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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 30 APRILE 2024

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La lanterna di Diogene

La lanterna di Diogene

Un “Fiume” in piena che travolge…tutti!

a cura di GIUSEPPE LAROSA

La lanterna di Diogene

Un “Fiume” in piena che travolge…tutti!

 

a cura di Giuseppe Larosa

 

Si può veramente dire che è un Fiume in piena. Il pentito, Nino Fiume ex killer della cosca De Stefano, sta raccontando i risvolti di una consorteria mafiosa reggina che ha regnato per moltissimi anni la città di Reggio Calabria. È riuscito persino a far aprire le indagini sull’uccisione del giudice Antonino Scopelliti, avvenuta il 9 agosto del 1991, più di venti anni fa, nei pressi di Campo Calabro sua città natale, asserendo che fu una “cortesia” della ‘ndrangheta reggina ai mafiosi siciliani. Questa tesi non fa altro che dare conferma a quello che molti investigatori avevano dato per l’uccisione del giudice calabrese. Proprio quando Nino Fiume stava per dire i nomi degli assassini di Scopelliti, il pubblico ministero Giuseppe Lombardo lo stoppa ponendo in essere il segreto istruttorio. Adesso toccherà a Lombardo di trovare i riscontri da quanto asserito da Fiume. Perché questo è solo ed esclusivamente compito dei magistrati, le altre “paternità” su queste inchieste lasciano il tempo che trovano. Se le indagini sull’uccisione del povero giudice Antonino Scopelliti, persona scomoda alle cosche mafiose della Sicilia, sono state aperte è solo merito delle dichiarazioni di Fiume e di nessun altro. Faccio questa precisazione perché ho notato nel web molti azzardi del tipo “noi ve l’avevamo detto”, oppure, “se non fosse per…”. Il pentito Nino Fiume e le sole ed esclusive dichiarazioni hanno aperto il caso che il pm Giuseppe Lombardo sta accertando.

Ma nelle dichiarazioni di Fiume c’è anche la cosiddetta “zona grigia”, quella formata dalla Reggio bene e dai cosiddetti “colletti bianchi”, e fa senso ascoltare parole come “La Reggio Bene è lo schifo di Reggio. Reggio ha vissuto sempre di massoneria e di logge deviate”.

Ovunque ci sono questi “guanti bianchi” a decidere le sorti di una società ed a tramare anche con spericolati assassini assetati di potere. Fare affari con la criminalità mafiosa non è altro che un semplice modo per gestire i propri interessi. Non importa con chi, l’importante è farli ed allo stesso tempo svolgerli bene. Questa è una società in cui la malattia non viene debellata con la cura ma viene affrontata per fare forza comune finché essa non diviene un cancro in metastasi.

C’è da lavorare ed anche molto per gli inquirenti di Reggio Calabria in questo processo definito “Meta”, e che da arrampicarsi su muri alti prima invalicabili, è raro trovare un pentito di ‘ndrangheta, la storia ce lo insegna e molte volte le loro attendibilità sono state sempre messe in discussione. Così è scritto su molti libri di studiosi di questo fenomeno criminale che è una rete difficilissima da districare.

Le dichiarazioni di Nino Fiume stanno facendo tremare molti palazzi e tra questi, quelli della politica, delle amministrazioni che si sono succedute a Reggio Calabria ma anche di quelle attuali. In quel giro c’erano tutti, ognuno con ruoli ben diversi, se penalmente o no rilevante lo stabiliranno i magistrati ma c’erano tutti. Così ha voluto far intendere Nino Fiume nelle sue veementi dichiarazioni.

La città di Reggio Calabria non sta attraversando un bel momento, anzi, è fuori dai binari, confusa senza una meta, troppe cose e tutte in una volta. Dal buco del bilancio comunale all’insediamento ed alla fine del lavoro della commissione di accesso che ha consegnato tutto nelle mani del prefetto Piscitelli. Adesso la “palla avvelenata” tocca a lui, se sciogliere o meno il consiglio comunale di Reggio Calabria. Dopo i casi della Fallara (descritti egregiamente nel bel libro di Peppe Baldessarro) e la Multiservizi così come di altre cose, i momenti stanno per dare spazio agli istanti, quelli che passano sempre tra i denti di un pettine come nodi.

A Reggio Calabria, futura città metropolitana, c’è molta attesa, molto immobilismo da parte di chi dovrebbe prendere le redini di una città in mano. I giovani, sia quelli che fanno politica che quelli che fanno parte della sempre citata “società civile”, non riescono ad essere diversi dall’immobilismo vetusto che ha sempre contraddistinto questa città, lasciando sempre spazio al potentato di turno. Non si possono sentire dichiarazioni come quelle di Fiume che da ex killer pentito afferma che c’era una “Reggio bene che cercava una cosca di ‘ndrangheta, quella dei De Stefano e che avrebbero fatto qualsiasi cosa gli venisse chiesta.

La “Reggio bene” è quella formata dai giovani e dai cittadini onesti che prendono le distanze da questo marciume composto misto di potere massonico e potere mafioso, quella non è un “Bene”. Il Bene è quello che nasce dalla purezza dei sentimenti attraverso una coscienza limpida che basa i propri valori dall’onestà e dal rispetto delle leggi italiane. Il resto è solo sostanza che si avvia alla decomposizione.

lalanternadidiogene@approdonews.it