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TAURIANOVA (RC), LUNEDì 29 APRILE 2024

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Legautonomie Calabria audita dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle intimidazioni agli amministratori

Maiolo: “La relazione presentata ha inteso fornire il contributo della nostra Associazione, che da 14 anni monitora il fenomeno delle intimidazioni agli amministratori, con riferimento alla presenza e alla dimensione del fenomeno all’interno della Calabria e con la proposta, basata sui dati ormai decennali in nostro possesso, di possibili soluzioni collegate ai ‘modelli intimidatori’
rilevati”

Legautonomie Calabria audita dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle intimidazioni agli amministratori

Maiolo: “La relazione presentata ha inteso fornire il contributo della nostra Associazione, che da 14 anni monitora il fenomeno delle intimidazioni agli amministratori, con riferimento alla presenza e alla dimensione del fenomeno all’interno della Calabria e con la proposta, basata sui dati ormai decennali in nostro possesso, di possibili soluzioni collegate ai ‘modelli intimidatori’ rilevati”

 

 

Si è tenuta ieri pomeriggio l’audizione dell’Associazione autonomistica
Legautonomie Calabria nella seduta della Commissione Parlamentare
d’inchiesta sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli
amministratori locali, alla presenza della neo Presidente Sen. Doris Lo
Moro, tenutasi a Palazzo Carpegna a Roma.

“La relazione presentata – afferma Mario Maiolo, Presidente di Legautonomie
Calabria – ha inteso fornire il contributo della nostra Associazione, che
da 14 anni monitora il fenomeno delle intimidazioni agli amministratori,
con riferimento alla presenza e alla dimensione del fenomeno all’interno
della Calabria e con la proposta, basata sui dati ormai decennali in nostro
possesso, di possibili soluzioni collegate ai “modelli intimidatori”
rilevati.

Infatti, nonostante una limitazione di carattere quantitativo derivata
dalla natura della fonte utilizzata nella stesura dei *report*, gli
articoli di quotidiani che riportano episodi di intimidazione, di un
principio di “sommerso” dovuto alla mancata denuncia di molti atti di
intimidazione e, quindi di una sicura sottodeterminazione statistica del
fenomeno, il maggiore contributo del nostro lavoro sta nell’indicazione di
un’eterogeneità di fonti degli atti intimidatori. Tali atti, che non è
possibile ricondurre esclusivamente alla matrice della ‘ndrangheta,
continuano tuttavia ad essere pervasivi e a ripetersi con una frequenza
allarmante e una incontestabile violenza.

Di seguito le proposte, avanzate alla Commissione, formulate sulla base del
nostro lavoro e che hanno individuato una tipologia di cinque “modelli
intimidatori” e altrettante possibili soluzioni:

Atti intimidatori come conseguenze delle tensioni sociali che maturano
sotto la pressione della crisi e nelle quali situazioni di disagio, di
degrado e mancanza di da parte dell’amministrazione locale possono
suscitare la reazione violenta che generalmente si esplica in atti quali
lettere minatorie, danneggiamenti non gravi di mezzi privati, aggressioni
nei luoghi pubblici, telefonate minacciose. In questi casi i rimedi
possibili si individuano nel migliorare la qualità della risposta del
governo locale, in una maggiore trasparenza delle decisioni, della
comunicazione, nella gestione associata delle funzioni comunali che, specie
per i comuni di piccolissime dimensioni, può portare risultati positivi per
le comunità amministrate.

Atti intimidatori come conseguenze di una competizione politica esasperata
che aumentano sensibilmente in periodi elettorali laddove l’intimidazione è
utilizzata quale strumento di antagonismo elettorale. In questo caso la
proposta di intervento non può che consistere in un inasprimento del regime
di integrità per coloro che dovessero risultare implicati in fatti
delittuosi di tale natura e che aspirano a rivestire cariche elettive.

Atti intimidatori quali strumenti di visibilità di un potere antagonista
nel governo dei processi decisionali sul territorio al fine di rendere
irrilevante la presenza e la funzione dei rappresentanti democraticamente
eletti. Siamo già in presenza di atti che è possibile far risalire a forme
di criminalità organizzata operanti sul territorio. Le possibili soluzioni
prevede la presa in carico delle istituzioni democratiche attraverso una
tutela diretta degli amministratori.

Atti intimidatori derivanti da infiltrazioni mafiose e insediamento della
‘ndrangheta nell’amministrazione secondo preventivi accordi che riguardano
l’intera attività amministrativa, urbanistica, commercio, gestione dei
servizi e appalti pubblici. Le decisioni pubbliche sono fortemente
compromesse dalla connivenza tra sfera politica e criminale. In questo caso
gli amministratori subiscono la reazione a loro comportamenti che vengono
ritenuti non sufficientemente in linea con gli accordi raggiunti. In questi
casi è necessaria una duplice soluzione: da un lato il potenziamento della
“reazione” di tipo amministrativo al fenomeno rafforzando, anche in questa
ipotesi, il regime di integrità per le cariche elettive e la modifica
all’art. 143 del Tuel, laddove il tema dell’incandidabilità di
amministratori ritenuti collusi, incontra possibili ostacoli rispetto al
periodo di vigenza e alla necessità che la stessa sia dichiarata con
provvedimento definitivo; sul versante repressivo va rivisitata la
fattispecie penale contemplata dall’art. 416-ter c.p., al fine di poter
attribuire rilevanza penale a forme di scambio in cui l’appoggio elettorale
promesso dall’organizzazione criminale sia ricambiato non solo in denaro ma
anche con la promessa di ogni altro genere di utilità o vantaggio, anche
conseguenti all’uso distorto del pubblico potere.

Infine, atti intimidatori come conseguenza di una resistenza passiva che,
in modo del tutto speculare al tipo precedente, vede gli amministratori
“resistere”ed opporsi in maniera decisa a qualunque forma di infiltrazione
e/o condizionamento dell’attività amministrativa. Anche in questo caso le
soluzioni non possono che essere quelle indicate più sopra e che prevedano
la presa in carico delle istituzioni democratiche attraverso una tutela
diretta degli amministratori.

La seduta ha offerto alla nostra Associazione la possibilità di
individuare finalmente un interlocutore istituzionale con cui improntare un
più puntuale lavoro di collaborazione, partendo dal presupposto condiviso e
imprescindibile che per trovare soluzioni adeguate al fenomeno debbano
essere poste in atto procedure per l’individuazione di un quadro di
orientamento sulle possibili cause.

Il risultato fondamentale, di natura prettamente politico-istituzionale, è
che il fenomeno analizzato mina alle basi la fiducia nel sistema
istituzionale, diffondendo inquietudine e rendendo visibile la presenza di
un potere antagonista nel governo dei processi decisionali sul territorio,
generando confusione istituzionale e producendo ansia e disaffezione negli
amministratori”.