La crocifissione giudiziaria Riflessioni del giurista Giovanni Cardona su un'ipotesi di garantismo giudiziario
Sotto l’incalzare della maggioranza degli organi di informazione e nell’opinione pubblica corrente i termini “garantismo” e “garantista” hanno assunto un significato spregiativo.
Platone, per bocca di Socrate, ammoniva che bisogna temere i biasimi e gradire le lodi non della folla ma soltanto di colui che sa (Critone, 47 A-D).
Significativamente tutti gli evangelisti (Matteo 27, 15-26; Marco 15, 6-15; Luca 27, 17-25; Giovanni 18, 39-40) riportano l’episodio della folla che, istigata dai sommi sacerdoti e dagli anziani, chiede di lasciare libero Barabba e di crocifiggere Gesù, il Giusto che allora costituiva, con la sua predicazione rivoluzionaria, un pericolo per il regime politico dominante.
Bisogna ricercare razionalmente che cosa si debba intendere per garantismo, prima di accettare l’opinione pubblica corrente.
Nell’evoluzione dello stato moderno si è passati dallo stato legale, nel quale la garanzia dei diritti veniva soddisfatta con la sola attribuzione della formazione delle leggi ad assemblee elette dai cittadini, allo stato di diritto, nel quale vengono riconosciuti al governato rimedi giurisdizionali – mediante attribuzione delle decisioni a giudici imparziali ed indipendenti – idonei ad arrestare l’azione arbitraria dell’esecutivo ed anche, nei regimi a costituzione rigida, rimediare a défaillance dello stesso legislatore qualora emani leggi non conformi alla costituzione.
La nostra Costituzione ha uno stato di diritto conforme a quest’ultima tipologia.
Nell’art.2 della Costituzione vengono riconosciuti e garantiti i diritti naturali ed inviolabili dell’uomo: la libertà personale (art.13), il domicilio (art.14) ed il diritto di difesa (art.24), mentre altre garantiscono la libera manifestazione del pensiero (art.21), il giudice naturale precostituito per legge (art.25) e soggetto soltanto alla legge (art.101), proclamando, altresì, la personalizzazione della responsabilità penale e la non colpevolezza dell’imputato sino alla condanna definitiva (art.27).
Sono queste alcune delle fondanti e principali garanzie costituzionali che tutelano i diritti civili e la libertà del cittadino e che, nel contempo, limitano eventuali arbitri del potere esecutivo ed anche di quello legislativo.
Tutto ciò non significa che questi diritti costituzionalmente garantiti siano illimitati, ma possono essere circoscritti nell’ambito della ragionevolezza, soltanto nei casi tassativamente previsti e con il rispetto delle forme stabilite.
Quindi il garantismo non può essere considerato una concezione giuridica astratta elaborata soltanto dalla opinabile dottrina, ma è un principio che trova puntuale affermazione nella lettera e nello spirito della vigente Costituzione, vincolante per tutti, compresi ovviamente anche i giudici.
Eppure proprio ai giudici di cassazione, avocati ad assicurare l’uniforme osservanza della legge, viene rivolta l’accusa di garantismo, inteso tale termine in senso spregiativo.
Ma la verità conclusiva è che sbagliano tutti i giudici, di merito e di legittimità, quando si fanno influenzare, anche a volte in buona fede, dagli organi di informazione o dal protagonismo o fanatismo mediatico e non, essendo egualmente perniciosi i timorosi dell’opinione pubblica, spesso non bene informata, gli iconoclasti senza limiti ed i restauratori ad ogni costo.
Il giudice deve unire l’umiltà all’equilibrio e con costanza, dedizione e silenziosa professionalità rispettare le leggi nella loro esatta ed equa interpretazione: questo costituisce il vero buon governo giudiziario.