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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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La lanterna di Diogene

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Piccoli (aspiranti) Saviano crescono. Giornalisti verso la trincea: ma quale?

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Piccoli (aspiranti) Saviano crescono. Giornalisti verso la trincea: ma quale?

 

 

Aprire un dibattito o fare delle osservazioni sul giornalismo significa a volte conficcare un paletto con una punta viva nei confronti di una “libertà” che, per definizione soggettiva, è sempre utilizzata a convenienza del momento che si sta attraversando, oltre alla convenienza stessa del suo utilizzo verbale. Carmelo Bene disse che «I giornalisti sono impermeabili a tutto. Arrivano sul cadavere caldo, sulla partita, a teatro, sul villaggio terremotato e hanno già il pezzo incorporato. Il mondo frana sotto i loro piedi, s’inabissa davanti ai loro taccuini e tutto quanto per loro è intercambiale letame da tradurre in un preconfezionato compulsare di cazzate sulla tastiera. Cinici? No frigidi».

Ecco, osservando un po’ da vicino e se dovessi dare un titolo ad un film su alcuni “esemplari stupefacenti” di giornalisti, non esiterei un attimo a scrivere “Piccoli (aspiranti) Saviano crescono”, con un sottotitolo altrettanto eloquente “Storia ordinaria di un perché”.

Il “perché” sta nel perché agiscono sempre da aspiranti vittime di attentati, di minacce per farsi spazio in un mondo che a volte nemmeno li considera e quindi tentano il tutto per tutto solo per dire: noi ci siamo! E come se, e non dico un’eresia, alcuni sperano di essere minacciati per poter fare carriera prendendo come esempio chi davvero è seriamente minacciato dalla criminalità e che vive una vita d’inferno sempre protetto come Roberto Saviano. In tanti vorrebbero essere come lo scrittore, magari per una mania di protagonismo, di autocommiserazione del proprio lavoro o di cercare ogni ingrediente giusto per fare le vittime e sbandierarlo in qualche testata giornalistica e/o trasmissione televisiva e quindi ottenere la fama di “perseguitati” dalla criminalità e perché no, anche racimolare qualche posticino di lavoro per guadagnare qualche soldino in più. Questi giornalisti fanno parte di quella categoria che Lembke definiva come alla ricerca “del punto dove conficcare il pugnale più facilmente”. I più pericolosi e quindi, diffidate con estrema crudeltà.

Magari in tanti, mi riferisco ai lettori di questa rubrica, si staranno chiedendo il perché di questa riflessione che a primo acchito sembra una “masturbazione mentale”, altri magari potrebbero utilizzare termini come “masturbazione invidiosa” ed altri ancora come “disturbo da sindrome di mancato protagonismo in essere”. Nulla di tutto ciò, semplicemente perché ci siamo stancati dei “cloni” e degli aspiranti tali, di quelli che sembrano osservatori privilegiati, anzi, cronisti privilegiati di un mondo che non ci appartiene. Di un mondo fatto solo di mafia e di criminalità organizzata come anche di farabutti. Questi “(aspiranti) Saviano” pensano che con un’informativa giudiziaria, che riporta tutta una serie di vicende, basta, semplicemente facendo copia ed incolla su un qualsiasi giornale, per chiamarla “inchiesta” di mafia e atteggiarsi a vittime sacrificali da lodare come paladini del bene e dell’anti-criminalità.

Questi giornalisti che servi dell’editore di turno sparano a zero contro chi è stato causa di un loro licenziamento, di un loro allontanamento perché appunto pericolosi da gestire, si organizzano in flotta per sparare a zero contro tutti e tutto. Questi giornalisti che come affermava Schopenhauer, sono per «via del loro mestiere, degli allarmisti; è il loro modo di rendersi interessanti». Questo non è un giornalismo corretto né tantomeno un giornalismo produttivo. Ma soprattutto è un infangare la memoria di tanti giornalisti che con le loro inchieste (e non con i copia ed incolla degli atti), hanno pagato con la loro vita il loro impegno per amore della verità e della libertà. Quella vera!

lalanternadidiogene@approdonews.it