoff che ha radici cetraresi -città dove Latino lavorò e insegnò l’arte della ceramica, negli anni ’70- affascinata dalla sua storia, lo ha omaggiato abbozzando tre vasi irregolari in cui la forma esplode in una geometria naturale. “Ho notato i suoi vasi stupendi, molto ricchi di elementi che richiamano la natura -racconta- foglie, cavalli e altro ancora quasi a rappresentare un’immagine onirica che vuole ricordare il sogno e, fondamentalmente, è questo che ci lega: anch’io, infatti, ho cercato di sposare questo lato artistico”. Le sculture di Edelhoff colpiscono infatti per una particolarità, una sorta di marchio di fabbrica, che incuriosisce inevitabilmente chi le osserva: rane e rospi si poggiano pigri e morbidi sul capo, sulle spalle, sulle labbra, sui corpi femminili e voluttuosi. Figure estrapolate dalla fiaba dei fratelli Grimm “Il principe ranocchio” che rappresentano metaforicamente l’amore universale, non solo tra uomo e donna. “In quei tre vasi -evidenzia ancora Edelhoff- ho cercato di riportare la morbidezza e la plasticità della tecnica dell’artista. La loro destinazione? E’ in itinere. Per ora li inserirà insieme alle altre sculture nel mio atelier a Salerno, dove vivo e lavoro”. Durante il periodo di lockdown, dell’artista si è parlato molto perché ha realizzato un busto di papa Francesco: opera che anela al raccoglimento e alla preghiera, ma in un’accezione più ampia e universale, che travalichi il singolo culto e il particolarismo individuale, in un’unità non solo apparente, che superi la solitudine infinita del vuoto sagrato della Basilica di San Pietro che, sotto la pioggia di un cielo plumbeo, ha segnato, più d’ogni altra immagine, la tragedia della pandemia.