La lanterna di Diogene
Giuseppe Larosa | Il 05, Apr 2012
Il giornalismo in Calabria è libero? La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta
a cura di GIUSEPPE LAROSA
La lanterna di Diogene
Il giornalismo in Calabria è libero? La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta
a cura di Giuseppe Larosa
In questi giorni dopo il dilagare della corruzione, dell’imbroglio e della facile condanna mediatica, torna in voga l’uso consueto del “tiro al piccione” nel giornalismo o contro il giornalista di turno. Si tende sempre a colpire chi in un certo qual modo, anche sbagliando a volte, tenta di scrivere un fatto elaborando la notizia anche aggiungendo uno spirito critico a ciò che appura attraverso i vari comunicati stampa facendo anche un’analisi storica di chi si prodiga a rendere visibile e palese un’azione governativa, amministrativa partendo dalle realtà più piccole fino ai massimi sistemi.
In Calabria, con tutto rispetto per ognuno, il giornalismo non è libero. È sempre genuflesso al potere di turno, pochi sono i coraggiosi che oltre a mettere in gioco la loro impavida azione sono liberi.
La libertà, intesa come non influenzabile da chi, ad esempio, si vede non considerato come lui vorrebbe magari non invia più i suoi comunicati stampa perché c’è il giornalista nemico che non solo glieli pubblica ma glieli critica, come è giusto che sia d’altronde in uno stato libero e democratico. Mi riferisco ai tanti sindaci di alcune città che nella loro ordinaria amministrazione con un semplice editto su un foglio a volte scritto in un italiano pessimo “pretendono” uno spazio ed un resoconto assiomatico, non discutibile e non criticabile. Quando poi non si rendono conto che l’ordinarietà è semplicemente la normalità di gestione, ma sono le cose “straordinarie” di crescita e di sviluppo che devono essere prima realizzate e poi divulgate “giornalisticamente”. Mi riferisco anche ai molti potenti, così come a quelli facente parte della criminalità mafiosa che ragionano con la violenza e con la persecuzione attraverso la minaccia così facendo, mettono in atto una strategia della tensione che lede anche il proprio intimo fino alla più profonda parte di chiunque tenta di fare diligentemente il proprio mestiere.
E ci colpisce, e non di poco, quando apprendiamo che ad un giornalista come llario Filippone di Calabria Ora gli venga bruciata la macchina nel cuore della notte, proprio sotto casa sua. E ci fa sentire disarmati, attoniti e senza parole a simili vili gesti che non fanno altro che rendere più forti chi fa del proprio mestiere una ragione di vita e di passione. A Ilario Filippone va la sincera solidarietà di questa rubrica da chi giornalista non è (e non vorrebbe nemmeno diventarlo per svariati motivi).
Cerco con queste righe di fare un’analisi generalista senza arroganze e pretese alcune ma solo disegnare un solco in cui esiste un limite tra la corretta informazione, la condizione interpretativa e il linciaggio morale. Quest’ultimo in ordine principale appartenente a molti che di “morale” ne hanno ben poca da declamare perché non basta giudicare inveendo contro chiunque senza mai fermarsi un attimo e dire “qual è la mia storia?”.
Quando un paese, una comunità, uno scorcio di realtà sociale riuscirà ad accettare anche le voci non soppesate e critiche allora potremmo finalmente dire che quella realtà è matura ma soprattutto civile. Quando ci saranno degli operatori della comunicazione che siederanno a fianco a quelli emarginati per mero spirito patriottico e di parte, senza dare retta ai potentati (che poi tanto potentati non lo sono), allora forse si riuscirà a fare una corretta informazione “senza se e senza ma”.
In questi giorni ho visto e ho saputo cose che solo al pensiero cadono le braccia, ma non importa perché ogni verità ha sempre un suo spazio relegato e inossidabile che tenderà sempre a uscire fuori senza pietà ed inesorabilmente. Come Lanterna mi ritrovo a stare seduto sul fiume che scorre perché ho sempre asserito che qualche cadavere passerà, ma non per compiacimento personale ma solo per reale condizione dei fatti e delle circostanze.
E parto dalla mia analisi profonda ed autobiografica che come diceva Baldwin “La libertà non è una cosa che si possa dare; la libertà, uno se la prende, e ciascuno è libero quanto vuole esserlo”.
lalanternadidiogene@approdonews.it