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TAURIANOVA (RC), MERCOLEDì 01 MAGGIO 2024

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Inaugurazione anno giudiziario: liturgia appariscente, autoreferenziale ed autoritaria Ogni anno, dopo il Natale, Capodanno e la Befana, si reitera la liturgia pagana dell’osanna all’ordine della Magistratura, con la liturgia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario

Inaugurazione anno giudiziario: liturgia appariscente, autoreferenziale ed autoritaria Ogni anno, dopo il Natale, Capodanno e la Befana, si reitera la liturgia pagana dell’osanna all’ordine della Magistratura, con la liturgia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario
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Il commento del Dr. Antonio Giangrande, esperto di Diritto e di Giustizia,
in quanto sul tema ha scritto “Impunitopoli, Legulei ed Impunità” e
“Malagiustiziopoli” con “Giustiziopoli”: disfunzioni del sistema che
colpiscono la collettività o il singolo. Il quale ritiene i magistrati, unti
dal delirio di onnipotenza, gli unici responsabili del degrado sociale,
culturale ed economico del nostro paese.

LITURGIA APPARISCENTE

Da Wikipedia si legge. L’Anno giudiziario, nell’ordinamento giudiziario
italiano, è il periodo di tempo, corrispondente all’anno solare, nel quale è
scandito lo svolgimento dell’attività giudiziaria, attraverso la fissazione
del cosiddetto calendario giudiziario. Le modalità di svolgimento della
cerimonia sono state modificate recentemente: fino al 2005, per ogni anno
giudiziario, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di
Cassazione e il Ministro della giustizia pronunciavano davanti al Presidente
della Repubblica e alle altre autorità presenti una relazione generale
sull’amministrazione della giustizia. Similmente, i procuratori generali
presso ciascuna Corte d’appello comunicavano al Consiglio Superiore della
Magistratura e al Ministro della giustizia la relazione per il proprio
distretto. Questo in conformità all’articolo 86 del regio decreto n. 12 del
1941, più volte modificato negli anni. Dal 2006, a seguito di una modifica
normativa, il Ministro della giustizia rende direttamente comunicazioni al
Parlamento, sull’amministrazione della giustizia nell’anno appena trascorso
e sugli interventi per l’organizzazione e il funzionamento dei servizi che
si intende attuare nell’anno che inizia. Successivamente si riuniscono in
forma pubblica e solenne (cioè con la partecipazione di tutte le sezioni, i
procuratori generali, i magistrati delle procure generali e i rappresentanti
dell’Avvocatura dello Stato) prima la Corte suprema di cassazione e quindi
le corti d’appello per ascoltare la relazione generale del Primo Presidente
della Corte di cassazione e le relazioni per i singoli distretti dei
Presidenti di corte d’appello; si passa quindi agli interventi (facoltativi)
dei Procuratori generali e dei rappresentanti dell’Avvocatura dello Stato.
L’inizio dell’Anno giudiziario è celebrato con apposite cerimonie solenni
(nelle quali i magistrati indossano le toghe cerimoniali di colore rosso e
bordate d’ermellino) presso la Corte suprema di cassazione e presso le corti
d’appello dei distretti giudiziari italiani. Le cerimonie inaugurali sono
occasione di prolusioni dei massimi esponenti dell’ordine giudiziario circa
lo stato dell’amministrazione della giustizia nel territorio di competenza.
In questo senso assume particolare rilevanza l’inaugurazione dell’Anno
giudiziario presso la Corte suprema di cassazione, che precede di un giorno
quelle presso i distretti giudiziari, e che si svolge alla presenza del
Presidente della Repubblica. Anche i giudici speciali, come la magistratura
amministrativa e quella contabile (il Consiglio di Stato e la Corte dei
Conti), ovvero la magistratura militare, hanno una propria cerimonia
inaugurale dell’anno giudiziario, che si svolge secondo modalità e con
contenuti analoghi a quelli degli organi della magistratura ordinaria.

In queste occasioni si coglie in estrema sintesi la genuflessione dei media
all’ordine giudiziario osannandone le virtù artefatte e riportandone le
deliranti espressioni. I magistrati, che non vengono da Marte, si sentono e
sono essi stessi giudici e legislatori. Il potere in mano al popolo: sia
mai.

LITURGIA AUTOREFERENZIALE

In queste manifestazioni pubbliche, spesso, mancano le componenti
contraddittorie insite nei processi, ossia l’Ordine degli avvocati. Sovente
di leggono delle note, ignorate dai media, come questa: Le Camere penali di
Basilicata, di Matera e la Camera penale “Alfredo Marsico” di Lagonegro
(Potenza) “hanno deciso di non partecipare alla cerimonia d’inaugurazione
dell’anno giudiziario” in programma domani, 24 gennaio, a Potenza,
“raccogliendo l’invito dell’Unione Camere penali italiane di disertare una
cerimonia ancora autoritaria e appariscente che non consente un concreto
dibattito sui problemi della giustizia”.

