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TAURIANOVA (RC), SABATO 04 MAGGIO 2024

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I 4 cavalieri dell’apocalisse del Mezzogiorno Emanuele Pecheux analizza le "stranezze" della politica nel Mezzogiorno d'Italia

I 4 cavalieri dell’apocalisse del Mezzogiorno Emanuele Pecheux analizza le "stranezze" della politica nel Mezzogiorno d'Italia
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Mentre l’opinione pubblica è distratta dal feulleiton Grexit che auspichiamo veda la fine nei prossimi giorni, nelle regioni del Mezzogiorno d’Italia, stanno succedendo cose che “noi umani”….
Andiamo per ordine:
1) Puglia. Il neo presidente Michele Emiliano, già magistrato, già sindaco di Bari ha varato nei giorni scorsi la nuova giunta regionale, non prima di avere nominato addetta stampa dell’Ente la sua compagna Elena Laterza, giornalista professionista e sua portavoce da 11 anni. Una giunta subito abortita perché il vulcanico neo Governatore non ha trovato niente di meglio da fare che nominare tre esponenti (donne) del M5S, assessori. La replica delle neo nominate è stata sferzante: “ Emiliano non è in grado di capire qual è il ruolo della maggioranza e qual è quello dell’opposizione (sic!)”. Curiosa la storia di Emiliano. Nel 2012, da sindaco di Bari ricevette in regalo un cesto di “cozze pelose” dai chiacchieratissimi (e indagati dalla locale Procura) imprenditori edili De Gennaro, i cui lavori nel capoluogo pugliese avrebbero goduto della copertura e della complicità offerta da dirigenti comunali. Apriti cielo! Sgamato e gettato, as usually, in pasto al ludibrio dell’opinione pubblica Emiliano si disse indignato e leggete in po’ cosa affermò in alcune interviste: “Se qualcuno pensa di potermi mandare a casa solo per qualche chilo di pesce e cozze pelose si sbaglia: rimarrò qui consapevole degli errori commessi ma con la determinazione che solo le persone perbene riescono a mettere insieme”. E ancora:” A me della carriera politica non me ne frega più niente. Voglio salvare il mio onore. Voglio consegnare ai miei figli un cognome pulito, come io l’ho ricevuto da mio padre. Per il resto, facevo il magistrato, faccio il politico, posso inventarmi dopo un altro mestiere”. Sapete com’ è andata a finire? Che Emiliano, non solo non si dimise, ma divenne segretario del Pd pugliese, poi alla scadenza dell’incarico di sindaco, anticipata perché aveva in animo di candidarsi a presidente della regione, siccome tiene famiglia, per evitare di rientrare nei ruoli della magistratura (e magari fare l’ingloriosa fine del collega Ingroia) si fece nominare assessore alla legalità del comune di San Severo (50.000 ab. in provincia di Foggia), carica che lasciò con un pretesto nell’approssimarsi delle elezioni regionali. In Germania, nel 2011 mica un secolo fa, il ministro della Difesa (non il presidente di un Lander, carica equipollente a quella nostrana di presidente di regione) Karl-Theodor zu Guttenberg, fu costretto a dimettersi e a lasciare l’attività politica a seguito del cosiddetto copygate. Era emerso che da ragazzo aveva copiato gran parte della sua tesi di dottorato. Poi qualcuno si stupisce che la Germania sia considerata, a torto o a ragione, la locomotiva d’Europa.
2) Sicilia. Rosario Crocetta eletto alla fine del 2012 presidente della regione è riuscito in poco meno di 2 anni e mezzo a dilapidare il credito che gli elettori siciliani gli avevano concesso. Dopo aver esordito con la nomina ad assessori di due degnissime persone ma assolutamente, per ragioni diverse, incompetenti e dunque inadeguate, Franco Battiato e Antonino Zichichi che, infatti, dopo pochi mesi hanno gettato la spugna, ha infilato una serie impressionante di clamorosi flop: abolì le province senza che vi fosse una legge attuativa (come nel resto d’Italia) che sanzionasse la loro surroga e le loro competenze in altri enti, lasciando i territori in uno stato di abbandono. Legge che, a tutt’oggi, nell’isola è di la da venire. Marcia indietro sulla questione MUOS: prima no, poi si, poi non si è capito bene quale fosse la sua idea e ancora: rimpasti e rimpastini di giunta, senza che vi fosse (vi sia) un minimo di logica. Si poterebbe proseguire ma è palese ed è clamorosa la sua incapacità a governare le drammatiche emergenze che assillano la Sicilia, al punto che Lucia Borsellino, assessore regionale alla sanità, pochi giorni fa ha rassegnato le dimissioni, corredandole con un’intervista al vetriolo rilasciata ad un quotidiano dell’isola. Crocetta non se ne è dato per inteso e prosegue imperterrito nella sua devastante opera di discredito del ruolo che ricopre e delle istituzioni, rispondendo a chi gli chiede di andarsene con l’intonazione della solita litania: “chi è contro di me è amico dei mafiosi” (sic). In questo quadro desolante il Pd regionale è incapace, al di la di uno sterile flibustering parlamentare e mediatico, di assumere un’iniziativa politica che ponga fine alla tragicommedia siciliana.
