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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 30 APRILE 2024

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La lanterna di Diogene

La lanterna di Diogene

Sindaci nel mirino: andiamo via! “La libertà non è una cosa che si possa dare; la libertà uno se la prende, e ciascuno è libero quanto vuole esserlo”

a cura di GIUSEPPE LAROSA

La lanterna di Diogene

Sindaci nel mirino: andiamo via! “La libertà non è una cosa che si possa dare; la libertà uno se la prende, e ciascuno è libero quanto vuole esserlo”

 

a cura di Giuseppe Larosa

 

 

C’è un’aria putrida, dismessa e senza speranze in Calabria, ma c’è anche la voglia di reagire e di andare avanti pur tra mille tentativi che tendono sempre ad attraversare lo sconforto e lo sconcerto per un clima sempre più teso, fuori da ogni canone di legalità e di libertà.

In questo territorio ci sono i sindaci, la loro istituzione ed il rapporto con la cittadinanza cui devono darne conto ma che stentano quotidianamente a risollevare le sorti ed adempiere al compito che gli è stato conferito dal voto popolare. Ma se a questi problemi si aggiunge anche l’arroganza della criminalità mafiosa allora il futuro è seriamente compromesso.

Tanti sono stati i gridi di allarme da più parti dopo l’ennesimo attentato ad un sindaco calabrese, come quello di Monasterace. Maria Carmela Lanzetta è stata vittima, quasi due settimane fa, di una brutale intimidazione mafiosa, l’ennesima dopo che lo scorso anno avevano incendiato la farmacia di sua proprietà. Ed è per questo che ha deciso di dire basta. Non è facile amministrate nella nostra terra, non è facile affrontare ogni cosa all’insegna della trasparenza e della legalità.

Prima di lei un altro sindaco (donna), era stato minacciata con una lettera molto velata da un potente boss della Piana di Gioia Tauro, e che per questo ha subito una condanna di cinque anni. L’attuale sindaco di Rosarno Elisabetta Tripodi. Sindaci in trincea che cercano di agire nella giusta direzione contro l’arroganza mafiosa e l’ambizione di creare sviluppo e crescita sociale, culturale e programmatica.

Maria Carmela Lanzetta e Elisabetta Tripodi, la prima nella locride l’altra nella piana, entrambi segnati da un destino crudele, quello delle minacce e delle ritorsioni. Sindaci che hanno ricevuto la piena solidarietà di tanti colleghi, della carta stampata e di molti personaggi delle istituzioni. Sindaci che non sono da soli ma che vivono la loro condizione con la consapevolezza della paura e del rischio quando si amministra una comunità.

Un nobile gesto è arrivato dai 42 sindaci della locride che in un accorato appello al governo hanno deciso di concedere un mese di tempo per avere dei riscontri concreti riguardanti la propria sicurezza ed altro ancora. E se queste risposte non dovessero arrivare, allora lasceranno il loro scranno di primo cittadino deponendo le loro fasce tricolori. Tutti insieme hanno anche bramato a chiare lettere con un appello al sindaco Lanzetta di non mollare. Non mollare per resistere ancora.

«La libertà è uno dei doni più preziosi dal cielo concesso agli uomini: i tesori tutti che si trovano in terra o che stanno ricoperti dal mare non le si possono agguagliare: e per la libertà, come per l’onore, si può avventurare la vita, quando per lo contrario la schiavitù è il peggior male che possa arrivare agli uomini», scriveva de Cervantes nel suo Don Chisciotte della Mancia. Quella stessa libertà che vale anche per il sacerdote antimafia don Giacomo Panizza che ha ricevuto un’altra intimidazione nella sede della sua comunità “Progetto sud”. La stessa libertà che invoca monsignor Morosini quando asserisce in maniera preoccupata che in Calabria «si rischia che agli appuntamenti elettorali manchino persone disponibili a candidarsi. Se il cittadino onesto, che va lì veramente per giocarsela tutta, deve correre questi rischi, davvero chi glielo fa fare? L’eroismo non si può imporre a tutti». In una regione in cui hanno «soppresso tutti i treni a lunga percorrenza. Le strade interne dei piccoli centri sono un disastro, da Terzo mondo».

Sono gridi di allarme che hanno l’eco della disperazione, della misura colma e della paura di agire perché perseguitati dalla delinquenza, dalla potenza delle mafie e dall’abbandono dello Stato.

Sì appunto, “l’abbandono dello Stato”, quello che Maria Carmela Lanzetta ha dichiarato anche dopo aver appreso la notizia della provocazione dei suoi colleghi della locride insieme anche ad altri sindaci provenienti da altre realtà calabresi facente parte dell’associazione nazionale comuni italiani.

Il grido di dolore per l’abbandono è un ultimo gesto disperato che in mezzo ad un deserto di indifferenze e di violenze possa essere un’oasi di speranza e di rivalsa di una terra ancora in cerca della propria identità.

lalanternadidiogene@approdonews.it