Il rito stantio delle toghe rossocerimonia, dell’anno giudiziario, è un rito
destinato alla liturgica dei monologhi autoreferenziali e dell’elencazione
dei problemi della Giustizia da addebitare agli altri.

Excusatio non petita, accusatio manifesta è una locuzione latina di origine
medievale. La sua traduzione letterale è “Scusa non richiesta, accusa
manifesta”, forma proverbiale in italiano insieme all’equivalente “Chi si
scusa, si accusa”.

Il senso di questa locuzione è: se non hai niente di cui giustificarti, non
scusarti. Affannarsi a giustificare il proprio operato senza che sia
richiesto può infatti essere considerato un indizio del fatto che si abbia
qualcosa da nascondere, anche se si è realmente innocenti. Liturgia inutile,
i magistrati si autoassolvono.

E così, è andata anche quest’anno. L’Italia, pur sede del Vaticano –
specialista in coreografie religiose dalle quali emerge comunque la presenza
dello Spirito – si segnala per una particolare tenacia nella ripetizione ad
oltranza di liturgie laiche (che è, si badi, una inutile ripetizione, poiché
liturgia altro non significa se non “opera del popolo”) tanto ostinate
quanto inutili, scrive Vincenzo Vitale su “Il Garantista”.

Per i magistrati il malfunzionamento della Giustizia va ricondotto alla
Prescrizione.

LITURGIA AUTORITARIA

C’è un passaggio della solenne cerimonia del 2015 che traccia un bilancio
crudo, amaro. Giorgio Santacroce, primo presidente della Cassazione, parla a
un certo punto di «parabola discendente». Si riferisce ai suoi colleghi
magistrati, scrive Errico Novi su “Il Garantista”. E se pure parte dalla
«campagna irresponsabile di discredito» condotta «per anni» contro le toghe,
e dà così la colpa anche alla politica, poi fa una diagnosi assai brutale:
siamo davanti a «una situazione di crescente disaffezione verso la
magistratura, dopo l’alto consenso dei tempi di Mani pulite è iniziata»,
appunto, «una parabola discendente».soprattutto, «i magistrati appaiono,
anche quando non lo sono, conservatori dell’esistente e portatori di
interessi corporativi». Di più: devono superare i loro «arroccamenti », e il
richiamo pronunciato «davanti al Csm dal presidente Giorgio Napolitano» deve
costituire per loro «un monito perché non ostacolino il rinnovamento, ma
anzi si rinnovino essi stessi».

Alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario le toghe finiscono
dunque sul banco degli imputati, quanto meno al pari della politica. Le
parole di Santacroce sono nette, ancora di più quando parla delle «tensioni»
e delle «cadute di stile» che si registrano soprattutto fra i pm. Non è da
meno il pg di Cassazione Gianfranco Ciani, che una mezz’ora più tardi
interviene a sua volta nell’aula magna del Palazzaccio romano e si scaglia
contro quei pm «troppo deboli alle lusinghe della politica». Due relazioni
(di cui riportiamo ampi stralci nelle due pagine successive, ndr) che
lasciano almeno intravedere una svolta. I riferimenti dei due più alti
magistrati della Suprema Corte alle mancanze dei colleghi, ai limiti e alle
storture del Csm, al vizio del correntismo in toga, sono numerosissimi.

Si sentono stretti nella morsa. E reagiscono, scrive “Il Garantista”. Dopo
le scudisciate della cerimonia in Cassazione, i magistrati delle Corti
d’Appello di tutta Italia tentano di replicare ai massimi vertici della
Suprema Corte. Venerdì il primo presidente Giorgio Santacroce e il
procuratore generale Gianfranco Ciani avevano parlato di toghe arroccate nel
corporativismo, di pm cedevoli alle lusinghe dei media, di sacche
d’inefficienza che il Csm spesso non riconosce. Insomma l’avevano fatta
nera. E così nel day after, cioè nella giornata di ieri dominata dalle
cerimonie inaugurali nei singoli distretti giudiziari, si è sentito di
tutto. Non su Santacroce e Ciani, ma contro l’altro polo del potere: la
politica. Si va dalla riforma di Renzi giudicata «ben misera cosa» a Milano
al presidente di Reggio Calabria Macrì secondo cui «l’assenza di iniziative
legislative di vasta portata» farà affondare «la giustizia nella palude». E
poi si contano gli anatemi contro la corruzione che soffoca Roma da parte
del presidente capitolino Antonio Marini, il quadro apocalittico delle
collusioni tra camorra e e malapolitica di Antonio Buonajuto a Napoli, e
insomma una batteria di denunce che stavolta si spostano dai vizi di giudici
e pm a quelli delle altre, corrotte istituzioni.

