I sacrifici devono essere fatti dalla politica
La Cisal si batte contro lo smantellamento della Pubblica Amministrazione
I sacrifici devono essere fatti dalla politica
Lo scorso venerdì 11 luglio, presso il Cinema Teatro Italia di Cosenza (Cs) – in questo periodo importantissimo per i lavoratori pubblici e non solo per essi dal momento che è discussione ed in atto una profonda riforma della P.A. (che interessa oltre a quanti ne fanno parte anche tutti coloro che giornalmente vi interagiscono), già avviata con i D.L. 90 e 91 – su iniziativa del Dipartimento Ministeri, Comparto Sicurezza e Presidenza Consiglio dei Ministri di CISAL FPC, si è svolto un importante Convegno nazionale sul tema: “RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, Proposte di modifica del Sistema Paese, per il rilancio del lavoro”.
Molti i presenti all’evento, tra cui numerosi dirigenti e responsabili nazionali e regionali di Settore; altrettanto numerosi e tutti molto validi gli interventi registrati.
Minimo comun denominatore e stesso filo logico conduttore in tutti i ragionamenti è stato quello del bisogno di un reale cambiamento dell’attuale “Sistema Paese”, da frapporre ai più o meno recenti pseudo correttivi contenenti cambiamenti di facciata e tendenti, di fatto, a penalizzare solo una parte – guarda caso sempre la stessa – dei cittadini e lavoratori italiani.
Tutti i presenti – e con essi i moltissimi cittadini e lavoratori che nei giorni precedenti hanno subissato di telefonate e mail la segreteria della CISAL – hanno concordato sul fatto che se il “sistema Paese” non va come dovrebbe, la causa di ciò è rappresentata dalla mancanza di una seria analisi dei bisogni, da tanti anni in qua sostituita da una più sbrigativa scelta di soli tagli lineari.
Il settore pubblico è considerato un costo. Ma, se per alcuni aspetti e in un certo senso, ciò è vero, altrettanto e ancor più vero è che più che di costi si tratta di spese d’investimento che, se opportunamente indirizzati per fornire servizi adeguati, essi sono destinati a diventare volano di sviluppo e innovazione. Ridurre o eliminare la burocrazia in eccesso – come già più volte chiesto dalla Cisal – non vuol dire dover eliminare la P.A. o eliminare le necessarie tutele dei pubblici lavoratori che quotidianamente, tra mille difficoltà, svolgono con spirito di sacrificio e senso del dovere il proprio compito. Al contrario, una valorizzazione del lavoro pubblico sarebbe elemento di giustizia sociale e di rilancio dell’economia.
Da tutti gli interventi è infatti emerso che c’è tanto malessere tra la popolazione italiana ed al tempo stesso c’è un gran bisogno di un Sistema Paese – finora basato su meccanismi e logiche conservative di rendite di posizione della vecchia politica e della classe dirigente che per troppo tempo ne hanno bloccato lo sviluppo – più efficiente, impostato su regole più semplici, certe e seriamente applicate, nonché basato su logiche motivazionali e non punitive dei pubblici dipendenti, in particolare quelli più capaci e determinati.
È questo l’obiettivo che deve essere perseguito. Quanto fatto finora negli ultimi anni, non ha invece sortito gli effetti desiderati. E come poteva essere diversamente dal momento che sono stati realizzati , in nome di una fantomatica rivisitazione della spesa pubblica, la c.d. spending review montiana, solo tagli lineari che hanno finito col penalizzare ed impoverire sempre più i dipendenti pubblici, agnelli sacrificali sull’altare di una pseudo riduzione della spesa statale, in realtà neanche lontanamente realizzata, nonostante i tanti sacrifici imposti ad una parte degli italiani.
Bisogna, invece, fare di più e meglio con le stesse risorse. Il che è certamente più difficile, ma fattibile.
Bisogna fare in modo di realizzare una P.A. – anch’essa risorsa collettiva – più attenta ai reali bisogni dei cittadini che offra loro servizi adeguati alle attese. È necessario realizzare una sorta di aziendalizzazione – intesa però non nell’eccezione negativa del termine – del braccio operativo dello Stato, ovvero della pubblica amministrazione. Non si può considerare la P.A. come se fosse una cosa unica dal momento che non lo è (esistono infatti vari comparti e vari contratti di comparto) e sulla base di questo concetto errato in partenza, realizzare una riforma. Non si può realizzare una riforma in cui uno dei punti di partenza è la riduzione al silenzio – quando non l’eliminazione – del sindacato che rappresenta e tutela i lavoratori pubblici e privati.
Eppure a ciò si tende e si sta arrivando dal momento che si decide unilateralmente di tagliare del 50% i permessi prima della scadenza dei contratti che li hanno stabiliti.
A ciò si tende anche dal momento che i sindacati vengono convocati non per concertare e decidere di comune accordo, ma per prendere atto di quanto il governo, unilateralmente, decide di cambiare in seno alla P.A.
Quest’ultima, purtroppo, negli ultimi anni ancor più che in passato, è stata utilizzata dalla politica, solo come una sorta di ammortizzatore sociale e come terreno fertile per i propri interessi.
Sono altri i concetti cardine da cui muovere per realizzare una valida riforma della P.A. Occorre per esempio realizzare una spinta motivazionale dei tantissimi validi impiegati pubblici, attraverso la riapertura, al più presto, della stagione dei rinnovi contrattuali, come condizione necessaria ed oramai indifferibile.
Realizzare una P.A. che abbia il dipendente pubblico come protagonista e risorsa da valorizzare piuttosto che come parassita da debellare; di una storia da scrivere che abbia come conclusione e obiettivo una P.A. eccellenza dell’intero Sistema Paese.
A tale traguardo – secondo tutti i presenti al convegno CISAL – è possibile giungere solo da un lato eliminando quelle sacche di anacronistici privilegi oggi esistenti nella politica e nell’indotto di questa e, dall’altro, motivando e incentivando tutte le valide professionalità presenti, in tutti gli ambiti, tra i pubblici dipendenti.