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Il Cenacolo di Leonardo da Vinci

Il Cenacolo di Leonardo da Vinci

| Il 09, Apr 2011

Quando arte e religione si incontrano. Parte dal famoso dipinto la prima parte degli studi condotti dallo studioso Guadalupo

di TERESA COSMANO

Il Cenacolo di Leonardo da Vinci

Quando arte e religione si incontrano. Parte dal famoso dipinto la prima parte degli studi condotti dallo studioso Guadalupo

 

Il Cenacolo di Leonardo è uno dei capolavori più noti e studiati al mondo. C’è anche un versante legato alle interpretazioni del “linguaggio” di Leonardo che ha attratto, da sempre, molti studiosi, tra questi il milanese Salvatore Guadalupo, il quale attraverso i suoi studi cerca di dare delle risposte riguardo la vera identità dell’uomo/donna seduto alla destra di Gesù, nonchè alla figura stessa di Cristo. Per spiegare al meglio le sue scoperte, Guadalupo parte dai versi dell’Apocalisse e del Vangelo di Matteo e Marco.

«Nel verso 19.9 dell’Apocalisse  – spiega lo studioso – si legge: “Allora l’angelo mi disse: scrivi beati gli invitati al banchetto delle nozze dell’agnello”, da ciò  possiamo comprendere che l’ultima cena in realtà era un pranzo di nozze. Quindi abbiamo un banchetto di nozze piuttosto che una cena. Bisogna ricordare che la festa degli azzimi, che precedeva la pasqua ebraica, era festeggiata con una cena al calar del sole, una sorta di ramadan attuale. Se però si osserva il dipinto, si può notare dalle finestre, che è ancora giorno».

«Avendo stabilito – continua Guadalupo – che alla destra di Gesù c’era Maria, dovremmo trovare la sposa, un tema che affronterò più avanti, in quanto mi preme ricordare per il momento il numero degli uomini presenti, ossia 10 apostoli più Gesù, quindi chi manca?». Lo studioso milanese continua la sua esposizione, facendo riferimento ai versi 20.20/24 del Vangelo di Matteo dove si legge: “Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli Giacomo, il maggiore e Giovanni discepolo, figli di Salomè e le chiese se potevano sedersi uno a destra e l’altro a sinistra del regno (…). Gli altri dieci udito questo, si sdegnarono con i due fratelli”.

«Questo versetto  – chiarisce Guadalupo – fa comprendere le contrarietà in seno al gruppo degli stessi apostoli, i quali invidiosi uno dell’altro, tentavano di entrare nelle grazie di Cristo. Nel vangelo di Marco, al verso 3.18 si legge invece “Gesù specifica che i figli di Zebedeo si chiamano Boanerghes”. A questo punto sorge spontanea una domanda: chi era Salomè, moglie di Boanerghes detto il Zebedeo? Secondo i miei studi – specifica Guadalupo – era la sorella di Gesù, quindi Giacomo il maggiore e Giovanni il discepolo erano suoi nipoti. Altra domanda: perché Giacomo fu definito il maggiore? Risposta: per distinguerlo da Giacomo il minore, fratello di Gesù». «Negli atti degli Apostoli, capitolo 1 versetto 13 pagg. 1115-1116 – continua Guadalupo – si legge: “Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C’erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo (…)”. “E con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui” si legge invece nel Vangelo di Marco al capitolo 15, versetto 40. Si legge poi: “C’erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo, il minore di Joses, e Salomè (…)”. In questo caso – spiega lo studioso – scopriamo anche il cognome di Maria, ossia Alfeo, mentre in altri casi usa Cleofa, cognome da nubile. Il perché la Bibbia cita Joses piuttosto che Gesù, lo scopriremo in seguito» assicura Guadalupo.

«Nella Bibbia, nel verso 21,9 dell’Apocalisse – continua – si legge: “Vieni ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell’agnello”; al verso 21.2: “Una sposa adorna per il suo sposo” e al verso 17.3: “La donna teneva in mano una coppa d’oro ammantata di porpora”. Nel Cenacolo di Leonardo, la donna (Maria di Magdala) corrisponde al Filippo in piedi alla sinistra di Gesù. Nella cronologia delle nascite – spiega Guadalupo – risulta che Giacomo (fratello di Gesù) nacque dopo Giacomo suo nipote e quindi Salomè fu la terza nata da Maria, facendo risultare Giacomo detto il minore, quarto figlio. Ma chi nacque prima tra i due nipoti? Il più amato di tutti era ed è sempre stato il più piccolo, per cui la Bibbia ci trasmette che fu Giovanni». Guadalupo passa quindi ad analizzare la figura di Gesù, partendo dal cognome. «Gesù dice, “Io sono l’alfa e l’omega” – spiega – quindi Io in greco Jos, sono Es e viene fuori Joses. L’alfa è la prima lettera degli alfabeti italiano, greco e arabo. La provenienza fenicia della lettera, viene letta dall’arabo “A”, per cui la pronuncia in questa lingua è Alef, mentre in fenicio la pronuncia è Alf. Quindi avremo: Alf…. E Omega, ossia O grande ossia omega, mentre la “o” piccola si delinea omicron. Pertanto Jos + es + Alf + E + O = ALFEO. Quindi Io sono Alfeo. Nel proseguo di queste rivelazioni  scopriremo la leggenda legata al fiume greco “Alfeo” e la sua amata Aretusa (quest’ultima che in greco significa arida come certi fiumi sotterranei o come le donne sterili). Per quanto concerne l’omega, nell’alfabeto greco è l’ultima lettera, così come nelle altre lingue interessate, ossia italiana, fenicia, araba e latina. Corrisponde a: Z, TAW, T, nel grafema slavo A e Z si equivalgono. Nell’associare il grafema al  codice Giuliano detto ATBASH, abbiamo una lettura diversa del grafema in merito ad A e T  che ci riporta all’alfabeto ebraico. La lettera Z nella dicitura ebraica in aramaico si pronuncia Zayin,  che significa Arma, che aggiunto a Maghedon (scritto volgarmente, in quanto si dovrebbe scrivere Meghiddo), viene fuori ARMAGHEDON ossia la fine del mondo».

Guadalupo conclude con la «traduzione del falso nome di Gesù, che in latino non si traduce in Jesùs,  ma come 4° declinazione  si traduce Iesùm. La definizione Jos-es di provenienza greca moderna è una conferma che chi volle mascherare il nome apparteneva al XIV secolo. L’unico papa che ebbe la possibilità di mettere mano alla Bibbia – sottolinea lo studioso – fu Sisto V che, nel 1589 iniziò una revisione della vulgata, la cosiddetta Editio Sixtina, difatti alla sua elezione egli disse: “Ecco adesso mi sento Cesare e dopo aver letto la Bibbia esclamo, si poteva fare di meglio”. E fu così che in soli 18 mesi, Sisto V trascrisse la Bibbia modificandone i contenuti. Si presume quindi che prima del 1589 il nome di Gesù fosse scritto in modo corretto ossia: Alfeo. Dalla sua realizzazione fino al concilio vaticano secondo, la vulgata ha rappresentato la traduzione ufficiale della Bibbia per l’intera chiesa cattolica e per il popolo, detta difatti la vulgata editio, quindi per il popolo». «A lui si opposero Galileo e gli altri illuminati  – conclude Guadalupo – ma affronteremo queste tematiche più avanti con relativi disegni ed altre prove che vede Leonardo da Vinci  coinvolto. Di certo sappiamo che il fiume Alfeo non scorre sotto il mar Ionio fino ad Ortigia, così come la leggenda ci vuol far credere».

t.cosmano@approdonews.it