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TAURIANOVA (RC), MARTEDì 23 APRILE 2024

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Il premier va alla sfida: con noi o fuori

Il premier va alla sfida: con noi o fuori

Berlusconi: no al voto, l’astensionismo aumenterebbe del 7-8 per cento rispetto a due anni fa, a nostro danno

Il premier va alla sfida: con noi o fuori

Berlusconi: no al voto, l’astensionismo aumenterebbe del 7-8 per cento rispetto a due anni fa, a nostro danno

 

ROMA – Tre giorni fa si aspettava il discorso di Fini. Ora sembra che Berlusconi non attenda più. Riferiscono che gli interessa sino a un certo punto, che l’importante sarà la verifica in Parlamento: chi è con il governo e chi contro, chi vota il programma e chi no, chi ci sta sulla giustizia e sullo scudo giudiziario per il premier e chi invece si prenderà la responsabilità di non votare e dunque di far cadere l’esecutivo. Sembra che ogni canale di trattativa con Fini, con i finiani, si sia nuovamente chiuso. Di certo la Lega ha smesso di mediare e dalle parti del Cavaliere non tira più aria di distensione. C’è stato qualche tentativo nei giorni scorsi, si è fatto capire che il giudizio dei probiviri su Granata e Bocchino potrebbe slittare, ma ieri pomeriggio a Palazzo Grazioli, presenti Ignazio La Russa e Daniela Santanchè, Nicolò Ghedini e Denis Verdini, le lancette sembravano tornate nuovamente all’indietro di qualche settimana: a Berlusconi non interessa più nulla, se non della verifica parlamentare, lì si vedrà chi ha più filo, se il premier o la terza carica dello Stato.

«Ognuno dei due è convinto dei propri numeri, a questo punto non resta che attendere il Parlamento, sembra di assistere alla gara verso il precipizio dei due giovani di Gioventù bruciata», racconta un ministro leghista che insieme a Bossi due giorni fa è stato a Palazzo Grazioli, dal capo del governo, per ribadire la contrarietà della Lega a qualsiasi trattativa con Casini e l’Udc.
Berlusconi e Fini come Jim e Buzz del film che fece epoca, ognuno convinto di finire la propria corsa un metro dopo l’altro, è metafora che fa sorridere ma che descrive bene la dinamica in corso. Ormai non resta che attendere la gara, si terrà alla Camera alla riapertura dei lavori.

Con un occhio alle perplessità del Colle, dove ieri è stato il ministro della Giustizia, di certo va avanti il lavorio sul processo breve, per smussarne le conseguenze sui processi in corso. «La legge sulle intercettazioni ha insegnato qualcosa», dicono con ironia a Palazzo Chigi: e infatti l’elenco dei reati dell’indulto approvato da Prodi potrebbe finire fra le modifiche del testo, per sterilizzare le polemiche.
Tre giorni fa, durante una riunione di lavoro, il premier ha argomentato così le ragioni per cui non si può andare a votare subito: «In base ai nostri calcoli l’astensionismo aumenterebbe del 7-8% rispetto a due anni fa, e sarebbe un aumento a nostro danno, molti dei nostri non andrebbero a votare delusi dal fatto che ci hanno dato una maggioranza larghissima appena due anni fa e noi l’abbiamo buttata via». La situazione potrebbe cambiare, in caso di rottura, se fosse chiara agli italiani la responsabilità di una crisi di governo: e in fondo a questo punta il Cavaliere come opzione alternativa; se crisi deve essere che sia chiaro che è stato Fini a chiamarsi fuori.