Da Torino è partita la bordata più pesante, scrive “La Stampa”. Il
procuratore generale Marcello Maddalena usa l’arma del sarcasmo per
affrontare uno dei temi più controversi del piano del governo: «Il
presidente del Consiglio non ha trovato niente di meglio che ispirarsi al
personaggio di Napoleone della Fattoria degli animali di orwelliana memoria,
che aveva scoperto il grande rimedio per tutti i problemi della vita: far
lavorare gli altri fino a farli crepare dalla fatica, come il cavallo
Gondrano».

Dottor Maddalena, perché questo affondo rivolto al presidente del Consiglio?

«Adottare un decreto di quel tipo, ammissibile solo in casi di necessità e
urgenza, significa additare un’intera categoria di fronte all’opinione
pubblica considerandola responsabile del cattivo funzionamento della
Giustizia. Sono convinto che ciascuno possa dare di più, ma in questo caso i
contenuti sono discutibili. E il modo offende».

Eppure aumentano i processi che cadono in prescrizione.

«Appunto. In un panorama segnato da migliaia di processi finiti in
prescrizione sostenere che i problemi da affrontare sono le ferie dei
magistrati e la responsabilità civile mi pare difficilmente tollerabile».

Durissimo affondo da Maurizio Carbone, segretario nazionale dell’Anm:
“Respingiamo fortemente questa idea demagogica che il problema della
giustizia siamo noi magistrati e non di chi intasca le tangenti”. La
proposta di riforma dell’Anm è quella sulla prescrizione. “Non ci possiamo
più permettere una prescrizione, soprattutto per i reati di corruzione, che
parta dal momento in cui si commette il fatto per tutti e tre i gradi di
giudizio. Questo significa non avere una risposta di giustizia. Noi
chiediamo – ha concluso Carbone – che i termini di prescrizione vengano
sospesi con l’inizio del processo di primo grado o almeno dopo la sentenza
di primo grado”.

PER I MAGISTRATI IL CITTADINO DEVE ASPETTARE I LORO COMODI!!

Eppure, secondo lo studio fatto da Dimitri Buffa su “L’Opinione” i
procedimenti prescritti sono dimezzati.

Prescrizioni penali rilevate in un decennio

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

219.146

189.588

159.703

164.115

154.671

158.335

141.851

128.891

113.057

123.078

Per Sabelli “il tema della responsabilità civile è sempre fondamentale ma –
conclude – non può essere mortificato attraverso soluzioni che non tengono
conto della giurisdizione e della compatibilità con il principio di
indipendenza e autonomia dei magistrati”.

«Basta con lo strapotere delle correnti della magistratura – dice il Premier
Matteo Renzi -Oggi di nuovo le contestazioni di alcuni magistrati che
sfruttano iniziative istituzionali (anno giudiziario) per polemizzare contro
il governo e mi dispiace molto perché penso che la grande maggioranza dei
giudici italiani siano persone per bene, che dedicano la vita a un grande
ideale e lo fanno con passione. Ma trovo ridicolo – e lo dico, senza giri di
parole – che se hai un mese e mezzo di ferie e ti viene chiesto di
rinunciare a qualche giorno, la reazione sia: “Il premier ci vuol far
CREPARE di lavoro”. Noi vogliamo solo sentenze rapide, giuste. Vogliamo che
i colpevoli di tangenti paghino davvero e finalmente con il carcere ma
servono le sentenze, non le indiscrezioni sui giornali. L’Italia che è la
patria del diritto prima che la patria delle ferie, merita un sistema
migliore di giustizia. La memoria dei magistrati che sono morti uccisi dal
terrorismo o dalla mafia ci impone di essere seri e rigorosi. A chi mi dice:
ma sei matto a dire questa cose? Non hai paura delle vendette? Rispondo
dicendo che in Italia nessun cittadino onesto deve avere paura dei
magistrati».

Dopo il botta e risposta tra l’Associazione nazionale magistrati e il
premier Matteo Renzi, una sferzata ai giudici e al loro protagonismo è
arrivata anche da Giorgio Napolitano. Il presidente della Repubblica,
intervenuto al Consiglio superiore della magistratura, ha ribadito che
politica e giustizia devono restare separati e che i giudici devo evitare
comportamenti «impropriamente protagonistici».