3) Campania. La vicenda è tanto recente quanto nota: Vincenzo De Luca, immarcescibile (e amato) sindaco di Salerno, vuole a tutti i costi la rivincita su Stefano Caldoro del cdx che lo sconfisse 5 anni fa. ‘O sindaco affila le armi e noncurante delle grane giudiziarie che lo riguardano si candida alle primarie del PD (vabbé primarie, lasciamo perdere, è meglio), le vince e dunque si candida, legittimamente, a presidente della regione e, neanche a dirlo si prende la sua bella rivincita su Caldoro. Se non che, per dirla con Manzoni, c’è un impedimento. La legge Severino che prevede la sospensione dall’incarico, a causa dei carichi penali pendenti, di chi occupi incarichi pubblici. Una legge orripilante non fosse altro perché in palese contraddizione con la Carta Costituzionale che sancisce la presunzione d’innocenza per gli imputati fino a sentenza contraria passata in giudicato. Ma tant’è: De Luca, prima sospeso, ricorre al Tar che decreta “la sospensiva della sospensione” può entrare in carica (fino alla prossima sospensione), ca va sans dir, e forma una giunta composta da esponenti della “società civile” (mah!), “esperti” e docenti universitari, fatta eccezione per il suo vice (c’erano dubbi?) , il deputato Pd (dunque incompatibile), suo fedelissimo. Per non sbagliarsi tuttavia ‘o presidente ha tenuto per sé le deleghe “pesanti”: sanità, agricoltura e trasporti. Presentando la Giunta De Duca ha commentato: “ Ho scelto in autonomia e senza fare il mercato della politica”. Un deja vu: ucci, ucci, sento odor di crocettucci.
4) Calabria. The last but not the least. Gerardo Mario Oliverio eletto governatore alla fine del 2014, dopo una lunga gestazione nomina a fine gennaio 2015 una Giunta regionale la cui composizione suscita non poche perplessità soprattutto per il caso Lanzetta-De Gaetano. La nomina di quest’ultimo ad assessore alle Infrastrutture e il rifiuto della Lanzetta di entrare in Giunta proprio per la sua presenza scatenano non poche polemiche e persino la censura del governo nazionale.
Oliverio, fa la parte di quello che cade dal pero e non se ne dà per inteso. A fine giugno, però pochi mesi dopo l’ insediamento scoppia il caso “rimborso poli”. Nell’inchiesta della magistratura reggina sono indagati i componenti di tutta la giunta regionale, salvo Oliverio, e il chiacchieratissimo Antonino De Gaetano finisce addirittura ai domiciliari. Fine della giostra e Oliverio, che aveva distribuito gli incarichi utilizzando il manuale Cencelli, come al gioco dell’oca, deve ripartire dal via. Non proprio un bell’esordio. Il poveretto si arrampica sugli specchi ma è del tutto evidente che è ormai un’anatra zoppa e la nuova giunta che in fretta e furia mette insieme ne è la dimostrazione. Oliverio, verosimilmente etero diretto, ha utilizzato i medesimi criteri del collega della Campania ricorrendo (parrebbe, dopo avere incassato qualche rifiuto) alla mai tanto celebrata “società civile”, virando, suo malgrado, di 360° rispetto alle sue costumanze di politico a tutto tondo e rilasciando una dichiarazione che, al minimo, non può che lasciare interdetti: “ si tratta di una autonoma scelta politica di cui mi assumo la piena responsabilità..” . Excusatio non petita…
Poche considerazioni finali per “noi umani”: a parte lo stravagante neogovernatore della Puglia che nascendo magistrato (come peraltro il suo collega sindaco di Napoli De Magistris, altra bella personcina), ritiene di appartenere ad un esclusivo club che gli permette di fare ciò che gli pare fottendosene di politica, democrazia e istituzioni, ciò che colpisce nelle vicende narrate è che gli altri 3 governatori siano uniti da un denominatore comune, non solo generazionale: tutti sono nati e cresciuti politicamente nel Pci. Tutti e 3 con modalità simili praticano le prassi che sono state loro inculcate da quel partito: la doppiezza, l’ipocrisia, l’uso della propaganda in luogo della verità, la assenza di cultura di governo, il moralismo (che, comunque, vale solo per gli altri), l’incapacità di pensare alla politica in modo diverso da come è stata loro insegnata. Vale per tutti il caso Calabria: Oliverio in pochi mesi è riuscito a sostenere pubblicamente due tesi antitetiche. Certo, la classe politica calabrese, tutta o quasi, è gravemente responsabile del degrado che da anni la regione vive. Ma una domanda al postcomunista Oliverio andrebbe pure posta: è davvero sicuro, presidente che nella sinistra riformista calabrese non vi fossero figure degne di ricoprire i ruoli che lei ha affidato a dei “carneadi” della politica? E’ lecito pensare il contrario e le scelte compiute che parlano di commissariamento della politica affidato ad un politico calabrese che è sulla breccia da oltre 30 anni, fanno supporre che il rimedio proposto sia peggiore del male. Nel frattempo sarebbe utile che il Pd di Calabria, Sicilia, Puglia e Campania si dessero una regolata.
Perché stanno sprofondando nel ridicolo.
Emanuele Pecheux