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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 19 MARZO 2024

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La vita è sogno Analisi letteraria del giurista blogger Giovanni Cardona sulla provvisorietà del potere

La vita è sogno Analisi letteraria del giurista blogger Giovanni Cardona sulla provvisorietà del potere
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Calderòn de la Barca riprende il mito pagano di Edipo e riesce a convertirlo entro la logica della giustizia cristiana, ma non senza dubbi e tentennamenti che, esploderanno poi in Hofmannsthal, quando cercherà, tre secoli dopo, di riscrivere la stessa opera di Calderòn e si troverà, invece, a segnare la fine irresolubile del tragico.

Grazie per aver letto questo contenuto, continua a seguirci!!

Calderòn ci trasporta in un mondo fantastico e di sogno.

Ne “La vita è sogno” il re Basilio tiene segregato in una torre il proprio unico figlio Sigismondo, ignaro della propria reale identità: teme si avveri la profezia secondo cui un giorno lo soppianterà nel controllo del regno.

Ma il padre non resiste al rimorso e vuole mettere alla prova il figlio e il destino.

Fa portare davanti a sé un Sigismondo ancora addormentato e, senza nessuna spiegazione, gli fa provare la condizione di principe.

Ed allora viene fuori la sua natura corrotta: ignominia, superbia, voluttà.

Non resta che rinchiuderlo nuovamente nella torre, facendogli credere che sia stato tutto un sogno.

Sigismondo resta solo, con le sue colpe e con i suoi dubbi: “Ma sia sogno sia verità devo agire giustamente; se è verità perché lo è; se è sogno per conquistarmi degli amici, quando il tempo ci sveglierà”.

Dopo questo ravvedimento, il padre lo riabilita e gli cede il trono: la profezia si realizza e il figlio prende, come Edipo, il posto del padre, ma senza lutti, morti, sopraffazioni.

La provvidenza cristiana colma il rischio del tragico, manifesta di essere l’unica misura che può veramente trasformare, dall’interno, l’uomo e il potere, riconducendo entrambi entro il supremo ordine divino.

Il Sigismund di Hofmannsthal resta, invece, chiuso entro la sua Torre, che non a caso dà il nome al dramma.

Schiacciato dal potere e dai suoi dubbi, preferisce non superare i confini delle mura che lo tengono imprigionato: “Di nessuna cosa sappiamo com’è, e non vi è nulla di cui potremmo dire che è di natura diversa dai sogni“.

Non c’è una misura che consenta di separare il giusto dall’ingiusto, epurando il potere dalla sua “innaturalità”, consentendogli comunque una possibilità di riscatto, una possibilità di ordine se non la purezza dell’ordine che illumina Calderon.

Con estrema acutezza, Cacciari rintraccia l’origine della crisi di Hofmannsthal in una delle opere più straordinarie di Grillparzer che negli stessi anni in cui si celebrano i fasti del Congresso di Vienna sembra già presagire la fine degli Asburgo.

L‘immaginario Rodolfo II di Grillparzer non riesce a reggere il peso della scoperta che “il potere è solo ciò che vogliamo“.

Come sovrano, ma soprattutto come uomo, si sente incapace di arrestare la dissoluzione del mondo, è assolutamente impotente dinanzi ai conflitti e al disfacimento.

Gli resta solo la disperazione e la rassegnazione della vanità di ogni illusione terrena: “Conosci giovanotto, la parola Ordine? Regna l’ordine lassù? Quaggiù c’è vano arbitrio e confusione“.