«I Tribunali non sono proprietà dei giudici», scrive Errico Novi su “Il
Garantista”. Vogliono rovinare la “festa”. Oggi sarebbe la giornata della
giustizia, proclamata dall’Anm per protestare contro la riforma del ministro
Orlando e in particolare contro il taglio delle ferie. I penalisti
intervengono con una certa, brutale franchezza e mettono in discussione i
dati che oggi i magistrati proporranno ai cittadini, per l’occasione liberi
di entrare nei Palazzi di giustizia. Intanto, dice il presidente dell’Unione
Camere penali Beniamino Migliucci, l’iniziativa del sindacato delle toghe è
«la dimostrazione, come se ce ne fosse bisogno, di una concezione
proprietaria della giustizia e dei luoghi in cui essa si celebra, da parte
dei magistrati». I cittadini, dice, «non hanno bisogno di alcun invito per
accedere al Tribunale, luogo sacro in cui si svolgono i processi in nome del
popolo italiano». Dopodiché «i numeri forniti dall’Associazione magistrati
rischiano di offrire una visione autoreferenziale e alterata della
situazione in cui versa la giustizia italiana, nella quale si enfatizza la
loro efficienza a tutto discapito di una realtà che ci vede fra i primi
paesi in Europa per numero di condanne dalla Corte di Strasburgo». I numeri
sono altri, secondo il presidente dei penalisti, «a cominciare dalla
sostanziale inattuazione del sistema di controllo sulla responsabilità dei
magistrati, dalle frequentissime sentenze di riforma dei giudizi di primo
grado, per passare al cospicuo importo dei risarcimenti che lo Stato è
costretto ogni anno a pagare per indennizzare le vittime degli errori
giudiziari, all’inevitabile ricorso, da parte della magistratura togata,
all’ausilio di magistrati onorari, il cui apporto è determinante per il
raggiungimento di quegli obiettivi di produttività che la Anm enfatizza». Su
una delle “contro-statistiche” proposte da Migliucci interviene anche il
cahier de doleance del viceministro della Giustizia Enrico Costa, che dà
notizia del boom di risarcimenti per ingiusta detenzione ed errori
giudiziari pagati dallo Stato nel 2014. «L’incremento rispetto all’anno
precedente è del 41,3%: 995 domande liquidate per un totale di 35 milioni e
255mila euro». Dal 1992, osserva Costa, «l’ammontare delle riparazioni
raggiunge così i 580 milioni: sono numeri che devono far riflettere, si
tratta di persone che si sono viste private della libertà personale
ingiustamente e per le quali lo Stato ha riconosciuto l’errore. Dietro c’è
una storia personale, ci sono trepidazioni, ansie, che un assegno, anche di
migliaia di euro, non può cancellare». Le contromisure di Parlamento e
governo sono note: da una parte la legge sulla custodia cautelare, che
naviga ancora in acque incerte, dall’altra quella sulla responsabilità
civile dei giudici, prossima all’approvazione della Camera. Sui problemi più
generali del processo penale è ora all’esame della commissione Giustizia di
Montecitorio l’atteso ddl del governo, che si accoda al testo base adottato
proprio ieri dai deputati sulla prescrizione. «Sono soddisfatta, abbiamo
avviato tutti e due i provvedimenti, coerenti tra loro», dice la presidente
Donatella Ferranti. Su un altro capitolo della riforma, la soppressione di
alcuni Tribunali, arriva dalla Consulta la bocciatura del referendum con cui
alcune regioni avevano impugnato le chiusure. Tra queste, c’erano anche le
sedi delle zone terremotate dell’Abruzzo.

Eppure c’è ancora un’altra verità che si tace nella liturgia laica
giudiziaria.

Sono Procure o nidi di vipere? Si chiede Piero Sansonetti su “Il
Garantista”. In un giorno solo tre casi che dovrebbero scuotere la
credibilità della magistratura (ma in Italia è difficile scuoterla…). Il più
clamoroso è l’atto di accusa dell’architetto Sarno, che è il testimone
chiave del processo contro l’ex presidente della Provincia Filippo Penati
(Pd). Sarno ha dichiarato: «Lo ho accusato, ingiustamente, perché la Procura
mi ha fatto capire che se non lo accusavo non uscivo più di cella». Il
secondo caso viene dalla Calabria: una Pm (la dottoressa Ronchi) accusata di
abuso di ufficio e falso ideologico per avere provato a incastrare un
collega (Alberto Cisterna, all’epoca numero due dell’antimafia nazionale).
Il terzo caso è quello del sostituto Procuratore di Milano, Robledo,
intercettato (abusivamente?) e affondato giornali se ne occupano poco di
queste cose, cioè delle lotte di potere, violentissime, che scuotono la
magistratura italiana e lasciano molte vittime sul terreno. Se ne occupano
poco non perché le notizie non abbiano un buon interesse giornalistico,
semplicemente perché il patto tra giornali e magistratura, che vige da molti
anni, ha creato un sistema di assoluta omertà. Vediamo: un sindaco indagato
per abuso di ufficio fa un bello scandalo, e sulla base delle leggi vigenti
– se condannato in primo grado – porta pressoché automaticamente alla
rimozione del sindaco stesso e a elezioni anticipate.

Dr Antonio Giangrande

Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia