Image Image Image Image Image Image Image Image Image Image

TAURIANOVA (RC), GIOVEDì 25 APRILE 2024

Torna su

Torna su

 
 

La lanterna di Diogene

La lanterna di Diogene

Il nostro cinico filosofo affronta il binomio “Donna-Mafia”

La lanterna di Diogene

Il nostro cinico filosofo affronta il binomio “Donna-Mafia”

 

La donna. Cos’è la donna in questa società? Quale il suo ruolo e le sue prerogative? Ma se ad essa si associa la parola «’Ndrangheta» o «Mafia» cosa ne esce? Utilizzando un famoso aforisma di Wilde in cui «La storia delle donne è la storia della peggior tirannia che il mondo abbia mai conosciuto: la tirannia del debole sul forte. E’ l’unica tirannia che resiste», ci verrebbe molto da riflettere perché penso che molto di questo sia vero. Gli interrogativi sarebbero tanti ai giorni nostri se andassimo a guardare dentro l’universo mafioso, tra mogli, madri ed altri familiari, troveremmo una miriade di donne che rivestono un ruolo fondamentale sia per la loro condizione di vittime che per quella di affiliate e protettrici della condizione patriarcale del mafioso. E ciò lo si constata nelle tante donne parenti di ogni grado che hanno ripudiato figli, mariti che avevano violato un sorta di codice mafioso ritenendoli e marchiandoli con il titolo di “infami”. Insieme a molte altre che sono state mandanti di omicidi ed hanno retto la famiglia mafiosa, vedi le varie storie di camorra da Raffaele Cutolo in poi oppure molte storie di donne che mentre i mariti stavano in galera braccati dal regime carcerario di isolamento erano loro stesse che gestivano il potere e gli affari di famiglia. Ma ci sono anche quelle donne vittime del sistema mafioso, delle vendette, dei pentimenti o delle ripercussioni contro per crimini che hanno fatto i loro congiunti mafiosi. Apprezzabili le donne di mafia che vengono definite “pentite” perché si sono ribellati ad uno status sociale che li opprimeva ed hanno collaborato con la giustizia pagando a caro prezzo finanche con la vita per il loro coraggio, vedi Lea Garofalo sciolta alcuni mesi fa nell’acido su mandato del suo ex compagno. E man mano scorrendo fino ai giorni recenti, in quella strage crudele ed effimera, dove madre e figlia sono stati ammazzati come bestie a San Lorenzo del Vallo. Dove mi viene difficile non ricordare il corpo della povera Barbara che penzolava sul balcone colpita dalla furia omicida degli assassini. E l’elenco sarebbe lunghissimo come anche molti i trattati letti in merito a questa condizione di donna vicino alla criminalità organizzata. Ma occorre, a mio avviso, iniziare a studiare il fenomeno in quanto donna al di là della parità dei sessi, ma la donna come fenomeno vicino alla mafia nel suo contesto sociale e umano. Approfondire il tema nei suoi vari mutamenti significativi dinanzi ad un’esigenza di carattere generale alimentata da una spinta culturale e di contesto sociologico. Da queste analisi e condizioni, una realtà associativa sarebbe una soluzione iniziale di dialogo e di confronto. In maniera tale che ci possano essere testimonianze raccolte di buon grado con un raffronto con chi combatte la mafia ogni giorno sul campo, chi la racconta insieme con chi la vive. E queste realtà associative possono essere come punto di appoggio di ogni sviluppo tendenziale alla repressione del fenomeno ed anche come strumento propositivo al potere legislativo incentivandolo per la ricerca di nuove modifiche del codice penale come anche di nuovi orizzonti ad affrontare il tema in maniera più libera e dialogante. Ed a tal proposito, un passo importante è stato fatto con un convegno a Reggio Calabria organizzato da una giovanissima associazione fondata da due brillantissime ed intelligenti giovani donne che si chiama Ladyterranea. Giovanna D’Agostino e Serena Cara hanno dato vita a questo convegno dal titolo intrigante e provocatorio “’Ndrangheta è donna?” con la partecipazioni di illustri ospiti tra cui la giornalista Nerina Gatti, l’assessore Tucci ed altri ancora insieme alla testimonianza di una (donna)figlia di una vittima di mafia. Insieme hanno dibattuto il tema delicato in seno alla condizione della donna come vittima e carnefice. Due analogie con una diversità sostanziale che vanno verso un progetto unitario di intenti e la riscoperta dei “valori” negativi e/o positivi nel panorama mafioso ed il ruolo importante ed a volte principale della donna. Associazioni come Ladyterranea hanno un alto senso significativo ed educativo nella storia di una comunità, che cerca un riscatto sociale dando ad essa una nuova impronta culturale e delle rivoluzione delle coscienze che rifiutano i silenzi e l’omertà contro un mondo che a volte preferisce stare zitto. Ed è proprio da questa piaga che occorre affrontare con ogni mezzo il significato stesso della vita e di ciò che circonda l’essere umano nei suoi più disperati contesti dove ahimé il Mezzogiorno è protagonista principale.

lalanternadidiogene@approdonews.it

© Riproduzione riservata